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“Lo Stato non faccia un nuovo torto ai figli di Marianna Manduca”

Diritti al Futuro vicino ai parenti della vittima, colpiti da sentenza di appello che imporrebbe restituzione del risarcimento

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Porta a Porta, caso Manduca

Rispettiamo profondamente il lavoro della magistratura. Crediamo che l’attività giurisdizionale debba svolgersi libera da ogni condizionamento e rispettosa solo della legge.

Siamo tuttavia consapevoli di quanto le pronunzie della magistratura abbiano il potere di influenzare, in senso positivo o negativo, la società, il costume, il sentire dei cittadini. Questo è tanto più vero quando si tratta di temi a forte impatto emotivo o eticamente sensibili: si pensi alle pronunzie sul tema del fine vita che hanno riguardato, tra gli altri, Emanuela Englaro e, recentemente, Marco Cappato, o a quelle su diversi casi di stupro in cui si finiva per dubitare della reale resistenza della vittima.

Ecco che allora, pur attendendo con rispetto il definitivo verdetto della Cassazione, non possiamo non essere preoccupati del possibile esito della vicenda giudiziaria collegata al brutale femminicidio di Marianna Manduca, uccisa nel 2007 dal marito da lei inutilmente denunciato per ben 12 volte senza che nessuno facesse nulla. Nel caso in cui la Cassazione dovesse confermare la sentenza di appello e quindi i tre figli di Marianna fossero chiamati a restituire il risarcimento di 250.000 € riconosciuto loro con la sentenza di primo grado, non solo queste innocenti vittime subirebbero un grave danno che rischierebbe di compromettere il loro futuro ma si farebbe un grande passo indietro di tipo culturale e sociale.

Ci sembra infatti che nel nostro Paese, in seguito ai tanti tristissimi casi di violenza perpetrata ai danni delle donne, sia notevolmente cresciuta la sensibilità collettiva rispetto al fatto che sporgere denunzia contro chi perseguita, minaccia o usa violenza sia un doveroso atto di coraggio, anche quando l’aguzzino sia, come spesso è, uno stretto congiunto. Fortemente cresciuta è anche la consapevolezza di quanto sia necessario garantire a chi ha il coraggio di denunciare, una tutela reale fatta di sostegno legale e psicologico ma anche economico.

Ebbene, rispetto a questi innegabili progressi che il nostro Paese, pur così storicamente legato ad una visione patriarcale e maschilista, ha compiuto, una sentenza sfavorevole ai figli di Marianna e ai parenti che generosamente li hanno adottati avrebbe un impatto devastante. Questa donna, già uccisa 12 volte dallo stato, una per ogni denuncia inascoltata, sarebbe uccisa ancora una volta laddove lo stato non si assumesse le proprie responsabilità per non averla adeguatamente protetta e negasse il giusto risarcimento ai figli. Il messaggio che passerebbe sarebbe un messaggio di impotenza: Marianna non poteva essere salvata perché il proposito omicida del marito era fortemente radicato e dunque il tragico epilogo era inevitabile, questo ha stabilito la sentenza di appello. Se la Cassazione lo confermasse che senso avrebbe continuare a sollecitare le donne a denunciare?

L’avvocato Licia D’Amico, che difende i figli di Marianna, nel suo intervento davanti alla Suprema Corte ha citato una sentenza delle Sezioni Unite in cui si richiamava la necessità di “riempire il dovere di diligenza, tramite il quale il magistrato è tenuto ad adempiere all’attività funzionale, di un contenuto non solo formalistico o burocratico” ma “coerente con l’esigenza di tutela effettiva dei beni/interessi”.

Speriamo veramente che l’attesa sentenza abbia riguardo alla tutela effettiva degli interessi in gioco che sono quelli dei figli di Marianna, del cugino di Marianna, Carmelo Calì e della moglie, che li hanno adottati andando a costituire, insieme agli altri due figli della coppia, una nuova numerosa famiglia che ha diritto alla speranza di un futuro. Questo futuro è legato al B&B realizzato a Senigallia con i soldi del risarcimento e non può essergli strappato.

Per questo ci stringiamo, con tutto il nostro affetto, a questa famiglia di nostri concittadini: che lo Stato, che avrebbe fatto meglio a riconoscere la propria responsabilità e a non intraprendere al via dei ricorsi, non faccia loro nuovamente torto. Ne va della fiducia dei cittadini nelle istituzioni, della fiducia che le donne che scelgono di denunciare i propri aguzzini devono poter avere in chi ha il dovere di proteggerle.

da Diritti al Futuro

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