Senigallia: “C’era una volta la zona del silenzio”
Virginio Villani: "per attrarre i turisti si incoraggiano il chiasso delle folle, il rumore e lo sballo alcolico"
La Giunta Comunale di Senigallia il 27 luglio 1951 interveniva su un argomento di grande attualità, ma con una visione e una sensibilità distanti anni luce da quella odierna.
Questo il testo della delibera:
“La giunta comunale, ritenuto che l’uso smodato delle segnalazioni acustiche degli autoveicoli e dei veicoli di ogni specie è di serio pregiudizio della città e che non sempre per la intensità del traffico è possibile distinguere se la segnalazione acustica stessa è abusiva o effettuata per necessità inerenti alla circolazione ecc., ritenuta pertanto la necessità di vietare nell’ambito della zona urbana del capoluogo l’uso delle segnalazioni acustiche degli autoveicoli e veicoli di ogni specie durante il periodo stagionale 15 giugno – 15 settembre a tutela delle quieta pubblica con particolare alla tranquillità della numerosa colonia di bagnanti, con voti unanimi delibera di creare la ZONA DEL SILENZIO nell’abitato urbano di questo capoluogo consistente nel divieto delle segnalazioni acustiche dei veicoli in genere ecc.”.
L’ordinanza fu reiterata probabilmente ancora per qualche anno. Allora non c’erano isole pedonali e sensi unici e si poteva tranquillamente transitare in auto per il Corso e in tutte le stradine del centro storico. Le auto in circolazione, anche sommando quelle forse più numerose dei turisti a quelle dei residenti, non dovevano essere molte. Il ricorso al suono dei clakson però era frequente e abbastanza rumoroso e sgradevole. Il turismo di allora era molto diverso da quello attuale: era ancora prevalentemente costituito da famiglie di ceto medio-alto e dai primi turisti tedeschi; la gente cercava il riposo, i bagni di mare e sole, divertimenti sobri, passeggiate, balli serali nei pochi locali, in sostanza una vacanza rilassante dai ritmi tranquilli.
L’amministrazione comunale perciò, consapevole di questo, si preoccupava che il soggiorno non fosse disturbato da rumori inutili e comportamenti chiassosi, del resto abbastanza rari. Nessuno infatti si sognava di ubriacarsi di notte al di fuori delle osterie.
Ma nessuno si immaginava nemmeno che decenni dopo per attrarre i turisti si sarebbe dovuto incoraggiare il chiasso delle folle, il rumore assordante della musica e lo sballo alcolico. Ma siamo sicuri che non vi siano alternative più intelligenti e civili? Che sia conveniente a lungo andare rincorrere un malcostume giovanile incoraggiato con un certo cinismo per fini puramente economici ? Alla fine chi paga il conto economico e morale di tutto questo? E chi ci guadagna?
Sono decenni che invece si è guardato sempre più ad accontentare i locali portatori di voti, restringendo a questi le politiche turistiche, urbanistiche, del commercio, ecc.
Con i bei risultati che ci si ritrova ora : mi sa che è tardi per rimediare...
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