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Quando la cultura fa la differenza

Il rapporto tra cultura, imprenditoria e mercato nelle parole del Gio del presidente Riccardo Montesi

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Luca Bonvini - Officina impianti GPL e metano - Senigallia
Il Presidente Riccardo Montesi

Quando agli inizi del Rinascimento nel XV-XVI secolo la nascente nuova borghesia delle città italiane cominciò a consolidarsi, i primi investimenti li fece nella cultura.

Ad allora risalgono le magnifiche costruzioni delle nostre città, lo sviluppo delle arti figurative, i capolavori che ancor oggi fanno dell’Italia un paese unico al mondo.

Lettere ed arti fiorirono per merito di quel “popolo minuto” e grazie alla sua laboriosità, l’Italia divenne un faro di civiltà nel nostro continente ed anche al di fuori di esso.

Questa crescita culturale si rivelò anche un ottimo investimento perché l’immagine del nostro Paese divenne il principale motivo di attrazione per numerose nazioni così che la presenza italiana si rafforzò in modo definitivo sui mercati e la nostra finanza fu la prima per vari secoli in tutta Europa.

Sembra veramente strano e per certi versi incomprensibile e paradossale che proprio negli ultimi 30 anni, dopo la grande rinascita produttiva e commerciale del dopoguerra, questa grande tradizione della borghesia produttiva ed industrialeitaliana sembra perdersi.

Specie negli ultimi 15 anni, dopo la crescita della ricchezza, sembra essere cresciuta in maniera esponenziale una incredibile indifferenza per ogni forma di cultura in senso lato, specie fra quanti con tanti encomiabili sacrifici, sono divenuti classe economica dirigente.

Ebbene purtroppo questi interessi, quando va bene, si indirizzano verso l’acquisizione di lussuose macchine, di una squadra di calcio del suo Paese. E’ già una fortuna se oltre al calcio qualche mosca bianca si dedica a coltivare qualche sport più nobile come scherma o i cavalli, ma è guardato a dir poco come uno strambo. Qualche altro si dedica a far collezionare di tutto ai figli. Altri, e sono tanti, non sono interessati a nulla tenendo “strette” cospicue somme di denaro nei conti in banca.

Non chiedete ad uno di costoro di spendere un centesimo per una attività culturale, per migliorare la formazione dei giovani, magari anche per migliorare la propria immagine o quella della sua Terra, se non vi ride in faccia poco ci manca. Molti hanno voltato le spalle anche alla famiglia.

Siamo di fronte ad un “ANALFABETISMO CULTURALE” della nostra classe imprenditoriale quale non si era visto nei secoli. Altro che materialismo storico, questo comportamento è puro analfabetismo con la “A” maiuscola. Sarebbe persino troppo facile citare esempi a non finire anche nei più alti livelli della nostra imprenditoria. Le radici di tale fenomeno, che pesa in maniera grave sulla seconda ed anche sulla terza generazione dei nostri imprenditori non ha spiegazioni facili e motivi sociologici del tutto chiari.

Noi potremmo individuare almeno in Italia il motivo prevalente in quella cappa di piombo culturale imposta da alcuni partiti al Paese, specie fino a qualche anno fa. Ma non sarebbe sufficiente tale spiegazione se non si potesse vedere ogni giorno che anche la cultura massificata che viene da oltre Oceano non contribuisce a migliorare la situazione.

In realtà ancor più vero è che la cultura italiana in senso lato sta smarrendo le proprie gloriose radici ed il risultato è quello che vediamo e che si trova sotto gli occhi di tutti.

La nostra classe imprenditoriale dovrebbe sapere, ed in parte ne è ben conscia, che solo sviluppando al massimo la conoscenza e la qualità noi potremmo mantenerci vittoriosi sui mercati mondiali. Ma va detto a chiare lettere che la qualità è figlia della cultura, solo della cultura in senso più ampio possibile. La cultura nei vari settori interagisce sia sul piano pratico che su quello operativo con risultati eccezionali come si vede chiaramente in alcuni settori di successo.

Sono in molti anche quelli che puntano il dito contro la scuola a tutti i livelli fino alle università. La cultura del lavoro è scomparsa nei giovani. Il “sapere” è diminuito. La selezione per aiutare la crescita non esiste più. La formazione professionale non risponde alle esigenze dell’industria e della società, il 60% degli italiani non parla una seconda lingua, se così siamo ridotti, dobbiamo ripartire dalla cultura del passato.

Il Rinascimento nacque come scoperta storica delle grandezze del passato greco-romano. Anche il Risorgimento, nella parte migliore è stato frutto di una riconquistata fiducia nelle sorti della Nazione. La nostra forza culturale può nascere e rafforzarsi guardando in noi stessi, alle nostre tradizioni, alle bellezze del nostro passato, alla nostra cultura insomma che da sola ci potrà concedere un nuovo vantaggioso primato in Europa e nel Mondo. Anche esaltare i nostri più grandi personaggi del passato, oggi spesso ignoti, ma che hanno creato la storia ricca del nostro Paese.

La Direzione di Giomarche

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