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L’Avv. Sardella: “Criticità e modifiche di dubbia legittimità sul nuovo regolamento consiliare”

"Tende a "delimitare" alcune prerogative dei consiglieri e ad esaltare ruolo e poteri del Presidente"

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Simone Sardella

A seguito del dibattito che coinvolge le forze politiche in merito alla proposta di modifica del regolamento di funzionamento del Consiglio Comunale ho approfondito la corposa proposta, rilevando molteplici criticità e modifiche dalla dubbia legittimità.

Il nuovo regolamento, così come proposto, appare affastellato, mal formulato e articolato (vi sono salti nella numerazione progressiva degli articoli), ridondante, complesso e burocratico, con ripetuti quanto erronei riferimenti ad un generico sovraordinato “ordinamento” (quale? Forse ci si riferisce al testo unico sull’ordinamento degli enti locali ?), in sostituzione dei più corretti rinvii a legge e statuto dell’attuale regolamento, quasi come se l’astratto, e non meglio individuato, “ordinamento” fosse fonte sovraordinata del diritto.

Nel complesso la proposta tende a “delimitare” alcune prerogative dei consiglieri e ad esaltare ruolo, prestigio, competenze e poteri del Presidente del Consiglio Comunale, ben oltre quella figura istituzionale con poteri direttivi, di iniziativa ed impulso necessari al funzionamento degli organi collegiali, posta dall’ordinamento degli enti locali a garanzia del corretto funzionamento del Consiglio Comunale e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza (Cfr Cons. Stato Sez. V, 26/11/2013, n. 5605).

Con la proposta, solo per citare alcuni aspetti di criticità, vengono eliminate le interpellanze orali, sostituite di fatto da un “question time” che “scimmiotta” il Parlamento (in alcuni regolamenti comunali sono stati istituiti i “question time”, ma come strumenti di partecipazione diretta a favore della cittadinanza).

Viene predeterminato e delimitato in maniera oltremodo puntuale, rispetto all’attuale regolamento, il contenuto di interrogazioni e interpellanze, che costituiscono, assieme al potere di accesso agli atti, il principale strumento di controllo e ispettivo di cui dispongono i consiglieri, con compromissione pertanto nel consigliere della libera determinazione del contenuto dell’atto ispettivo. Tanto in possibile contrasto con l’art. 43 comma 3 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) che consente a statuto e regolamento di disciplinare “le modalità di presentazione” degli atti ispettivi, e non già in maniera puntuale il contenuto.

La proposta limita i tempi a disposizione dei consiglieri per gli interventi, anticipa la presentazione di emendamenti, riduce il numero delle commissioni (e quindi la possibilità di approfondimento delle varie questioni amministrative), che vengono dichiarate immediatamente decadute (e non dalla consiliatura successiva all’approvazione del regolamento, sic!), assegna al presidente del consiglio un generico (ma efficace) potere di dichiarare inammissibili atti ed emendamenti dei consiglieri, senza motivazione e senza neppure un preventivo parere del segretario comunale.

Vengono attribuite al consiglio, e al suo presidente, competenze ulteriori rispetto a quelle delimitate dalla legge (art. 42 D.Lgs. 267/2000 che espressamente “limita” le competenze del Consiglio agli atti fondamentali ivi specificatamente elencati), viene esaltata la figura di rappresentanza esterna del presidente, che diventa una sorta di “prosindaco”, ben oltre il ruolo di rappresentante del consiglio e garante delle prerogative dei consiglieri che la legge gli assegna.

Ed ancora viene introdotto lo “stemma” del consiglio comunale, quale fosse un’entità a parte con potere legislativo rispetto all’amministrazione comunale, mentre il consiglio comunale è organo insieme deliberativo ed esecutivo (il sindaco è anche componente del consiglio); il consiglio comunale è amministrazione comunale e non può che essere identificato dallo “stemma” di quest’ultima.

Gli ordini del giorno vengono sostituiti da risoluzioni, anche in tal caso con una maggiore specificazione / delimitazione del contenuto.

Viene eliminata la pubblicazione alla cittadinanza della convocazione del consiglio con l’ordine del giorno, strumento di trasparenza ed informativo, degradato a mera scelta discrezionale del presidente.

Infine, ma non ultimo, viene introdotto in capo al presidente del consiglio il potere di allontanare, senza motivazione, un consigliere dall’aula.

Un “presidente sceriffo” dell’aula consiliare, che potrà disporre una misura coercitiva, non prevista dalla legge, come l’allontanamento fisico del consigliere dall’aula.

Ci sarà da capire come tale misura coercitiva verrà attuata senza incorrere in atti arbitrari in danno del consigliere allontanato, anche dalla possibile rilevanza penale (cfr., fra le tante, Cass. Pen., Sez. VI, 19 dicembre 1990, n. 16669, nonché Cass. Pen., Sez. VI, 12 dicembre 1996, n. 10696).

Da Simeone Sardella
Avvocato
Patrocinante in Cassazione

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