Come cambia la famiglia? Ce lo spiega la televisione
Nuova puntata di Screenshot: uno dei pilastri della società protagonista da sempre di numerose serie tv
Erano le 4 di mattina e quel bimbetto non faceva che piangere. Certo, essendo un neonato era ben comprensibile che piangesse, ciò che non era comprensibile era da dove fosse sbucato fuori.
Giuro di non aver mai visto per le scale o in ascensore una donna incinta, me ne sarei accorta, per di più se molto incinta, come mi sembrava fosse dovuta essere per lo meno nelle ultime otto settimane, visto che il bimbo piangeva proprio come un esserino appena nato. Quando sono ancora nella pancia, fanno tutt’altro verso, questo è sicuro.
Oramai sveglia, tanto valeva sfruttare il tempo in qualche modo piuttosto che starsene nel letto a rimembrare tutti i volti e i ventri delle signore fermatesi con me a chiacchierare nella guardiola della portinaia, ultimamente. Nulla di niente mi veniva in mente e così decisi di accendere la tv e mettere su un buon caffè d’orzo.
>Non avrei preteso grandi film a quell’ora, né interessanti documentari e tanto meno brillanti show americani dallo spirito yiddish, così zappingando qua e là cercai di rintracciare un programma che si sopraelevasse fra tutti come il meno peggio, e mi imbattei in qualcosa di gran lunga migliore di molti dei contenuti che ci rifilano nel day-time: mai infatti mi sarei aspettata di ritrovarmi a ridere alle quattro di mattina con le sottili battute di Bill Cosby.
Ah, I Robinson, chi di noi non li ricorda? Una simpatica famiglia altoborghese composta da due genitori, attenti e premurosi, padre ginecologo e madre avvocato, cinque figli amorevoli, talvolta ribelli ma genuini e dai sani principi. Un nucleo apparentemente tradizionale, oggi forse troppo, ma allora (1984) quando la serie uscì, i Robinson rappresentavano tutt’altro che la normalità. Il fatto che la loro fosse una famiglia di afroamericani appartenenti alla alta borghesia era un caso molto insolito per l’epoca.
Altrettanto rivoluzionari furono nel 1975 I Jefferson, famiglia afroamericana proveniente dalla cultura povera di Harlem, trapiantata nell’ Upper East Side di Manhattan. Un punto di incontro tra due stili di vita e due mondi completamente opposti, quello povero e quello ricco. Il leitmotiv della serie era proprio il tema dell’inserimento di una famiglia di colore nel tessuto sociale bianco alto-borghese. Altri, oltre a questo, gli argomenti approfonditi, a loro volta molto moderni e progressisti per l’epoca, come il razzismo, il suicidio, l’analfabetismo e la diffusione incontrollata delle armi.
A pensarci oggi, non notiamo nulla di strano in una famiglia nera facoltosa, tanto che la più recente serie, Tutto in famiglia, del 2001, ci presenta un quadro molto simile della vita quotidiana di una coppia di genitori afroamericani e dei loro tre figli. Le differenze stanno nella costruzione dei personaggi. Michael Kyle, pur essendo un padre protettivo, conserva nel profondo un animo ed uno spirito da adolescente, e spesso è lui che combina i guai mentre Cliff Robinson era quello che li risolveva. Anche la prole delle due famiglie è rappresentata da due modelli molto diversi di giovani. I figli dei Robinson sono si ribelli, ma intelligenti e studiosi. I figli dei Kyle non sono particolarmente brillanti a livello di intelletto, anzi… sono tutti e tre un po’ “bambocci”, tanto che ci verrebbe da classificarli come la smorfiosa, lo stupido e l’ingenua. Quest’ultima, la più piccola d’età, ci sembra l’unica salvabile, ma smettiamo subito di giustificare la sua ingenuità e leggerezza nel momento che la confrontiamo con una sua coetanea-scenica, la piccola di casa Camdem, Rudy, di Settimo Cielo, sit-com del 1996.
Settimo Cielo a sua volta rappresenta l’apice della tradizionalità familiare Americana, con due genitori dai sanissimi e religiosissimi principi ed un “carretto” di figli al seguito tutti educatissimi anche se spesso anticonformisti. Questa serie tv, profondamente solcata dall’impronta lasciata dalla religione cristiana protestante, è un potpourri di nobilissimi principi, tali il ripudio della violenza, della droga, dell’aborto, dell’alcol, del vandalismo e di tutto ciò che non è tollerato dalla Bibbia.
Certo se pensiamo al reverendo Erick Camdem e a Jim Belushi di La Vita secondo Jim (2001), ci sorge spontanea una domanda…. come è possibile che in cinque anni sia così cambiato il modo di concepire il ruolo del padre famiglia? Jim, sulle orme di Homer Simpson, è un padre non proprio modello, è pigro, poco educato, poco curante della salute fisica visto che si ingozza quotidianamente di schifezze e mentale, visto che vive “poltrendo” nella sua poltrona davanti alla TV.
Jim, come Sean Finnerty (altro sitcom-dad americano), Peter Griffin, e tanti ulteriori moderni padri della nuova generazione è assolutamente irresponsabile, ama bere in compagnia e lullureggiare con gli amici, non si impegna ad avere potere decisionale sui figli, scelte che passano inevitabilmente nelle mani delle mogli, spesso e volentieri casalinghe non proprio soddisfatte, e quasi sempre iperapprensive.
Vediamo quindi come da La Famiglia Bradford, stracolma di bambini e di regole impartite alla squadretta di pargoli dal padre famiglia Tom, si arriva, passando per i sopracitati modelli familiari, alla nuova attualissima struttura parentale occidentale ben identificata nei protagonisti della sitcom Modern Family.
Quest’ultima, serie televisiva statunitense realizzata con la tecnica del falso documentario (innovativa già solo per la forma) ci descrive la nuova famiglia occidentale (presto anche Italiana), davvero contemporanea perchè impregnata di Diversità culturali, etniche, sessuali e caratteriali. Una famiglia che viene strutturata a grappolo, con in cima il nucleo principale formato dal capofamiglia Jay e dalla sua bella moglie colombiana Gloria, molto più giovane di lui e dal di lei figlio Manny, ragazzino molto maturo per la sua età, dai modi gentili e galanti. Di seguito troviamo i figli nati dal primo matrimonio di Jay, Claire e Mitchell. Lei, moglie tuttofare di un uomo simpatico ed ingenuo, Phil, costantemente sfottuto dal suocero Jay, e madre super apprensiva di tre marmocchi stereotipati nei ruoli di La bella, La secchiona e L’imbranato. Il fratello di Claire, Mitchell, è omosessuale ed assieme al suo compagno Cameron ha adottato una bambina vietnamita, Lily.
Pur senza scendere negli estremismi del padre sessantenne Jay e dei padri omosessuali Mitchell e Cameron, ma concentrandoci unicamente sulla figura di Phil, inteso come più coerente strumento di paragone rispetto ai sopracitati padri da fiction (quello dei Bradford, quello dei Robinson, quello dei Camden, quello dei Kyle, e perchè no.. quello dei Simpson) vediamo che il padre eterosessuale del 2009 (anno di inizio di Modern Family, ancora in produzione) rappresentato da Phil è comunque profondamente diverso rispetto al modello di padre del 2000 (La vita secondo Jim, Tutto in famiglia, I Finnerty), degli anni ’90 (Settimo Cielo), degli anni ’80 (I Robinson) e degli anni ’70 (I Bradford).
C’è stata dunque una notevole e costante trasformazione che ha coinvolto il ruolo del “Padre” negli ultimi quarant’anni, una metamorfosi perfettamente testimoniata e documentata dalle sit-com Americane. Phil, come rappresentante del padre dei secondi ’10 del 2000, è un uomo ingenuo, sottomesso agli ordini di una Moglie-Madre preponderante all’interno del nucleo familiare, è incapace di gestire autonomamente gli impegni della famiglia se non sotto le indicazioni della consorte, è un padre amico dei figli e facilmente da quest’ultimi raggirabile.
L’uomo-padre di oggi è la vecchia donna-madre di ieri, assolutamente dipendente dalle amorevoli cure e rigorosi ordini del partner… l’unica cosa che li distingue, è che ieri la donna sottomessa si occupava della casa e della famiglia e l’uomo lavorava, oggi la donna ha un ruolo patriarcale, lavora ma continua ad occuparsi da se della casa e dei figli.
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