Sant’Antonio, tra celebrazione religiosa e tradizione rurale
Il racconto di Marco Giardini: "La storia ci ricorda che l'uomo ha bisogno degli animali, così come gli animali degli uomini"
Sant Antogn dalla barba bianca met la neve ndò manca (Sant’Antonio dalla barba bianca mette la neve, dove non c’è). Recitava più o meno così un detto dialettale delle nostre parti.
La celebrazione religiosa del santo avviene il 17 gennaio. Quest’anno, nel rispetto della normativa Covid-19, per la benedizione dei piccoli animali e per la distribuzione delle caratteristiche pagnottine di pane dorato ogni parrocchia si è organizzata autonomamente.
Sant’Antonio nel mondo rurale ricorda anche il sacrificio a cui era sottoposto il maiale. Oggi questo rito (perché tale veniva considerato) è scomparso: troviamo la carne fresca o insaccata già pronta nei frigoriferi o sugli scaffali delle macellerie.
Raccontare o descrivere la morte di un suino non dà piacere a nessuno (come pure l’uccisione di un uccellino, oggi ancor meno necessario per la catena alimentare), eppure fino a pochi anni fa l’uccisione e la lavorazione delle carni (la pacca e la pista) non suscitavano tanta sofferenza. Anzi, si attendevano queste giornate per ricevere l’indispensabile dono che il suino forniva alla famiglia: carne, lardo e tante altre cose ancora, per consumarli sapientemente nell’arco dell’anno e affrontare i duri lavori nei campi.
La lonza o il prosciutto (“pezzi nobili” di maggior pregio) a volte nemmeno erano consumati dal contadino, ma venduti o barattati in cambio di altri alimenti o materiali necessari per la campagna.
Tali racconti potrebbero non fare piacere a tutti, ma si tratta pur sempre di un’usanza condivisa, una necessità allora come ora per miliardi di persone, che di carne continuano a nutrirsi, almeno finché non si troveranno alternative valide e sufficienti per tutti.
Anche al contadino dispiaceva la morte del suino, lui che era considerato come “uno di casa”, come ben ha scritto in un libro il compianto Riccardo Ceccarelli (bibliotecario di Cupramontana, autore di tanti libri sulle storie locali).
Ecco, questa è la storia e in quanto tale va ricordata, e forse Sant’Antonio (adattato nell’icona alle esigenze occidentali), con quella sua espressione benevola, oggi ci ricorda che l’uomo ha bisogno degli animali, così come gli animali hanno bisogno di noi uomini. W sant’Antonio allora e la benedizione agli animali (uomini compresi), di cui forse c’è più bisogno di quanto pensiamo.
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