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“Riformulare la compartecipazione al servizio domiciliare delle famiglie con disabili”

"Occorre uno sforzo comune: i genitori, le famiglie dei disabili sono pronti a fare sacrifici, ma nei limiti delle loro possibilità”

Associazione Amici disabili

Riformulare la compartecipazione delle famiglie con disabili in merito al servizio domiciliare. E’ questa la richiesta dell’Associazione Amici disabili che tramite l’Unione nazionale consumatori – Marche rappresentati dall’Avvocato Corrado Canafoglia fatta all’amministrazione locale.

Un servizio prima eccellente oggi è messo a rischio dai continui tagli eseguiti a vario livello dagli Enti pubblici e dai Governi. Il Comune di Senigallia ha infatti approvato il “Regolamento per l’accesso al sistema locale dei servizi sociali e per la compartecipazione economica degli utenti” , con cui disciplina anche i rapporti tra Comune e disabili, soprattutto con riguardo alla contribuzione pubblica per le spese che i disabili e le loro famiglie devono sostenere.

C’è preoccupazione che l’applicazione dei criteri trascritti nel Regolamento – illustra l’Avv.Canafoglia – possa causare una compartecipazione alla spesa talmente onerosa per alcune famiglie da costringerle a rinunciare al servizio domiciliare o a parte di esso. Ogni nucleo infatti deve sostenere ingenti spese ulteriori rispetto a quelle per cui è prevista la compartecipazione del pubblico”.

Non solo: ad essere a rischio è anche il servizio degli educatori che lavorano a stretto contratto con i disabili, con i quali si crea un forte legame professionale, affettivo e di fiducia reciproca, frutto di un costante lavoro di formazione, adattamento e conoscenza di anni: l’educatore rappresenta spesso l’unico amico che i disabili hanno, per cui sarebbe devastante se una famiglia vi dovesse rinunciare; di fatto mettere a rischio il rapporto educatore – disabile significa minare il sistema dei servizi sociali che fino ad oggi nel nostro territorio è stato estremamente elevato.

Un piccolo esempioprosegue Canafoglia- da 15-20-30 € mensili iniziali di compartecipazione si arriverebbe ad una spesa mensile fino anche di 800 €, spesa che si va a sommare a tutte le altre spese che una famiglia con disabili deve sostenere e che non riesce ad affrontare, data la situazione anche economica non particolarmente brillante che il nostro paese in questo momento ha. Senza dimenticare che la rinuncia al servizio comporta anche un problema occupazionale, si riducono i posti di lavoro: rinunciando le famiglie ai servizi, i relativi operatori che erogano tali servizi non avrebbero più una loro occupazione”.

L’associazione “Amici Disabili” e l’Unione Nazionale Consumatori hanno intrapreso da mesi una serie di incontri con l’Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Senigallia, Dr. Carlo Girolametti, con il Dirigente Dr. Maurizio Mandolini e la dr.ssa Giuseppina Campolucci del medesimo Assessorato per discutere di alcune criticità su questo nuovo Regolamento.

Il nostro obiettivo è di porre un tetto massimo alla compartecipazione di spesa e che in proporzione tutte le famiglie dei disabili paghino in base a quello che è il loro reddito, quindi operando una scelta estremamente democratica. Ci sono stati vari documenti e contribuiti non solo scritti, ma anche di persona, forniti dall’Associazione “Amici Disabili” e dall’Unione Nazionale Consumatori all’Amministrazione Comunale, per far capire qual è il problema delle famiglie con disabili- e conclude -Siamo prossimi alla chiusura dell’iter, per modificare il regolamento e ringraziamo l’Amministrazione di aver considerato le nostre proposte, che arrivano da persone che vivono la disabilità direttamente e non solo sulla carta, però dobbiamo e vogliamo far chiarezza perché sui social, sui media, in generale su quelli che sono i vari chiacchiericci di questa nostra comunità, emergono informazioni non corrispondenti pienamente alla verità. La nostra posizione è molto chiara: le famiglie non possono essere lasciate sole ad affrontare il problema dei propri figli disabili: la situazione va affrontato nella sua globalità dall’intera comunità attraverso un contenimento della compartecipazione alla spesa delle famiglie, per evitare che i propri disabili non siano messi in condizione di non poter fruire dei servizi essenziali per garantire una vita dignitosa a loro e alle famiglie stesse. Questo deve valere per tutti e non solo per chi ha la fascia alta di reddito, ma per tutti. Il 18 luglio 2018 ci siamo lasciati con i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale con l’intento di rideterminare il criterio per la compartecipazione: fino ad ora è stato valutato un tetto massimo di 400 € mensili per la compartecipazione ma non sono state ancora modificate le quote orarie del servizio e siamo in una fase, in questo momento, di attesa per quanto riguarda la volontà della Pubblica Amministrazione”.

Tale volontà dovrà poi essere tradotta in atti amministrativi sia da parte del Comune di Senigallia che da parte di tutto l’ambito territoriale ATS8, quindi tutti i Comuni della vallata. Al riguardo Canafoglia conclude: “Non ci sono in questo momento atti amministrativi finali, ma auspichiamo che questa fase di trattativa arrivi presto ad un buon esito e ad una soluzione positiva, non solo nell’ottica del contenimento della spesa pubblica, ma anche nel far sì che i disabili e le loro famiglie vengano realmente inclusi nella società. È importante capire che una famiglia deve sostenere una spesa mensile compresa tra 900 € ed 1500 €, a seconda delle esigenze per necessità ineludibili. Se a tale importo si somma l’aumento della compartecipazione indicata nel Regolamento, le famiglie non saranno in grado di sostenere queste spese”.
Giusto sottolineare che questi costi ci saranno per tutta la vita, spiegano le rappresentanti dell’Associazione: “Non ci sarà mai un momento in cui si i nostri ragazzi si affrancano da tali interventi costosi di supporto, anzi potrebbero esserci dei peggioramenti quindi spese ulteriori. È importante capire che per una famiglia con figli normodotati ad un certo punto della vita le spese si riducono perché i figli spiccano il volo; per noi famiglie con la disabilità, invece, questo non accadrà mai anzi verranno meno le forze e la situazione potrà solo peggiorare”.
La legge stabilisce lo strumento per definire la compartecipazione alla spesa, mentre i criteri di applicabilità e le soglie le definiscono i Comuni a seconda, certo, dei bilanci ma anche delle priorità che si vogliono dare. “Il nostro Comune ha sempre avuto una particolare attenzione verso la disabilità – hanno concluso le esponenti della ‘Associazione – ma se applicato così il Regolamento si regredisce: l’alta forma di civiltà dimostrata in questi anni dalla nostra comunità rischierebbe di esser annullata. Occorre uno sforzo comune: i genitori, le famiglie dei disabili sono pronti a fare sacrifici, ma nei limiti delle loro possibilità”.

Commenti
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Marcello Liverani
Marcello Liverani 2018-11-06 23:35:15
Fino a quando la politica continuerà a trattare il disabile come un mero "problema" oneroso, e quindi da tagliare, mai nulla cambierà. La disabilità (o handicap) è la condizione di chi, in seguito a una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d'interazione con l'ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale. Uno Stato serio, degno di considerazione, deve fare anche l'impossibile per un disabile. La disabilità e la non autosufficienza sono uno dei primi elementi di impoverimento e di rischio di povertà delle famiglie e degli individui. E' l'ISTAT a darci i risultati del disastroso stato delle politiche per l'inclusione e la disabilità in Italia. Dai dati emerge che tra i 28 Stati membri dell'UE, l'Italia è settima per la spesa in protezione sociale che comprende la spesa in Sanità, Previdenza e Assistenza. Questi i numeri, potrebbe sembrare una buona notizia questa settima posizione, ma è caratterizzata da forti disomogeneità rispetto alle voci di spesa: in pensioni di anzianità e vecchiaia se ne va il 52% contro la media europea del 39,9 e pone l'Italia in cima alla classifica. Il nostro Paese è invece penultimo per la voce "Famiglia, maternità e infanzia" con il 4,8% (la media europea è l'8%). Tradotto: 1,4 del PIL. Infine il focus sulla disabilità, dove la situazione è decisamente negativa. Nel 2017, è stata pari in Italia al 5,2% della spesa complessiva in protezione sociale, a fronte del 8,7% della media europea. Si tratta di pensioni di invalidità, contributi per favorire l'inserimento lavorativo, servizi finalizzati all'assistenza e all'inclusione sociale e strutture residenziali. Questo ci colloca tra i Paesi con le percentuali più basse di spesa destinata alla disabilità. A spendere percentualmente meno dell'Italia sono solo Grecia, Irlanda, Malta e Cipro. Prestazioni che pesano solo per l'1,7% sul nostro Prodotto Interno Lordo. Di questa percentuale l'1 per cento è destinato alle provvidenze (pensioni e indennità) per l'invalidità civile e solo lo 0,7 del PIL è destinato ai servizi per l'inclusione sociale o per strutture residenziali. Insomma, razionalizzare la spesa non basta. Bisogna aumentare l'intervento economico per allinearci almeno alla media europea, cioè investire sulla disabilità come minimo un altro mezzo punto di PIL e altrettanto su famiglia, infanzia, e maternità. Si parlava del legame tra disabilità e rischio povertà. I dati di raffronto con l'Europa si sommano a quelli drammatici sull'impoverimento e sulla fortissima sperequazione fra Nord e Sud del Paese. Solo per citarne uno, nell'area disabilità le differenze territoriali risultano insostenibili: mediamente un Cittadino con disabilità residente al Nord-Est usufruisce di servizi e interventi per una spesa annua pari a 5.370 euro, contro i 777 euro del Sud. Uno Stato serio non può permettere che nel suo Paese ci siano delle differenze, anche enormi, tra una zona geografica e un'altra, il disabile è disabile sempre e ovunque, a Milano come a Palermo, Cagliari o Roma.
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