Con la fotografa Lina Pallotta a Senigallia si è parlato di “(IN)VISIBILE”
Concluso il sesto ciclo dei "venerdì della" cura del collettivo Parliamone dell'associazione otto maggio
Si è concluso il 18 ottobre 2024 il ciclo dei venerdì della cura IDENT_KI? con la serata dal titolo (IN)VISIBILE, promosso dal collettivo Parliamone, presso il Club Nautico di Senigallia.
L’incontro conversazione con Lina Pallotta e Cristina Panicali è stato una somma di emozioni, impegno politico, concetti, parole, immagini e tecnicità in un fluire di empatia, accoglienza e disponibilità a raccontare e a raccontarsi.
Cristina Panicali ha sollecitato la fotografa Lina Pallotta con osservazioni e domande di rilevante intensità concettuale ed emotiva favorendo una conversazione fluida e ricca di contenuti. Sullo sfondo scorrevano le fotografie di Lina Pallotta e le parole rafforzavano il senso e il significato delle immagini favorendo una esplicitazione emozionante. Le persone presenti, avvolte in questa atmosfera un po’ magica e sospesa, hanno mostrato interesse e partecipazione.
I contenuti emersi hanno sottolineato l’inscindibile rapporto tra il contenuto ed il contenitore “ribaltando”, come dice Lina Pallotta, il modo di costruire le immagini della fotografia tradizionale. In questa ottica di ricerca ha impostato tutto il suo lavoro, il suo posizionarsi nel tentativo di superare stereotipie ed ovvietà. Ci ha parlato di vicinanza e di emozione, di rispetto delle persone e dei luoghi fotografati, “di andare a cercare qualcosa che dia spessore alle persone, che recuperi la loro dignità e bellezza”.
Il linguaggio fotografico condiziona il nostro modo di pensare, la nostra visione del mondo e merita pertanto una attenzione e un impegno particolare. L’affettività e la vicinanza permettono di cogliere l’autenticità e la spontaneità mentre il linguaggio fotografico tradizionale è freddo e piatto. “Il mio scatto è una risposta a quello che sento”, è preceduto e seguito da tanto pensare. Solo l’immediatezza permette di raggiungere e cogliere quei “momenti interstiziali che danno senso e valore all’immagine”, spesso legati alla quotidianità.
La sua scelta di fotografare la marginalità nasce dall’impegno politico di tutta una vita, dal sentirsi marginale e fallita lei stessa sul versante politico ma anche dalla convinzione “che la marginalità non è una parola negativa, bensì definisce uno spazio più vicino ai confini, un luogo in cui aprire, allargare, lottare e fare resistenza”. Il margine non è solo un confine ma è anche una apertura verso il mondo. In relazione alla identità ha sostenuto che questo concetto ha un valore riduttivo rispetto al tutto perché il soggetto è una complessità, una molteplicità non definibile.
Infine, si è soffermata sulla necessità di insegnare anche a bambinǝ e adolescenti, nelle scuole, il linguaggio fotografico per capire e coglierne i significati. Questo consente di lavorare sulla consapevolezza per la decostruzione delle manipolazioni, per altro così pervasive e occulte, in questa società inflazionata di immagini e accecata dalla mania di fotografare.
La serata si è conclusa con un momento di convivialità, come è solito al nostro modo di pensare e vivere le relazioni, dove le nostre ospiti hanno continuato con generosità e simpatia un confronto e uno scambio ricco e produttivo.
da Collettivo Parliamone
associazione otto maggio
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