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Arriva a Senigallia il libro “Il rivoluzionario” di Marco Severini

Presentazione giovedì 5 dicembre da Iobook

Il rivoluzionario di Marco Severini

Viene presentato giovedì pomeriggio 5 dicembre, alle ore 18.30, presso la Libreria Iobook (via Cavour, 32), il nuovo libro del prof. Marco Severini (Università di Macerata) “Il rivoluzionario. Vita di Sante Barbaresi” (1797 edizioni, 2024).

Il libro indaga e ricostruisce un tempo molto lontano: quello in cui non tutti gli italiani (e nessuna italiana) aveva il diritto di voto e in cui la politica, dopo essere stata nel primo cinquantennio postunitario un affare per pochi, stava interessando sempre maggiori fasce della popolazione; le istituzioni nazionali erano instabili e chi governava aveva una considerazione non sempre oculata degli interessi della popolazione. Eppure in quel tempo opaco, corrispondente al primo dopoguerra del Novecento, la classe dirigente liberale presentò la migliore squadra possibile, risolse alcune questioni causate dalla Grande guerra ma si trovò a registrare, con le elezioni politiche del 1919, l’affermazione in Parlamento di due forze politiche popolari, sostenute da milioni di voti e da migliaia di iscritti, i socialisti (primo partito) e i cattolici del nuovo Ppi guidato da don Luigi Sturzo. All’alba del 1921, in seguito alla scissione registrata al XVII congresso del Psi di Livorno (15-21 gennaio), si formò il Partito comunista d’Italia (Pcd’I) e migliaia di italiani e italiane, guardando agli esiti della rivoluzione bolscevica, cominciarono a pensare che la soluzione della crisi in cui si dibatteva il Paese potesse essere rappresentata da una rivoluzione.

Questo frangente costituì l’apice della carriera politica di Sante Barbaresi (nato a Monteporzio, nel 1887), un vivace avvocato e pubblicista che, assumendo la principale carica politica all’interno del nuovo partito nel Pesarese e nella stessa regione adriatica, credette nella possibilità di una “soluzione alla russa” – come allora si diceva – cioè di uno sbocco rivoluzionario.

Ma per fare una rivoluzione servivano elementi allora inesistenti, a partire da una classe operaia radicata su tutto il territorio nazionale. Così gli eventi, come noto, presero una piega completamente differente e anziché di una rivoluzione gli italiani divennero pavidi spettatori – con l’eccezione di coloro che optarono per l’esilio e la lotta clandestina – di un autentico processo di “derivoluzionalizzazione”, con i grandi gruppi industriali, i proprietari terrieri e i poteri statali che fiancheggiarono l’ascesa e la stabilizzazione di un regime violento, liberticida, autoritario e totalitario. Un regime che viene rievocato in una serie di libri che continuano ad uscire – tra i quasi 300 che vedono quotidianamente la luce – ad opera di autori che, pur non essendo storici, presentano forzatamente una realtà romanzata e deformata, diversa da quella accaduta.

Un libraio ha detto di recente, in relazione a una di queste pubblicazioni che parla del dittatore nato a Predappio: “Però leggilo, è scritto molto bene”. Non ci interessa: preferiamo la storia fatta dai professionisti, dagli storici che sanno scrivere molto meglio – mettiamo finalmente da parte questo vieto luogo comune! – dei colleghi francesi, tedeschi e anglosassoni e presentano un libro solo dopo che le loro ricerche, improntate al rigore e ai principi metodologici del “mestiere di storico”, siano concluse e non già per seguire mode e tendenze o aggiudicarsi qualche premio altisonante o sbrindellato.

Presenta e modera Mabel Morri, Vice presidente ANPI-Senigallia, che dialoga con l’autore.

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