Il dramma dei suicidi e i rischi di un’informazione distorta
Intervista alla Dott.ssa Mariabianca Vasini
I dati a livello nazionale raccontano un vero e proprio bollettino di guerra: i suicidi, purtroppo, sempre più spesso riempiono pagine intere di giornali. Senigallia non è immune a questo dramma: diversi sono i casi di gesti estremi compiuti nel comune e nel suo hinterland.
Negli ultimi tempi alla parola ‘suicidio’ viene quasi sempre accostata l’attuale crisi economica che il Paese sta vivendo, ma i dati statistici ci racconterebbero una realtà differente. Parlare di ‘numeri’ quando si affronta un argomento tanto drammatico e che nasconde sempre tra le sue pieghe tragedie personali, può sembrare poco delicato, ma ci può aiutare a fare po’ di chiarezza. Innanzitutto, in base ai dati istat su suicidi e tentativi di suicidio in Italia, i casi di suicidio non registrerebbero aumenti sensibili ed i moventi principali non sarebbero di origine economica, ma affettiva o correlata ad una qualche malattia fisica.
Non solo: è altrettanto vero che terminologie come ‘epidemia di suicidi‘ o ‘impennata di suicidi‘, espressioni ultimamente molto in voga, potrebbero risultare, non solo fuorvianti, ma anche pericolose in quanto, in soggetti già disturbati, potrebbero innescare fenomeni di emulazione.
SenigalliaNotizie.it ha intervistato la Psicologa e Psicoterapeuta Mariabianca Vasini per cercare di fare un po’ di chiarezza su cosa si nasconde veramente dietro queste tragedie.
Il binomio suicidi-crisi economica è sempre più in voga nei media. I numeri però sembrerebbero dirci il contrario: in Germania, dove la situazione economica è molto meno grave, al momento, si registra un numero di suicidi più elevato. Discorsi simili anche per i Paesi Scandinavi dove notoriamente la qualità della vita è molto alta. Paradossalmente, il Paese dove ci si toglie meno la vita, è la Grecia, lo stato economicamente più disastrato dell’Europa: cosa c’è di vero quindi in questa correlazione?
Ritengo che nella mente della persona che soffre di depressione severa la paura del tracollo economico non necessariamente sia il motivo dominante: il pensiero “delirante”può nascere anche da motivi banali, ma prende sempre più forza fino a diventare condizione invivibile per la persona. Ecco perché non ritengo corretto parlare del binomio così come non sia consigliabile offrire i dettagli degli atti.
Termini come ‘“suicidal contamination” stanno entrando sempre più nel nostro vocabolario. Parlare in modo improprio di suicidi può innescare comportamenti di emulazione? Il suicida viene percepito come colui che “ha avuto il coraggio di fare un gesto estremo”, quindi viene in parte quasi ‘eroicizzato’. Quale è la sua opinione al riguardo?
Molti individui vengono suggestionati dai messaggi dei media e trovano in essi modi e motivi per incanalare il loro disagio. Stesso discorso per l’uso inappropriato del termine “depressione” , ad esempio “si suicida … soffriva da tempo di depressione …”; la depressione è una patologia che si manifesta in varie forme e solo alcune di esse si esprimono in forma severa con pensieri suicidi.
E’ possibile tracciare una sorta di identikit delle persone affette da depressione o patologie che possono sfociare in atti estremi? E se sì, esistono fasce di età più a rischio?
L’età più a rischio mi risulta essere l’età giovanile, oggi protratta a quella che un tempo era la maturità (30 anni): l’individuo deve dimostrare di essere in grado di saper affrontare e risolvere i problemi da solo, senza il supporto emotivo della rete sociale e familiare (oggi piuttosto fragile). Non sentirsi in grado di affrontare gli ostacoli reali o presunti può avere ripercussioni sulla struttura della personalità generando perdita della fiducia nelle proprie capacità, visione negativa della vita e mancanza di aspettative verso il futuro. Questi meccanismi costituiscono la premessa psicologica alla formazione di un proponimento suicida.
Quali sono i meccanismi nella mente umana che possono portare ad una scelta così drammatica? Esistono dei segni premonitori che possono farci capire il rischio concreto di un suicidio?
Purtroppo cogliere i segnali premonitori non è facile: spesso l’isolamento psicologico e l’introversione dell’individuo depresso gli impediscono di chiedere aiuto per tempo. Fondamentale è il ruolo della famiglia e il supporto sociale degli attori che ruotano attorno alla persona che vive il disagio: l’ascolto partecipato e l’attenzione data alla persona permette di cogliere l’acutizzarsi dell’isolamento e divenire interlocutori.
Qual è il comportamento da tenere quando si intuisce che una persona che ci è vicina sta sprofondando in una qualche patologia mentale che potrebbe sfociare nel suicidio?
Solo l’intervento terapeutico mirato e integrato può aiutare l’individuo ad “uscire dal tunnel”… è importante chiedere un aiuto psichiatrico e psicologico che offra sostegno all’interessato e alla sua famiglia. Il compito di chi si avvicina a questo disagio è quello di far riemergere quella piccola parte dell’individuo sofferente che prova ad affrontare la vita accompagnato da chi lo ama.
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