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L’Associazione di Storia Contemporanea difende l’originalità e il diritto di autore

"In scena uno spettacolo dedicato a dieci maestre che ottennero diritto di voto, senza citare chi ricostruì la vicenda storica"

Macchine da giardino Mancinelli - Senigallia
Dieci donne - Copertina

Dieci anni fa usciva presso liberilibri “Dieci donne. Storia delle prime elettrici italiane” (2012, tre edizioni e ristampe fino al 2013), il libro di Marco Severini che ha ricostruito la vicenda delle prime elettrici italiane ed europee: le dieci maestre di Senigallia e Montemarciano che nel 1906 ottennero il diritto di voto politico.

Lo stesso autore, contemporaneista dell’Università di Macerata, aveva già pubblicato sul tema nel volume “Donne e diritti”, uscito nel 2004 da il Mulino, tornando ad approfondire la vicenda con quattro saggi in riviste scientifiche e con la monografia dedicata a una delle maestre, Giulia Berna, volume intitolato “Giulia, la prima donna”, uscito nel 2017 da Marsilio.

“Dieci donne” è stato presentato un centinaio di volte tra Italia (da Milano a Lampedusa), Francia, Portogallo, Stati Uniti (più volte) e Germania, nonché recensito dalla critica storica e dai principali quotidiani nazionali. Ora, leggere che l’autrice di uno spettacolo teatrale si sarebbe basata, a quanto riportato dai media (in particolare, dall’articolo comparso il 16 novembre scorso sul “Corriere Adriatico”), sui giornali dell’epoca e sugli scritti di Montessori, ossatura, insieme alla ricerca d’archivio, di “Dieci donne”, senza citare affatto il testo che per primo ha ricostruito la vicenda in maniera compiuta, ci sembra cosa ingenerosa.

La creatività artistica e la ricerca storica, diverse fra loro ma ugualmente libere, non vengono sminuite da una semplice citazione. C’è da dire che ai nostri giorni l’assenza di citazioni è divenuta, purtroppo, cosa sempre più diffusa, anche per le conseguenze della seconda rivoluzione digitale. Avevamo segnalato, qualche anno fa, un quotidiano che utilizzava i profili del nostro “Dizionario biografico delle donne marchigiane” (cinque edizioni tra 2018 e 2022) senza citarli, ottenendo che i successivi articoli riportassero la fonte; così come, nel dicembre 2016, i vertici associativi avevano partecipato a un incontro ad Ascoli Piceno, promosso da quell’Istituto di Storia, con una giornalista che aveva ricavato un romanzo: in quella circostanza avevamo confermato che lo storico solitamente riesce a ricostruire il passato per primo, perché utilizza fonti primarie (cioè coeve al periodo o ai personaggi storici in questione), mentre i giornalisti (e altri) fanno tendenzialmente ricorso a fonti secondarie, utilizzandole in maniera differente.

Allo stesso modo, il nostro Ufficio stampa aveva fermamente ribattuto a “La ventisettesima ora”, blog femminile del “Corriere della Sera”, quando aveva diffuso la notizia di un libriccino sulle proto-elettrici, uscito dopo il 2012, che nella scarna bibliografia non citava affatto “Dieci donne”.

Nell’ultimo incontro pubblico dedicato a questo libro, svoltosi a Camerino nel 2019, una magistrata romana aveva detto che “Dieci donne” compariva e spariva in continuazione dal suo Ufficio, perché qualcuno se ne impossessava e altri lo ricompravano.

Dieci donne - Copertina interaPure nel caso dello spettacolo teatrale, sarebbe bastata una semplice citazione, anche perché fare ricerche tra i polverosi fondi archivistici, contestualizzarne gli esiti e scriverci sopra appartiene al faticoso mestiere dello storico. Citare chi prima di altri ha avuto il merito di far riaffiorare dal passato una vicenda importante come quella delle proto-elettrici è un atto dovuto.

E non solo per il diritto d’autore tutelato dalle leggi italiane, ma perché nel mondo sconfinato delle arti si è sempre fatto così. Ad esempio, quando un volto famoso del grande e del piccolo schermo come Terence Hill interpretò nel 1973 la pellicola diretta da Tonino Valerii “Il mio nome è nessuno”, nei titoli di testa apparve subito la scritta “da un’idea di Sergio Leone”, perché era stato il grande cineasta ad aver avuto appunto l’idea. Si potrebbe continuare citando il primo episodio di “Amici Miei”, come molti altri film e opere (in cui compare, solitamente la dizione “tratto liberamente da…” o simili).

Allo spettacolo auguriamo il miglior riscontro, ma sottolineiamo che fino ad oggi sono stati gli storici dell’Associazione a portare questa bella vicenda, inopinatamente e troppo a lungo dimenticata, non solo sui testi di storia, ma in giro per il mondo.

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