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Striscione Foibe. Cremonini: “Voglio credere che Senigallia si senta solidale con le vittime”

"Se siamo tutti contrari a politiche fasciste in Istria e Dalmazia, dobbiamo anche essere contrari a politiche comuniste titine"

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Striscione Le foibe sono piene di bugie fasciste

Apprendo con profondo rammarico dello striscione apparso presso il Palazzo del Comune sul quale si legge la frase “Le Foibe sono piene di BUGIE FASCISTE” e sento il dovere – sperando di poter essere utile, – di svolgere una riflessione in merito.

Il fatto che circa l’evenemenzialità del massacro della comunità italiana in Istria e Dalmazia gli storici stiano ancora – giustamente, – discutendo, non dovrebbe fornire a nessuno la sensazione di essere giustificato ad insultare la memoria di chi in quel genocidio perse i suoi averi o, addirittura, la sua vita ed i suoi affetti.

Provenendo il mio nonno materno da un’antica famiglia che si era stabilita nel Quarnaro ai tempi della Repubblica di Venezia, il tema della convivenza di confine tra etnie diverse, in un’area complicata come quella di Istria e Dalmazia, ha sempre catturato la mia curiosità e credo valga la pena di riflettere brevemente sulla questione per dar modo a coloro che hanno scritto ed appeso quello striscione di ricredersi, invitandoli ad approfondire e a studiare, a sapere e a capire di più.

Istria e Dalmazia hanno conosciuto sin dal Medioevo una forte presenza italiana – con italiano intendendo le genti neolatine, giacché in quell’epoca più che di gruppo nazionale si può parlare di gruppo linguistico, – la quale ha per secoli convissuto, talvolta pacificamente e talaltra bellicosamente, con le componenti slave, albanesi, Turche, Magiare ecc.

Come è ben noto, con il crollo dell’Impero Austro-Ungarico a seguito della Prima Guerra Mondiale la situazione di precaria stabilità che la monarchia asburgica aveva garantito per due secoli andò velocemente incrinandosi: il Regno d’Italia avanzò pretese spesso eccessive su territori che italiani lo erano solo in parte e così fece il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni che ritenne slavo anche ciò che per secoli era stato italiano.

Il Fascismo esacerbò la situazione, da un lato giovandosi dell’impresa dannunziana di Fiume – la quale però non era intesa primariamente ad avere alcuna connotazione di partito, – dichiarandosene erede morale e dall’altro procedendo ad una italianizzazione forzata delle componenti slave che non era mai stata tra le politiche dei precedenti reggitori di quelle terre, fossero gli Asburgo d’Austria o ancor prima la Serenissima Repubblica di Venezia.

A questa situazione s’aggiunsero le violenze degli Ustascia e l’occupazione italiana e tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, eventi che provarono non poco le comunità slave.

Qui però dobbiamo tirare una linea, fermarci ed operare da storici, astenendoci dall’applicare alla popolazione civile italiana una prospettiva del “chi la fa l’aspetti” che invece è sempre stata purtroppo la visione del Partito Comunista Italiano e degli intellettuali che vi gravitarono attorno.

Nulla di quanto accaduto agli Slavi per mano delle SS o degli Ustascia o finanche del Regio Esercito Italiano può giustificare il genocidio di massa cui si abbandonarono le “truppe” titine durante e soprattutto alla fine della guerra: il rapimento, lo stupro, la tortura, l’infoibamento, l’assassinio di civili innocenti – che anzi spesso avevano dato aiuto agli Slavi in difficoltà durante la guerra, – non può e non deve mai essere giustificato.

Se, come penso, siamo tutti contrari alle politiche fasciste portate avanti in Istria e Dalmazia, allora dobbiamo anche essere contrari alle politiche comuniste titine e non per un malinteso senso di par condicio ma perché se analizzate, tali politiche titine risultano esattamente speculari a quelle fasciste: slavizzazione forzata al posto dell’italianizzazione, esproprio degli italiani al posto degli slavi, uccisione degli italiani invece che degli slavi.

Senigallia è una città che ha sofferto entrambe le guerre mondiali, nella Prima sostenendo i bombardamenti austriaci e nella Seconda provando su di sé il giogo dell’invasore tedesco: in entrambi i casi ha dato prove di umanità e di solidarietà.

Voglio credere quindi che Senigallia si senta solidale con le vittime delle Foibe e del genocidio giuliano-dalmata e non necessariamente perché esse fossero vittime italiane, ma semplicemente perché erano esseri umani.

Gaspare Battistuzzo-Cremonini
Comitato “La Rosa del Contino”
per Palazzo Gherardi

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