Un fotografo di 16 anni: Félix Thiollier a La Bastie d’Urfé
Ce ne parla Serge Plantureux di Atelier 41 a Senigallia
A sedici anni non siamo seri, Un bel giorno, lontano da birre e limonate, ci avventuriamo per sentieri spinosi e stradine di biancospino, le rovine profumano di mistero e il tempo è sereno, il cuore si scatena in una fuga alla Crusoe…
Per due secoli, le rovine più pittoresche della vecchia Europa hanno ispirato gli artisti.
Dai disegni di Victor Hugo e le descrizioni di Théophile Gautier ai cartoni animati di Miyazaki, le rovine di castelli dimenticati o addormentati hanno acceso l’immaginazione delle nuove generazioni.
La Bâtie d’Urfé – almeno come il castello appariva agli adolescenti negli anni Cinquanta del XIX secolo – è un notevole esempio di rovina misteriosa e romantica, con le sue statue, le vetrate, i colonnati e le decorazioni inspiegabili.
Tre secoli prima, intorno al 1550, sulle orme di famosi condottieri rinascimentali, Claude d’Urfé, di ritorno dalle campagne d’Italia, concepì un meraviglioso ardimento architettonico italiano nel cuore del Massiccio Centrale.
Non ci resta che lasciarci guidare dagli occhi di un adolescente del 1858, per cercare di esplorare le sontuose rovine della Bâtie d’Urfé.
Il castello della Bâtie d’Urfé fu salvato dalla distruzione grazie alla pubblicazione della monografia del 1886. Fu poi acquistato dalla società storica locale Diana nel 1909 e classificato come Monument Historique il 25 ottobre 1912, seguito da un lungo restauro negli anni Venti. In ogni fase del processo di restauro, architetti e curiosi hanno portato avanti l’intensa ricerca iconografica iniziata da Félix Thiollier.
Tutte queste ricerche, condotte nell’arco di 150 anni, portano sempre allo stesso risultato. Il primo a fotografare la Bastie fu il giovane Félix nel 1858, che riprodusse le sue foto 28 anni dopo nel libro “Le Château de la Bastie d’Urfé et ses seigneurs” del conte Georges Richard de Soultrait.
Le stampe all’albumina non sono firmate. Sono montate su vecchi bristol che non sono né firmati né timbrati. Allora perché attribuirle a un sedicenne, a Félix Thiollier?
Vale la pena di notare che le fotoincisioni del libro presentano una notevole somiglianza con le stampe all’albumina qui trattate: lo stesso punto di vista, la stessa inquadratura – lo stesso occhio, come si diceva nel XX secolo.
Certamente! – Ma allora perché non c’è una sola fotografia sia in questo gruppo che nel libro? Possiamo dedurre da ciò che un altro fotografo lo ha accompagnato? – O addirittura uno che, all’insaputa sua e di tutti gli storici, è tornato qualche giorno dopo a scattare le stesse foto?
Un vecchio proprietario di queste fotografie aveva registrato una vecchia indicazione che forse poteva far luce sull’argomento: “Marville”.
Tuttavia, l’aspetto generale, le dimensioni, il montaggio e il colore di queste stampe non hanno assolutamente nulla a che fare con il lavoro noto e studiato di Charles Marville.
D’altra parte, ci sono diversi riferimenti a una relazione tra il giovane Amateur Forézien e il grande maestro parigino. Se il giovane fotografo offrì le sue stampe a Marville, è possibile che queste non fossero disponibili per lui quando pubblicò le proprie opere.
Non resta che citare il nome di Nicéphore Niépce, perché la Bastie d’Urfé avrebbe potuto benissimo comparire accanto a “Vista dalla finestra a Le Gras” come una delle prime fotografie della storia.
Il 18 marzo 1839, Isidore Niépce e sua moglie si erano trasferiti a Parigi, al numero 7 di rue Sainte-Hyacinthe-Saint-Honoré, per seguire gli affari con Daguerre e firmare il contratto con il governo.
Octave Puy de la Batie, un aristocratico di provincia, ci ha lasciato nel suo diario alcuni curiosi indizi sul loro soggiorno. Nella primavera del 1839, con il cuore pieno di timore, Octave aveva appena venduto la sua tenuta avita, la Bastie d’Urfé. Da allora aveva una sola ossessione: acquistare una di quelle macchine fotografiche di cui parlava tutta la stampa per poter scattare una foto perfetta del suo amato castello. Ma gli eventi politici ostacolarono la sua impresa e Daguerre non si fece trovare. Così, sabato 15 giugno, Octave andò a trovare i Niépce e tornò quasi ogni giorno fino alla partenza da Parigi. Anche Isidore Niépce era molto impegnato, non con la nuova invenzione, ma con la sua ritrovata passione per lo spiritismo.
Da devoto discepolo delle sedute spiritiche del famoso Du Potet, il guru più efficace dell’epoca, Isidore diede all’inconsolabile Octave, invece di una macchina fotografica, l’indirizzo di una bella sonnambula.
da Serge Plantureux
Atelier 41
Via Fratelli Bandiera 41 – Senigallia
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