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Canto da un pezzo di storia

Seconda parte dell'intervista agli Arbitri Elegantiae

Arbitri Elegantiae

Dopo lo splendido spettacolo a Corinaldo intitolato “La storia del postino che cercò Babbo Natale”, è giunto il momento di pubblicare la seconda parte dell’intervista agli Arbitri Elegantiae.

Della formazione musicale senigalliese composta da Lorenzo Franceschini (voce e chitarra), Giovanni Frulla (tromba), Gabriele Ciceroni (clarinetto e fisarmonica) e Federico Messersì (basso e chitarre), avevamo già fornito ai lettori la prima parte, con la storia… della storia del postino, motivo che ha dato il titolo anche allo spettacolo di Corinaldo.

L’intervista al cantante Lorenzo Franceschini è stata realizzata da Giulia Donatiello in occasione della rassegna Righe/Righi d’autore, organizzata presso la biblioteca del Seminario vescovile di Senigallia. Buona lettura!

Giulia Donatiello: Nei tuoi testi affronti diverse tematiche. In che modo nasce una vostra canzone?
Lorenzo Franceschini: A volte da una sola frase, che mi viene in mente per caso; poi, partendo da qui, costruiamo insieme il resto. Dignità è nata così, da questa frase che mi è venuta in mente non so bene come: «se non ricordi il colore del mare il dolore che dà», per me inizialmente priva di senso; poi, partendo da qui, ho costruito il resto del testo, e, insieme a Federico, Giovanni e Gabriele, la musica. Charles Baudelaire diceva che gli autori moderni hanno brevi ispirazioni, minime, direi, e che il resto delle composizioni vengono scritte in modo artigianale, di mestiere.

G.D.: Di solito parti da qualcosa che ti ha colpito, che hai letto, un’immagine?
L.F.: Sì, e da questo punto di partenza dipende anche cosa farò e faremo del testo. A volte mi vengono in mente delle parole tenute insieme da una melodia, da cui nasce una canzone. In altri casi mi vengono solo le parole, senza melodia, e in quel caso nascono testi in prosa o in versi, senza musica.

G.D.: C’è un testo a cui sei particolarmente legato?
L.F.: In questi mesi sono molto legato a Canto da un pezzo di storia, perché parla della condizione lavorativa dei giovani della mia età.

G.D.: In questo pezzo tu scrivi, «canto da un pezzo di storia che non racconterò ai nipoti per farli sognare, che non spiegherò ai miei figli per fargli capire, ma che nasconderò per farli, tra dubbio e menzogna, continuare a sperare». Preferiresti non raccontare questo periodo storico, che vedi come privo di speranza, e lasciare i tuoi figli e i tuoi nipoti illudersi senza conoscere la verità?

L.F.: Sì, purtroppo è così. Questa canzone è nata perché, quando sento i miei nonni parlare della loro vita da giovani, della povertà che c’era durante la guerra, delle lotte partigiane, eccetera, mi commuovo. Poi però mi chiedo: che cosa racconterò io ai miei nipoti? Racconterò loro i compromessi cui scendiamo ogni giorno per poter lavorare? Gli racconterò questo? Ecco, mi sono chiesto queste cose, ed è venuta fuori la canzone. Il testo è molto triste, senza un messaggio di speranza che chiuda in bellezza il pezzo – non per cinismo, ma perché non riesco, e non riusciamo, francamente, a dire niente di ottimistico a riguardo, senza essere insinceri. Agli strumenti, e in particolare alla tromba e alla fisarmonica, abbiamo però affidato il compito di chiudere la canzone con una melodia che suggerisca una qualche speranza, una rivincita, che ancora non riusciamo a verbalizzare, ma che vogliamo esprimere con la musica.

G.D.: Hai scritto anche canzoni di argomento politico. Uno di questi è Il VI canto. Perché si chiama così?
L.F.: Questa canzone inizialmente s’intitolava A Silvio, poi, per renderne più universale il messaggio, le abbiamo cambiato il titolo. Nella Commedia di Dante, il sesto canto di ogni cantica è sempre dedicato a tematiche politiche. Dare questo titolo al pezzo mi pareva un modo interessante di nasconderne l’argomento. Ho scritto questo testo nel lontano 2001, ma purtroppo è ancora attuale.

G.D.: Secondo te è importante che i cantautori si occupino di attualità?
L.F.: Non credo sia necessario affrontare queste tematiche, però farlo può essere utile. Nell’arte siamo liberi di scrivere quello che vogliamo e chi scrive ha un mezzo con cui far passare anche dei contenuti importanti. Tutto sta nell’usare bene questo mezzo…

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