Le piazze del 25 Aprile di Senigallia: quella istituzionale e quella delle associazioni
FOTO e VIDEO pubblicate sui social dal Comune in piazza Roma, da Arvultùra e Scuola di Pace al Foro Annonario
E’ stata una Festa della Liberazione “a due piazze”, quella del 25 aprile 2022 a Senigallia. Piazza Roma e il Foro Annonario: due ambienti e due atmosfere di diverso tenore e con diversi protagonisti. Sulle quali, però, non poteva che aleggiare il tema dell’attualità più stringente: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
In piazza Roma, e nei luoghi della città in cui sono state deposte le corone di alloro, si è tenuta di mattina la cerimonia istituzionale del Comune di Senigallia, con il sindaco Massimo Olivetti che ha pronunciato il suo discorso, pubblicato sulla sua pagina Facebook, che qui riproponiamo, insieme a Giunta, alcuni Consiglieri di maggioranza, Banda della Città di Senigallia, vertici locali delle Forze dell’Ordine, associazioni e cittadini.
Il pomeriggio è stata la volta del Foro Annonario, in cui la cerimonia è diventata occasione di interventi, riflessioni, ma anche arte, musica, convivialità: qui i protagonisti sono stati l’Anpi, la rete Senigallia Antifascista, la Scuola di Pace e di tante realtà (e molte persone) che si sono date appuntamento per una festa di piazza.
Anche di questa celebrazione vi proponiamo, accanto ai testi pubblicati su vari canali social, anche le fotografie diffuse da Scuola di Pace (quella in apertura) e Arvultùra (qui di seguto).
Da Spazio Autogestito Arvultùra
Il fiore del partigiano
Una piazza gremita quella di oggi, 25 aprile, a Senigallia per celebrare la liberazione dal nazifascismo. Una piazza autonoma e indipendente da quella lugubre, ipocrita e per niente partecipata che ha messo in campo la Maggioranza Olivetti dopo la figuraccia dello scorso anno.
Una piazza che ha parlato di pace e disarmo, mettendo al centro l’articolo 11 della Costituzione italiana e le profetiche parole del partigiano socialista Pertini: “Svuotare gli arsenali, riempire i granai”. Un urlo di grande attualità contro il Governo Draghi che toglie soldi pubblici alla scuola, alla sanità e ai servizi per riversarli in una nuova folle e criminale corsa al riarmo. L’imperialismo putiniano non è che l’altra faccia dell’imperialismo atlantico. Noi ci opponiamo ad entrambi.
W la Resistenza!
W l’antifascismo!
Da Scuola di Pace V. Buccelletti
Il nostro intervento di ieri in occasione del 25 Aprile:
“Il 10 giugno di 82 anni fa, l’Italia fascista entrò in guerra al fianco della Germania. La seconda guerra mondiale si può considerare il capitolo finale di oltre un secolo di conflitti armati generati dall’affermarsi dei nazionalismi. L’esasperazione dei concetti di Patria, di eroismo, della bella morte, hanno fatto crescere una cultura bellicista che è poi sfociata nelle due guerre mondiali. Le stime parlano di un numero di vittime compreso tra i 70 e i 90 milioni. L’Italia, dopo essersi resa corresponsabile di tale orrore, ha scritto nella propria Costituzione di ripudiare la guerra. Un verbo che indica non solo un rifiuto, ma anche una volontà di cancellarne le tracce passate, un disconoscimento totale. Oggi vorremmo celebrare la festa della liberazione, non solo dal fascismo, ma dalla guerra e dalla violenza. Ma i principi e le aspirazioni che si mettono per iscritto non sono immediatamente raggiungibili e occorre che quella consapevolezza fermenti prima di dare frutti.
Oggi, di fronte ad una recrudescenza militarista, possiamo dire, senza timore di smentita, che prima della Patria, anzi a precindere da essa, vengono la vita, la libertà e la dignità degli esseri umani, di tutti gli esseri umani. Oggi possiamo gridare tutto il nostro disgusto per la guerra, perché la guerra è Bucha, non è un’altra roba, è inutile che cerchino di convincerci che è solo frutto della crudeltà russa; che esistano guerre giuste, cavalleresche. La guerra è Bucha; la guerra è quella roba lì. Ovunque estende i suoi tentacoli porta i medesimi frutti abberranti. Abbiamo dimenticato Srebrenica? Abbiamo dimenticato il Rwanda? E la Siria? E l’Afghanistan? E l’Iraq? E lo Yemen? Le scene sono sempre le stesse e mostrano, spudorate, lo scempio della vita umana.
Le guerre non scoppiano, come un fenomeno naturale, come fossero dei temporali o dei terremoti. Le guerre si scelgono, si preparano, si finanziano. E mentre oggi si fanno stragi di umanità e verità, e l’odio si radica nella vita straziata e infuriata degli uomini e delle donne coinvolti (ultimi di una lunga lista gli ucraini sotto attacco e i russi inviati al fronte), cosa facciamo? Invece di svuotare gli arsenali, come in preda una rimozione della memoria collettiva, pensiamo di aumentare le già scandalose spese per gli armamenti. Una follia totale.
Possiamo affermare oggi che l’articolo 11 della Costituzione può trovare applicazione solo se per la soluzione ai conflitti ci si affiderà al metodo di lotta nonviolento. È necessario uscire dall’implicito culturale della violenza, che ha militarizzato le nostre menti, il quale non prevede altro che il paradigma armato di gestione dei conflitti. La violenza non deve più essere data per scontata.
Due dei capisaldi della lotta noviolenta sono: attenersi in ogni fase del conflitto alla verità e la disponibilità ai massimi sacrifici per la realizzazione degli obiettivi che si ritiengono essenziali. E allora ai fautori della pace armata, per amore di verittà diciamo che il sangue risparmiato è più prezioso del sangue versato; e che per risparmiare vite umane si deve tutti essere disposti a compiere sacrifici.
La Pace può essere solo frutto di una conversione nonviolenta. E mentre le diplomazie, gli eserciti, gli strateghi, i decisori politici non sanno farlo, dinanzi al mondo, in una via crucis mai così realistica, due donne, Irina e Albina, due infermiere che ogni giorno condividono i gesti della cura per la sofferenza umana, ci hanno mostrato la strada. Si, si può disobbedire alla dittatura della violenza, l’odio non è l’unica via.
Ecco allora che dobbiamo sottoscrivere una grande obiezione di coscienza alla guerra. Rifuggiamo l’idolatria del patriottismo e del nazionalismo, a favore di un pianeta terra sconfinato che sia casa comune di tutti. Rifiutiamo la retorica esaltazione dell’eroismo armato, ed esaltiamo coloro che rifiutano le armi e la divisa.
Per fermare la guerra, tutte le altre, deve crescere un grande movimento di cittadini per la nonviolenza. Deve crescere dal basso in ogni quartiere, in ogni città, in ogni scuola, in ogni luogo di lavoro. Ma deve darsi anche risorse e strumenti. Per questo non ci stanchiamo di chiedere con forza che sia istituito presso il ministero della difesa il Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta, per il quale migliaia di cittadini hanno firmato una petizione; e chiediamo che l’Italia, in coerenza con l’articolo 11 della Costituzione, firmi il Trattato ONU per la messa al bando delle armi nucleari.
Evviva la pace,
Evviva la nonviolenza,
Evviva la libertà.”
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