Senigallia Bene Comune sulle vasche di espansione
L’area agricola di compensazione idraulica in località Brugnetto: SI o NO? Opinioni a confronto
Nell’ultimo periodo si parla molto della vasca di compensazione idraulica da realizzare a Brugnetto di Senigallia. C’è chi, come il Sindaco Mangialardi ed il geometra Ivano Sbrollini di Borgo Bicchia, ne tesse le lodi come la panacea di tutte le alluvioni, e chi la dipinge come un’opera pericolosa, con problemi di efficienza e sostenibilità.
Oggi, come con il precedente articolo sul dissesto idrogeologico, cercheremo di fare un po’ di chiarezza in merito alle due posizioni esistenti. Ci auguriamo anche che il Sindaco Mangialardi voglia indire un’assemblea pubblica per discutere dell’argomento, visto che a quella da noi indetta a San Rocco il 30 ottobre 2015 non sono intervenuti né lui né le numerose autorità e tecnici invitati.
Il nostro fiume, nei secoli, ha causato alla città diversi allagamenti. Nel passato le alluvioni arrivavano quasi ogni anno e per tale motivo i proprietari dei fondi agricoli hanno realizzato le arginature attuali (per proteggere le culture dei campi e il bestiame); mentre le autorità cittadine realizzarono il cavo Penna che fungeva da fosso scolmatore per proteggere il centro abitato. Dopo aver completato gli argini in campagna e realizzato gli argini in muratura in città, decisero di eliminare il cavo Penna. Successivamente, negli anni ‘50, il fondo del fiume nel tratto cittadino dal ponte Garibaldi al ponte della ferrovia, fu cementificato lasciando un canale centrale ad una quota più bassa che, per la sua ridotta sezione, consentiva anche con piccole portate idriche di mantenere pulito l’alveo del fiume dai depositi trasportati. Poi arrivarono le ultime modifiche alla foce del fiume, realizzate a partire dal 2008 per il distacco dell’ingresso del porto dalla foce del fiume. Da quel momento, l’esigenza di mantenere la foce del fiume aperta in modo funzionale passò in secondo piano nei lavori programmati dall’amministrazione comunale, o meglio all’ultimo posto.
Quali sono state le modifiche importanti apportate alla foce?
Prolungamento della banchina di ponente del fiume, per proteggere dall’insabbiamento l’ingresso al porto. La modifica ha però permesso al mare l’insabbiamento continuo della foce del fiume, costituendo una sorta di ostacolo allo scarico a mare del sedime trasportato dal fiume, tanto che è affiorato un isolotto alla foce.
Si smise di dragare il fondale del fiume nell’ultimo tratto, perché le barche non dovevano più transitarvi e quindi non era “necessario” mantenerlo a profondità di navigazione. Risultato: col tempo il fondale è passato da – 4,5 metri di profondità, ad un valore medio minore di un metro, riducendo di fatto a circa un terzo la sezione in cui l’acqua in arrivo dal fiume può defluire in mare.
“Dulcis in fundo” i tecnici del comune decisero la chiusura del collegamento tra la 3° darsena e il fiume riducendo ulteriormente la capacità di deflusso a mare delle piene del fiume: capacità variabile in modo significativo in base alle condizioni di agitazione del mare.
Alla città di Senigallia andò bene perché dopo i lavori ci furono anni di scarsa piovosità fino al 2010, poi la situazione cominciò a mostrarsi agli occhi di tutti: ad ogni pioggia, un po’ sopra la media, il fiume creava preoccupazione perché lambiva o stava per lambire l’intradosso dei ponti cittadini.
Anche l’incuria degli argini e la mancata manutenzione degli alberi in alveo, cresciuti a dismisura, ha consentito che il 3 maggio 2014, con una portata d’acqua che fino al 2008 era tranquillamente smaltibile, si verificasse la maggiore inondazione che la città di Senigallia ha subito dal 1900.
A riprova di quanto affermato, a pag. 22 del Rapporto di Evento della Protezione Civile si legge in merito alla portata del Misa che “I valori registrati nel corso dell’evento del 2-4 maggio sono stati superati negli anni 1991, 1995 e 2005 come evidenziato nelle figure (43 e 44)” (Allegato 1).
Oggi l’unica direzione intrapresa delle Amministrazioni Pubbliche, Autorità di Bacino, Provincia e Comuni della vallata, concerne il rappezzamento degli argini danneggiati e la costruzione di una “vaschetta di compensazione idraulica”.
Saltiamo a piedi pari gli interventi effettuati sugli argini ed alla vegetazione, di ciò potremo parlare in un altro appuntamento, e soffermiamoci sull’intervento per realizzare la vasca.
Quando si progettano simili opere idrauliche, per eseguire i calcoli idrici, si assumo i dati relativi alle massime piene transitate o transitabili nel tratto in cui si effettua l’intervento; nello specifico abbiamo un valore riscontrato dalla Protezione Civile Regionale tra i 500-600 mc/s o anche superiori nel maggio 2014, e “Questi valori sono comparabili alle piene storiche del 1940, 1955 e 1976” (Rapporto di Evento 2-4 maggio 2014 – pag. 27 della Protezione Civile) (c.s. Allegato 1); il genio civile arriva a indicare una portata massima di 900 mc/s alla chiusura del bacino (Allegato 2). Il progetto delle vasche è datato 2012 e quindi è stato redatto senza tenere conto delle reali esigenze idriche alla luce dell’evento del 2014.
Ne deriva che sono state calcolate con una strozzatura che consente di far transitare solo 300 mc/s pur avendo avuto in tale tratto dell’alveo una portata doppia o ancora superiore. Presumiamo che tale valore derivi dalla quantità d’acqua attualmente transitabile alla foce dopo le chiusure operate con i lavori portuali. In realtà alla foce sono transitate più volte portate superiori ai 300 mc/s (con valori tra i 450-550 mc/s) quindi il valore cautelativo di transito alla foce, prima di aver rifatto i ponti cittadini a campata unica e dopo avere riaperto però la foce, è di 450-500mc/s. Con una portata di calcolo pari a 450-500 mc/s la vasca d’espansione servirà a colmare i reali picchi di portata e non a cercare di porre rimedio gli errori creati alla foce (errare è umano, perseverare è diabolico) e potrà garantire un tempo di sicurezza da 4 a 5 volte superiore a quello che avremo con dimensionamento a 300mc/s.
Altro fattore da non sottovalutare con una portata di 450-500 mc/s è che la laminazione potrà avvenire, senza creare la strettoia in cemento, prevista in progetto per portare la sezione del fiume da 80 metri a 16 metri, ma semplicemente abbassando l’argine del fiume esistente in corrispondenza dell’inizio della vasca. Tale procedura è stata personalmente verificata essere consueta sui corsi d’acqua della vicina Emilia Romagna. (Allegato 3)
Per mantenere l’invarianza idraulica a monte della vasca, prevista dalla norme vigenti, una soluzione perseguibile è di lasciare un corridoio tra la vasca e la provinciale Corinaldese per far defluire l’acqua uscita da eventuali rotture in sponda sinistra che avvengano a monte, come accaduto nel 2014. Ciò servirà inoltre ad evitare che le zone artigianali di Casine di Ostra e della Bassa di Ripe subiscano inondazioni di un metro o più rispetto a quanto è accaduto nel 2014.
La soluzione prospettata consentirà anche di non dover rifare, e quindi non spendere altri milioni di euro, il ponte tra Bettolelle e Brugnetto. (Nell’attuale progetto il ponte sarà interdetto alla circolazione, anche dei mezzi di soccorso, ad ogni allerta). Sempre riferita al ponte la soluzione può prevenire inoltre il suo eventuale crollo nel caso, più che ipotetico, si verifichi una parata del materiale trasportato sull’impalcato e il parapetto del ponte.
Ovviamente il costo dell’opera, senza strozzatura e rialzo degli argini a monte dell’invaso, si ridurrà considerevolmente e tali risorse potranno essere utilizzate per realizzare i lavori necessari alla foce del fiume per la sua riapertura e i ponti cittadini che possono trovarvi copertura.
Leggendo le relazioni del progetto, si evince che il tempo di riempiento della vasca è di otto ore (pag. 3 e 4 Relazione Descrittiva, a firma dell’arch. Principi Marcello e dell’ing. Alessandro Mancinelli, allegata al progetto: “1_relazione descrittiva vasche misa”) (Allegato 4). Ma 1.000.000 di mc diviso 56 mc/s x 3600 sec/ora = dà un tempo di 4,96 ore che per effetto della reale capienza della vasca di soli 800.000mc da un tempo di 3,96 ore. Il problema è che le portate reali sono ben superiori e pari a 600 – 700 mc/s e quindi il tempo di messa in sicurezza della città risulta pari a circa 46’ a 600mc/s e 34’ a 700mc/s.
L’ultima domanda riguarda per quanto tempo nel maggio 2014 il fiume sia stato in piena, nonostante le 22 rotture e quindi i milioni di mc di acqua sottratti al fiume perchè fuoriusciti dall’alveo. La risposta è 7-8 ore, quindi molte volte di più del tempo necessario al riempimento della Vasca di compensazione agricola.
A cosa, ma soprattutto a chi, può servire un simile intervento che, a detta dello stesso ingegnere responsabile del progetto per la Provincia, riesce a stoccare solo un ottavo dell’acqua fuoriuscita il 3 maggio 2014?
Come vedete le criticità sono tante e al riguardo i tecnici preposti non solo “non si degnano nemmeno di dare risposte di cortesia” alle domande e alle richieste d’incontro da noi trasmesse ufficialmente, ma rifuggono anche la possibilità di illustrare il progetto in incontri organizzati da Associazioni apolitiche ed apartitiche come Confluenze (si veda la “nota dolente” in calce al volantino allegato alla presente).
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