“Il sindaco di Senigallia non prende atto del referendum sulla fusione con Morro d’Alba”
I referenti del Comitato "No Fusione" intervengono sull'acceso dibattito in aula: il riconoscimento del "no" è davvero così inutile?
Erano tempi che Gaber cantava dagli altoparlanti di sinistra il suo inno “Libertà è partecipazione”. La canzone era del 1972 ma fu ripetuta fino a pochi anni fa. Poi sono morti entrambi, cantante e canzone. E siamo morti noi in quanto cittadini, sempre più inutili sotto regimi sempre più lontani: non solo nel governo di un mondo dominato dalla falsa economia della finanza internazionale, o di una nazione che non ha più regole, ma anche negli enti locali, che dovrebbero essere i più vicini alle persone amministrate. Non si tratta in realtà di un’involuzione, ma di un progetto lucido e malvagio: allontanare il più possibile i cittadini dalla sindacabilità delle decisioni.
Processo al quale il nostro sindaco, sempre meno primo cittadino e sempre più amministratore-teatrante, dà il suo contributo personale nel mezzo del dibattito consiliare con una personale ideona: siccome i cittadini non sarebbero all’altezza della sua lungimiranza, prima si dovrebbero fare le cose e poi chiedere nel caso agli elettori se andavano bene o no. A teatro gli applausi si fanno alla fine della rappresentazione.
Il caso in questione riguarda il referendum (consultivo e senza quorum) sulla incorporazione del comune di Morro d’Alba in quello più grosso di Senigallia.Prevalsero i no, come ricorderete, rovesciando l’indirizzo già approvato dei consigli comunali dei due comuni; si tratta ora, da parte delle rispettive amministrazioni, di recepire quel no popolare e confermarlo o revocando l’atto o votando un nuovo documento che ne tenesse conto. Visto che nessuno ha mosso una paglia –
“dimenticare i referendum” sembra oggi la prima preoccupazione di chi li ha persi – è toccato all’opposizione (i consiglieri comunali Martinangeli, Palma, Sartini) proporre che il Comune riconoscesse la volontà dei cittadini.
Ne è scaturita una discussione nella quale gli esponenti della maggioranza (Pierfederici, Pedroni e Mangialardi due volte) hanno dichiarato “inutile” il riconoscimento richiesto, ricordando che ormai tocca solo alla Regione decidere sulle sorti dei due Comuni; per parte loro, i proponenti invece ritenevano importante che il Comune facesse proprio il consulto dei cittadini e lo segnalasse alla Regione in modo che anche quella se ne rendesse consapevole e decidesse di conseguenza.
Niente da fare. La proposta è stata respinta con l’ampio margine, per ora, che separa la maggioranza dalla minoranza. Ora, chi immagina il cliché di una minoranza urlante e di una maggioranza composta e ferma nelle sue decisioni, si sbaglia di grosso. Il dibattito – come ormai avviene spesso – è stato monopolizzato dallo show di un sindaco che non risparmia i toni aggressivi, scomposti ed irridenti nei confronti di chi osa pensare in modo diverso dal suo: in questo caso la città.
La situazione che si determina dopo questa giornata vede due amministrazioni confermare le proprie intenzioni sopra e contro la volontà espressa dai cittadini: quelli di Morro in modo pressoché unanime e quelli di Senigallia in modo molto significativo. Prova ne sia che, perso il referendum, il sindaco tenta di destituirlo introducendo a posteriori il quorum che non c’era: secondo lui la partecipazione esigua alla consultazione sarebbe non rappresentativa dei cittadini senigalliesi, che certamente lui conosce meglio grazie ai baci che distribuisce quotidianamente alle signore e alle pacche che riserva agli uomini, per strada o addirittura in consiglio comunale dopo le sue cavatine.
Nessuna menzione del fatto che per mesi la Giunta ha tenuto nascoste le proprie intenzioni e della fretta renziana che poi è sopravvenuta nella convinzione di un successo scontato; né pensiero che molti senigalliesi non si siano neanche mossi di casa per esprimersi su un progetto tanto bislacco e mal motivato, compresi gli elettori e gli iscritti del suo stesso partito.
Non sarà certo colpa di chi si è adoperato per il no se i suoi compagni di fede politica l’hanno lasciato solo.
Questa brutta pagina della storia di Senigallia segna un passo forse decisivo nel processo generale di trasformazione dei cittadini in sudditi e del “Comune” in “despotato”. Altre si stanno già tracciando con l’Unione dei Comuni delle valli Misa e Nevola, dove non è l’unione che preoccupa (del resto esisteva già una forma associativa dei Comuni negli anni novanta, ma rispettosa delle autonomie) quanto lo scopo malcelato, o addirittura esibito, di allontanare i centri di decisione dalla partecipazione diretta della popolazione. Altre con l’anticipazione operativa tutta “politica” delle macroregioni. Altre ancora con l’infrattamento dei processi decisionali nelle varie società di servizi semiprivate e semipubbliche, dunque indecifrabili, e nella dispersione in “area vasta” dei poteri comunque imperscrutabili nei bilanci e nelle modalità operative.
A noi post-cittadini resta il compito di pagare il conto e battere le mani: centomila euro ben spesi nella consultazione vengono dissipati dal disconoscimento del risultato; una Tari sempre crescente a saldo di una inefficienza maliziosamente programmata; sanità e utilità infeudate nei processi di falsa privatizzazione; il dissanguamento conseguente delle opportunità di lavoro, tutte raggrumate a favore del personale politico.
Inutilmente erano stati posti i fondamenti di una “democrazia dal popolo, per il popolo, attraverso il popolo”; inutilmente abbiamo cantato la speranza che la partecipazione ci rendesse liberi dal confino e dalla ricusazione. Cosa possiamo rispondere a questa regressione della democrazia? Che ci vediamo il 25 aprile, dove stavolta vi canteremo in faccia “Belli ciao”.
Comitato Referendario “NO alla fusione con Morro d’Alba”
I referenti Leonardo Badioli e Riccardo Pizzi
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!