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Storia della fotografia: le “carte de visite” di Disderi e Nadar

La raccolta e le antiche lastre negative di Massimo Marchini esposte al Musinf di Senigallia

Maurizio Mangialardi Sindaco - #contenellacittàditutti - Elezioni comunali Senigallia 2015
Massimo Marchini

Massimo Marchini ha presentato al Musinf di Senigallia alcune recenti acquisizioni della sua raccolta, tra cui alcune carte de visite di Disderi e Nadar. Ha anche espresso l’intenzione di mettere a disposizione del Musinf la sua raccolta di carte de visite e negativi su lastra di vetro d’epoca.

Come noto, Marchini, appassionato ricercatore nel campo delle antiche tecniche di stampa, presenterà nel corso del fotofestival del progetto europeo Frames il suo nuovo manuale di antiche tecniche di stampa e terrà un workshop sul collodio umido. Il prof. Bugatti, direttore del Musinf ha fatto notare l’importanza nella formazione dei giovani fotografi della conoscenza della storia e delle tecniche fotografiche. Ha anche ricordato che c’è un aneddoto raccontato da Nadar nel suo libro “Quand j’étais photographe”, che descrive bene la notorietà ed il successo raggiunto dalla fotografia di Disderi. Racconta infatti Nadar che Napoleone III alla testa delle sue truppe, mentre stava partendo da Parigi per la campagna d’Italia del 1859 in occasione della Seconda Guerra d’Indipendenza, passò davanti allo studio di Disderi al n° 8 di Boulevard des Italiens. Addirittura fece fermare l’esercito per entrare nello studio di Disderi per farsi fotografare, ritenendo opportuno diffondere così la sua immagine fra soldati e alleati. Lo studio di Disderi era conosciuto come “Il palazzo della Fotografia”. Fu però probabilmente proprio questo fotoritratto dell’imperatore, che lanciò il fotografo verso un immenso successo economico. Successo che nel 1862 lo indusse ad aprire un nuovo atelier a Parigi, dove eseguire ritratti equestri.

Le "carte de visite" di Disderi e l'imperatore Napoleone III ed il retro di una Carte de Visite con la caratteristica firma del fotografo DisderiAndré Adolphe Eugène Disderi era di origini italiane. Era nato a Parigi il 28 marzo 1819. Dopo alcune fallimentari avventure si era avvicinato alla fotografia provenendo dall’esperienza pittorica. Nel 1854 aveva aperto lo studio al numero 8 del Boulevard des Italiens a Parigi. Contemporaneamente aveva chiesto il brevetto per una sua invenzione fotografica, la “carte de visite”, caratterizzata dalle modalità di ripresa fotografica. L’attrezzatura era costituita da una fotocamera per carte de visite, dotata di quattro obiettivi, che in un secondo tempo diventeranno otto o anche dodici. Attraverso la molteplicità degli obiettivi su di un’unica lastra potevano essere riprese quattro, otto o dodici pose, uguali oppure diverse fra loro, sia dello stesso soggetto sia di soggetti diversi. Le dimensioni delle foto risultavano naturalmente ridotte, ma il loro costo unitario si abbassava drasticamente in quanto venivano tutte impressionate su una sola lastra al collodio umido.
Da questa lastra si potevano ottenere stampe positive di 6 x 9 cm che vennero montate innovativamente su un economico e funzionale cartoncino rigido con in calce il nome o il marchio dello studio fotografico di produzione. Il costo di una serie di questi piccoli ritratti risultò di circa 20 franchi, a fronte dei 100 franchi mediamente necessari fino ad allora per un ritratto a lastra intera.

Fu l’economicità del processo ad assicurare il successo delle “carte de visite“. Queste in seguito diventarono più raffinate mano a mano che non solo i ceti popolari, ma anche la borghesia e la nobiltà parigina si fecero travolgere da questa moda. Disderi, nel giro di alcuni anni allargò lo studio e impiegò circa un centinaio di persone. I suoi non sono ritratti particolarmente studiati, sono realizzati a figura intera, su fondali scarni e senza particolari allestimenti scenografici. E’ stato notato che si tratta di immagini che non reggono il confronto con quelle di Nadar. Consentono però di rispondere ad un’esigenza, cresciuta con la scoperta della fotografia e sempre più sentita, fino a divenire di massa, di poter fermare il corso del tempo.

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