Corinaldo: famiglia di Francesco Saccinto,”Turchi merita pena adeguata”
I genitori intervengono con una lettera dopo che l'investitore del giovane è tornato in libertà
Una toccante lettera nella quale si chiede con forza giustizia. La scrivono Vittorio Saccinto e Simonetta Pelliccia, genitori di Francesco Saccinto, il quattordicenne studente investito ed ucciso il 10 settembre 2013 in via degli Olmi Grandi a Corinaldo da Omar Turchi, ora trentaseienne, di professione muratore.
La famiglia della vittima – che fino ad ora si era stretta in un comprensibile riserbo – si espone con alcune righe animate “non da rabbia, ma solo dal profondo dolore e dalla speranza che la Magistratura consideri tutti gli elementi emersi fino ad ora per condannare in modo adeguato Omar Turchi, l’assassinio di nostro figlio, in modo che in futuro vi siano sempre meno drammi del genere e soprattutto che chi ne è colpevole paghi veramente“.
L’incidente probatorio che si è appena concluso ha dimostrato che Turchi (difeso dall’avvocato Francesco Missori) – tornato in libertà il 10 marzo 2014 per la decorrenza dei termini di custodia cautelare – ha investito col suo furgone Francisco Saccinto mentre questi percorreva con un ciclomotore la propria corsia di marcia, smontando dunque l’ipotesi di un concorso di colpa: secondo il consulente tecnico d’ufficio Vincenzo Giorgini, non ci fu alcuna invasione dell’opposto senso di percorrenza da parte del giovane; nell’occasione, il trentaseienne muratore corinaldese era alla guida – senza patente dal 2010 dopo un precedente ritiro nel 2008 per guida in stato di ebbrezza – con un tasso alcolemico nel corpo di 2.23 (oltre quattro volte più del consentito), è rifiutò inoltre di compiere il test antidroga.
Evaso dagli arresti domiciliari ed arrestato dai Carabinieri nel dicembre 2013 mentre stava acquistando eroina, Turchi ha trascorso gli ultimi tre mesi in carcere.
“Nessun processo e nessuna condanna penale potranno mai restituire Francesco a noi genitori, ai parenti ed ai tanti amici che non riescono a darsi pace” – continua la lettera – “ma oggi sempre più ci poniamo delle domande precise. E’ infatti emerso che Omar Turchi (prima del settembre 2013) era stato fermato due volte dalle forze dell’ordine di Fano e Corinaldo per normali controlli, esibendo in entrambi i casi una patente che non poteva essere nelle sue mani perché ritirata.
E’ giusto che chi doveva fermarlo anche in quelle occasioni non lo abbia fermato?
Perché è successo questo?
E’ giusto che chi ha ucciso nostro figlio rischi di non farsi un giorno di galera, sfruttando tutte le scappatoie che la legge gli consente?.
Guidare un camion senza patente e con un tasso alcolemico altissimo non equivale ad accettare la possibilità di cagionare un incidente stradale e la morte di chi, sventurato, gli si trova davanti? Tale condotta non andrebbe punita con una condanna vera?”.
“Ciò che ora interessa davvero ai genitori è una condanna adeguata – spiega il legale della famiglia Saccinto, Corrado Canafoglia -. A Omar Turchi è contestato l’omicidio colposo aggravato: accedendo a un rito alternativo potrebbe avere una pena tra l’anno e mezzo e i tre anni, ma in base alla legge non finire più in carcere”.
“Quello che ci troviamo ad affrontare è invece un qualcosa in più, un caso di omicidio con evidente dolo eventuale (punibile fino ad oltre venti anni), per il quale chiederemo il rinvio a giudizio – continua Canafoglia – . Non si è trattato di una episodica negligenza, perché con tutta la sua condotta Turchi nel corso degli anni ha consapevolmente accettato il rischio di fare del male ad un’altra persona, come purtroppo è successo. Stiamo verificando se già in passato egli con il suo comportamento al volante non abbia causato altri pericoli lungo le strade”.
Non si conoscono ancora le date del via al processo.
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