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Verso il 2 Giugno nell’anno del Covid-19. Una riflessione della Scuola di Pace sulla sanità

"Il diritto alla salute è un patrimonio della collettività da salvaguardare e tutelare, ma è finanziariamente condizionato"

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Sanità, salute

Negli ultimi tre anni la Festa della Repubblica ha rappresentato per la nostra città un momento in cui la comunità si è riunita intorno a valori fondamentali in cui si riconosce. Anche se quest’anno non potremo farlo in presenza al Parco della Pace, vogliamo aprire una riflessione in ambito cittadino su temi che riteniamo fondamentali, come quello della sanità pubblica.

L’articolo 32 della Costituzione recita: la Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure agli indigenti.

Il diritto alla salute è un patrimonio della collettività da salvaguardare e tutelare, ma è “finanziariamente condizionato”, come purtroppo si è evidenziato in questi ultimi mesi, dalle compatibilità economiche del Servizio Sanitario Nazionale. E così un piccolo virus ha messo in ginocchio l’Italia, dando luogo ad un evento drammatico che ci ha trovato impreparati e ha portato a dolorose conseguenze.

L’epidemia di coronavirus, come ogni emergenza, ha sollevato immediatamente due domande: Come è potuto accadere? Di chi è la responsabilità? Alla prima domanda non può al momento fare seguito una risposta logica. La seconda domanda può invece avere una risposta, esaminando come è stata affrontata l’epidemia dal Sistema Sanitario Nazionale. Con l’aumento delle persone contagiate a livello esponenziale, rapidamente è stato raggiunto il livello di saturazione delle già insufficienti risorse in termini di attrezzature mediche, di posti letto e di personale medico ed infermieristico. Si è provveduto con turni di lavoro massacranti, l’ausilio di personale volontario e spesso già in pensione, di sanitari della Protezione Civile, di equipe di professionisti provenienti da stati esteri. Il Ministero della Difesa ha messo a disposizione personale sanitario dell’Esercito. Il Sistema della Difesa ed il Sistema Sanitario sono accomunati dal fatto che entrambi sono chiamati a tutelare dei diritti fondamentali dei cittadini italiani (sicurezza e salute) e devono entrambi rispondere alle emergenze. L’Italia può essere autosufficiente nella difesa, producendo gran parte dei sistemi militari necessari, è invece dipendente dall’estero per quanto riguarda le diverse tipologie di apparecchiature medico-sanitarie che non produce autonomamente.

L’impatto dell’epidemia ha inoltre evidenziato diverse carenze del nostro Sistema Sanitario che è stato indebolito, a fronte di una crescita di fondi a favore delle spese militari. Mentre la spesa sanitaria ha subito una contrazione complessiva rispetto al PIL passando da oltre il 7% a circa il 6,5% previsto dal 2020 in poi, la spesa militare ha sperimentato un balzo in avanti negli ultimi quindici anni passando dall’1,25% rispetto al PIL del 2006  a circa l’1,40%, raggiunto ormai stabilmente negli ultimi anni.

Il decreto Cura Italia costa al paese 25 miliardi di euro e certamente non basterà: quanto si potrebbe fare di più diminuendo le spese militari? D’altronde è anche vero che la sanità italiana, rispetto agli altri paesi europei mostra buoni dati per quanto riguarda i tassi di mortalità e di ricovero e la speranza di vita, ma la riduzione delle risorse potrebbe causare problemi soprattutto per il futuro. L’epidemia di Coronavirus ha comunque dimostrato che non sono le armi a garantire la sicurezza di uno Stato, ma un Sistema Sanitario capace di adeguarsi efficacemente a contesti mutevoli o a crisi improvvise.

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