La lunga quarantena, e quello che ci lascerà
Il deserto fuori e l'occasione data dal dramma per un viaggio interiore
Nel corso di questo strano tempo sospeso che stiamo vivendo, mi sono posta sempre più spesso la solita domanda: “Cosa risponderemo noi tutti quando ci chiederanno in futuro: – Ricordi i giorni del distanziamento sociale?”
Certamente ci saranno uomini che racconteranno di essersi annoiati a causa della solita routine, altri ammetteranno, invece, che la fantasia aveva preso il sopravvento sulla noia… e, proprio per questo, descriveranno quel periodo ormai passato come un qualcosa di incredibilmente costruttivo per se stessi e di esserne usciti come persone migliori.
Qualcuno probabilmente avrà capito, proprio grazie a questi giorni difficili, l’importanza dei semplici gesti, quei gesti che 24 ore prima si consideravano banali o scontati e che poi, all’improvviso, erano diventati carichi di significato.
Alcuni forse avranno compreso che non era poi così male restare a casa. Diranno di aver riscoperto la bellezza del vivere all’interno delle proprie mura, il profumo del dolce appena sfornato, il “caldo fastidio” degli occhiali appannati dal vapore del forno appena aperto per servire un bel piatto di lasagne calde.
Ci sarà qualcuno che narrerà la magia delle risate dei propri figli, in quelle giornate così silenziose, come un qualcosa di stupendo e incoraggiante?
Forse qualcuno racconterà sorridendo di aver imparato a volersi bene, ad accettarsi, a bastarsi… racconterà di aver ritrovato l’amore e l’armonia del vivere in famiglia.
Altri invece, con le lacrime agli occhi, riferiranno di storie d’amore finite, con la consapevolezza che la distanza è stata più forte del loro amore. Probabilmente taluni illustreranno quei giorni solitari con lo stupore per la scoperta di nuove passioni e riferiranno di aver rispolverato e coltivato quelle abbandonate.
Altri ancora, chissà… forse gioiranno per aver ritrovato addirittura sé stessi!
Qualche ragazzo forse racconterà euforico di aver trovato un amico in uno sconosciuto. Qualcun altro può darsi che, invece, lascerà trasparire dal suo volto la delusione di un amicizia che non ha saputo sconfiggere la distanza, trasformandosi in semplice conoscenza.
Senza dubbio molti definiranno questi giorni, per la perdita dei loro cari, per le preoccupazioni sul lavoro e sul futuro, come i peggiori della loro vita... altri chissà…forse li descriveranno come il trampolino di lancio per iniziare a cambiarla.
Magari ci sarà anche qualcuno che ammetterà di aver incontrato il coraggio proprio in quei giorni, restando a casa. Il coraggio di abbassare finalmente quella maschera che indossava da troppo tempo per riscoprire il suo vero volto, il coraggio di affrontare la propria coscienza, il coraggio di ringraziare, di essere grato e di chiedere scusa senza dover più rimandare “a domani”, il coraggio di cogliere l’attimo, sempre.
Forse qualcun altro dirà di aver appreso l’autentico significato di “senso di responsabilità”, l’importanza dei volontari e del volontariato stesso, l’essenzialità dei medici, infermieri e di aver capito che sono loro i veri supereroi, di “aver imparato che si impara” sempre qualcosa di nuovo, che nulla è scontato.
Quello che spero io, caro direttore, è di sentire molte voci raccontare di aver sfruttato questo “drammatico” periodo per superare i propri limiti, per fare un viaggio interiore mano nella mano con sé stessi, per creare ognuno nella propria piccola realtà, una catena formata da anelli di solidarietà, riconoscenza, pazienza e rispetto.
Quel rispetto che forse, prima di tutte queste pagine di storia, per un certo verso cruciali che stiamo scrivendo, era andato perduto lasciando invadere la nostra quotidianità e società dall’individualismo: il rispetto verso sé stessi, verso il prossimo e verso il nostro meraviglioso Paese.
Chiara Morico
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