Crack Banca Marche, interrogato come teste membro cda Checchetto
Canafoglia: "più si studiano le carte, più ci si chiede chi abbia voluto fare fallire la banca"
Lunedì 22 febbraio si è tenuta un’altra udienza del processo sul crack di Banca Marche, durante la quale è stato interrogato come testimone – principalmente dall’Avv. Corrado Canafoglia dell’Unione Nazionale Consumatori, che patrocina oltre 3000 parti civili – il dr. Alfredo Checchetto, già membro del cda della banca e del comitato di controllo sui rischi del credito, nonché espressione del gruppo bancario Intesa San Paolo.
Il teste ha ricostruito passaggi importanti della vicenda facendo emergere ulteriori tasselli.
Ha ricordato che la Banca elargiva crediti per € 17 miliardi a fronte di una raccolta di € 11 miliardi: tale dato, soprattutto quello delle erogazioni dei crediti rappresenta l’importanza di Banca Marche, se solo si considera che allo stato attuale in tempi di Covid quello di € 17 miliardi è l’importo totale dei prestiti erogati dall’intero sistema bancario operante nella nostra Regione.
Checchetto ha proseguito ribadendo che Banca Marche ad agosto 2013, prima del commissariamento non era in stato di insolvenza e la banca arrivò al commissariamento soltanto dopo che fu effettuata una forte svalutazione dei crediti, eccessiva rispetto a criteri prudenziali che invece andavano applicati.
Il teste ha precisato che mentre il cda ed il comitato di controllo sui rischi del credito lavoravano per ridare credibilità alla banca sui mercati, solo in udienza è venuto a conoscenza che il prof. Masera, ultimo presidente del cda della banca, con una nota del 12 agosto 2013, senza avvisare nessun membro del cda, sollecitava Bankitalia a dar seguito alla procedura di amministrazione controllata.
Il cda aveva pensato anche di cedere i crediti in sofferenza per ricavare la liquidità necessaria a ripartire, ma non è riuscito a spiegare il motivo per cui non si è proceduto a tale cessione .
Gli importi sono di € 5 miliardi di crediti in sofferenza , poi ceduti dai commissari per 1,5 miliardi €, mentre secondo le stime poteva essere ricavato oltre il doppio del prezzo di cessione.
Il dr. Checchetto ha ricordato poi che improvvisamente nel 2012 arrivò anche un declassamento da parte della società di rating Moody’s, declassamento che però si sarebbe basato solo su rumors e non su documenti certi.
“Anche questo elemento rappresenta un cono d’ombra nella vicenda Banca Marche ed è legittimo chiedersi come Moody’ s sia arrivata ad anticipare le conclusioni di una procedura terminata 1 anno e mezzo dopo con il commissariamento, soprattutto anticipando una situazione che nessun nel 2012 conosceva e senza avere il supporto di dati contabili certi per sostenere tale declassamento – sottolinea l’Unione Nazionale Consumatori – Più si entra nelle carte di Banca Marche è più è legittimo chiedersi chi abbia voluto far fallire la Banca, massacrando un territorio, i suoi cittadini e le sue imprese – aggiunge l’avvocato Canafoglia – Noi continueremo nella nostra attività di ricerca della verità a fianco e nell’interesse dei risparmiatori”.
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