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Il MSFT di Senigallia dice la sua sull’eutanasia

De Amicis: "L'eutanasia è un omicidio? E il paziente che chiede l'eutanasia è un suicida?"

Eutanasia

Nelle prossime ore l’UAAR di Senigallia in presenza di Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby raccoglierà le firme per una proposta di legge d’iniziativa popolare sul rifiuto dei trattamenti sanitari e la liceità dell’eutanasia.

Sicuramente l’eutanasia dal punto di vista sociale, politico e giuridico è uno dei problemi morali più delicati di oggi, ossia della liceità di facilitare o provocare, con un apposito intervento, la morte di un paziente eventualmente consenziente o richiedente, le cui condizioni fisiche siano disperate, soprattutto se il paziente stesso soffre oltre ogni limite di sopportazione o in casi nei quali da molto tempo viva di una vita semplicemente vegetativa, in uno stato di incoscienza, sostenuto da un’assistenza esterna, ma tale da prolungare solo lo stato vegetativo. Tale intervento nel parere di una sana etica medica, appare illecito e contrario al fine stesso della professione medica, finalizzata ad incrementare la vita e non a procurare la morte.

Diversa, anche se apparentemente simile, è l’interruzione di un sostentamento tecnico-farmacologico della vita, quando le cure potrebbero essere allungate ma senza efficacia, mentre la vita del paziente è certamente prossima e spegnersi, non vi sono più possibilità di ripresa ed eventualmente gli analgesici non sono sufficienti a lenire le sofferenze del malato. Si ritiene che in questo caso la continuazione della cura costituirebbe un inutile per non dire crudele “accanimento terapeutico” e quindi non sarebbe una vera cura, atteso che questa ha senso quando vi sono possibilità o speranza di guarigione o quanto meno di diminuzione della patologia. Una misura di questo tipo appare invece del tutto lecita ed anzi saggia ed umanitaria, supponendo, se la cosa è possibile, il consenso del malato.

La perfezione degli attuali strumenti tecnici per sostenere una vita agli estremi ed irreversibilmente compromessa è oggi talmente alta, che tali strumenti sono in grado di stimolare per lungo tempo le attività neurovegetative fondamentali fin quasi al punto da provocarle quasi in modo meccanico, sicché in fin dei conti il paziente è più tenuto in vita dalla presenza di questi strumenti che non dal principio stesso naturale interno ed autonomo di dette attività vitali.

La vita in questi casi appare più l’effetto di azioni meccaniche che non dell’anima stessa del paziente. Per questo, alcuni arrivano al punto di ritenere che i moti del paziente non siano più vere azioni vitali, tanto è vero che la sospensione della stimolazione porterebbe immediatamente alla morte, in modo simile quello per il quale il cessare di muovere un corpo inanimato comporta subito la cessazione del moto di questo corpo: segno appunto, a detta di costoro, che il supposto “vivente” è invece ormai un corpo morto. Nutrirei più di una perplessità su questo ragionamento. Cerchiamo di approfondire il discorso.

Come già osservava Aristotele e successivamente ha spiegato S.Tommaso d’Aquino, compito essenziale dell’arte medica non è quello di causare la vita del vivente, così come una spinta meccanica causa il moto di un corpo, ma di aiutarla in quanto già esistente affinché essa possa riprendersi e realizzarsi per conto proprio nella normalità, in modo tale che egli stesso, aiutato dall’intervento del medico, riacquisti salute e forze. Se il malato non ha speranza di guarire, compito del medico è comunque di fare tutto il possibile affinché almeno quel livello di vitalità possa essere conservato. L’attività vitale, pertanto, fino alle sue ultime e più deboli risorse, non è mai assimilabile a quella di un corpo inanimato che può esser mosso solo dal di fuori. Caratteristica invece del vivente, come osservano Platone ed Aristotele, è quella di muovere se stesso dall’interno (la cosiddetta azione immanente) grazie all’energia dell’anima. Anzi la filosofia pone l’esistenza dell’anima proprio per spiegare questo automovimento del vivente, che non è presente nei corpi inanimati. Se nel vivente le condizioni fisiche e vegetative in certe circostanze sfavorevoli vengono ad essere talmente compromesse e deteriorate, da non permettere più all’anima di animare il corpo, l’anima perde totalmente il dominio del corpo, non ha più la forza di animarlo e quindi cessa di farlo: questa è la morte.

Da un punto di vista della fede cattolica, l’anima continua a sussistere anche dopo la morte, benché separata dal proprio corpo, il quale, ormai nello stato di cadavere, perde gradatamente la sua apparenza umana iniziando un processo di decomposizione per il quale gli elementi chimici che in precedenza erano organizzati e coordinati dall’anima stessa per formare il corpo vivo, adesso si separano gli uni dagli altri ed attuano ognuno il proprio dinamismo e le proprie leggi a prescindere dalla loro funzione precedentemente svolta nel corpo vivente.

Il problema della liceità morale dell’eutanasia sorge in considerazione del dovere del medico di restaurare e ripotenziare o quanto meno proteggere e mantenere in essere la vita e la salute e non di indebolirla, sopprimerla o intralciarla. Si ripropone allora la questione in questi termini semplici: l’eutanasia è un omicidio? E il paziente che chiede l’eutanasia è un suicida? La deontologia medica permette la pratica dell’eutanasia? Facciamo un passo indietro, in base a quanto detto sopra. Ci poniamo anche questa domanda: l’eutanasia è una vera soppressione della vita o è un lasciare che la vita si spenga naturalmente cedendo ai fattori di morte che agiscono nel paziente ormai irreversibilmente, utilizzando eventualmente espedienti tecnico-farmacologici atti a rendere tale processo degenerativo il meno doloroso e traumatico possibile? Il medico può lecitamente togliere la vita ad un malato che non sopporta più la propria malattia? Abbiamo già abbozzato sopra la risposta, ma torniamo ad esaminare la questione nella speranza di fare maggiore chiarezza.

La questione dell’eutanasia è oggi diventata per così dire esplosiva a causa di due mutamenti avvenuti di recente nella nostra società: primo, è divenuta molto rara nella gente la tradizionale concezione della sofferenza, della vita e della morte: la sofferenza è vissuta come una mera sventura, dalla quale occorre solo liberarsi; la vita non è più vista come un prezioso dono da conservare nonostante le disgrazie e le sofferenze, ma come un bene che se si trasforma in un peso eccessivo, è meglio rifiutare. La morte, a causa della diffusione dell’edonismo, del materialismo e dell’ateismo, che non credono nella superiorità dello spirito sulla materia, nell’immortalità dell’anima e in una vita dopo la morte, viene vista semplicemente come l’annullamento o la perdita definitivi della vita, per cui, essendo la vita presente l’unica vita che esiste, questa vita va goduta a più non posso senza tener alcun conto di un al di là o di leggi divine, visto che Dio non esiste, ma nel modo che meglio ci piace, rifiutando questa vita quando più non ci aggrada o diventa inaccettabile, così come faremmo con un cibo che si rivela disgustoso al palato. A causa di queste idee si è persa la forza di sopportare la sofferenza e pensare che un tempo non esistevano neppure gli analgesici e gli antidolorifici che esistono oggi.

Il secondo fatto è la presenza oggi di strumentazioni mediche e farmaci atti a prolungare per moltissimo tempo una vita meramente vegetativa della persona, come certi stati comatosi. Stante la concezione materialistica della vita di cui sopra, molti allora si chiedono che senso ha una vita di quel genere, considerando anche il fatto dell’enorme impegno economico-assistenziale che essa richiede. Mancando un minimo di Fede, è comprensibile che ci si domandi se non è meglio cessare di alimentare una vita del genere, che è considerata non-vita, ma già una morte di fatto. La Chiesa cattolica, oggi insistentemente esorta soprattutto noi cattolici, ma anche tutti gli uomini di buona volontà, ad evitare la pratica dell’eutanasia, per quanto essa possa apparire motivata da scopi umanitari e da pietà per il paziente, quando non si invoca una falsa libertà di togliersi la vita.

Crediamo che occorra rieducare al senso cristiano della vita, della morte e della sofferenza. Troppo poco si parla di questi argomenti nel modo giusto, anche negli ambienti cattolici, a volte inquinati da spirito pagano-progressista. Nel contempo può essere utile, nel dialogo con i non-credenti, rivisitare quanto la stessa cultura classica ci ha lasciato su questi temi decisivi della nostra esistenza. Pensiamo solo a un Socrate, a un Platone, a un Seneca, a un Catone, a un Cicerone, a un Marco Aurelio, per citare solo alcuni nomi. Dato che si tratta di un problema universalmente umano, è urgente adoperarsi a che l’eutanasia, nel senso di una vera e propria intenzionale soppressione della vita, quale che sia il motivo addotto, venga proscritta non solo nella condotta morale, ma anche dalla legislazione civile, certo non in nome di una posizione confessionale, ma della stessa dignità della vita umana sacra ed inviolabile ridando forza, vigore e speranza ad un’umanità che sembra arrendersi davanti al potere della morte.

Commenti
Ci sono 17 commenti
Ñáñolo 2013-05-14 09:16:36
L'eutanasia? Una barbarie.
Molto meglio e molto più umano morire tra i rantoli, con i parenti che di nascosto allungano cento euro all'infermiere di turno, affinché stacchi la spina.
Vero, De Amicis?
Lello 2013-05-14 10:49:36
Dignità sacra ed inviolabile della vita vuol dire anche che chi considera la semplice sopravvivenza in un letto (aspettando una morte certa) una vita indegna di essere vissuta ha diritto a farla finita. Visto che si cita l'Aquinate bisognerebbe sapere che egli parla di natura umana come razionale, e a quel punto cosa altro se non la ragione è quella che si fa metro di decidere su se stessi e sulla propria dignità? I grandi del pensiero rimangono tali se e solo se si ragiona su di essi integrandoli con la modernità che essi non potevano conoscere; se si ripetono a pappagallo come se fossimo ancora nel 1200 li si umilia e basta. Aggiungo anche che il principio formale è introdotto per spiegare l'entelechia oltre che il moto interno, e quando l'organismo passa dal suo stato di massima perfezione al calo fisico fino alla morte irreversibile, è proprio la ragione (facoltà tipica della forma umana) a decidere sul corpo, altrimenti avremmo la contraddizione che la forma non ha alcun valore sulla materia (mentre il principio formale è quello che ha supremazia nel sinolo, visto che esso orienta quello materiale). Peraltro, l'Aquinate considera il feto una forma vitale ancora non umana in quanto non razionale, per cui anche un coma vegetativo irreversibile può essere assimilato a questa condizione. Se si parla dei grandi della filosofia bisogna conoscerli bene e dunque attualizzarli mantenedone fermi i concetti fondamentali più che riprendere qualche frase qua e là a mo' di pensierino, cosa che torna utile solo alle proprie apologie.
Lello 2013-05-14 11:07:46
Preciso che ho sbagliato per velocità a scrivere 'morte irreversibile', che è lapalissiano. Intendevo fino a uno stato che porti irreversibilmente alla morte. Tommaso non conosceva la neurofisiologia (conosceva solo quella di Galeno che per allora era ottimo, ma per allora...) e avrebbe pensato che non si può eutanasizzarsi perchè ci si può sempre salvare, ma oggi la scienza ci insegna che in determinate situazioni le possibilità di reversione sono pressochè nulle, e dunque perchè non lasciare che l'uomo, unico ente razionale (così dice il tomismo...), possa decidere come gestire situazioni del genere?
Franco Giannini
Franco Giannini 2013-05-14 12:32:54
Riccardo, ti riconosco il buon lavoro di studio e ricerca che hai fatto. Parti da Aristotile, Sant'Agostino, Platone, la Chiesa, la filosofia, tutta materia che purtroppo io non ti posso nè confermare nè contestare, perchè la mia cultura ed il mio credo non me lo permette. Solo ti chiedo, ma se nel mio pieno possesso delle mie facoltà mentali decido che "se in caso di..." non voglio più campare, almeno per una volta nella mia vita, perchè questo non mi dovrebbe essere permesso, concesso? Chi lo decide? La legge Divina in cui non creo? La legge statale in cui credo ancor meno? Perchè lo dicono i teologi o i politici. Io sono stanco, avendo vissuto a contatto per diversi anni, in ambienti dove anziani divenuti vegetali, continuano e continuavano falsamente ad essere chiamati "Risorse". Ebbene io ad essere una "risorsa" di quel tipo, non voglio esserla...sarò libero di pensarla, DEMOCRATICAMENTE, così!! come del resto riconosco che tu sei libero di fare la tua scelta... ma che deve restare, DEMOCRATICAMENTE, una tua scelta. Eppoi guarda che alla fine chi ci guadagnarebbe in tutto questo sarebbe si l'individuo che ha fatto questa scelta, ma anche economicamente l'intera società. Ma forse questa ultima frase ti potrà risultare irrispettosa, certamente non di natura filosofica, ma sicuramente concreta è sincera.
Riccardo De Amicis 2013-05-14 13:21:25
Caro Franco, non condivido assolutamente. A volere l'eutanasia infatti sono all'estero le assicurazioni private, uno dei più potenti motori finanziari. Da noi l'INPS: gli economisti previdenziali già lamentano: un tempo, un pensionato viveva cinque anni dopo il termine del lavoro e poi moriva, con gran sollievo della casse. Oggi, il pensionato sopravvive vent'anni o di più. L'esborso è eccessivo, la situazione va corretta. E siccome non sono né liberale, né liberista in quanto una società non può essere gestita come un'azienda, credo che il medico dovrebbe fare un ultimo gesto terapeutico, invitare il morente ad abbandonare i pesi che possono gravarlo nel giudizio: gli odii, le invidie, a chiedere e dare perdono. A rinunciare una volta per tutte, anche al corpo. La legalizzazione dell'eutanasia mira a sottrarci l'ultima occasione spirituale. E mira a rendere la morte accelerata una procedura normale.
Franco Giannini
Franco Giannini 2013-05-14 13:52:05
La scia perdere il liberale liberista, lasciamo stare il fattore politico economico. Per una volta guardiamo solo quello esclusivamente umano. Tu riporti un pensiero dei burocrati INPS "Oggi, il pensionato sopravvive vent'anni o di più"... sopravvive... ed io non voglio sopravvivere... ma voglio vivere dignitosamente la vita. Non parlo di quella economicamente parlando (certo che anche questo è un fattore importante!!), ma in fatto di "Dignità". E quando la facoltà mentale, quella degli arti, ti abbandonano, anche la dignità va a farsi benedire. Diventi solo un tubo digerente, i dolori affligono una massa di carne, pelle ed ossa, la senilità distrugge il cervello e diventi un peso sia per la società che per la famiglia!!! ed allora la scelta, bada bene almeno per me, voglio essere libero di prendermela come e quando voglio, è questa sarebbe anche una forma di LIBERTA'!
Francesco Mallucci 2013-05-14 14:20:50
il Sign. De Amicis probabilmente non si è mai trovato a dover gestire un glasgow 6 o inferiore. Non lo auguro a nessuno, spero solo possano capire senza viverlo mai in prima persona
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-14 15:13:48
@Riccardo, i "cristiani cattolici" divorziano. I "cristiani cattolici" praticano e si avvalgono delle IVG. I "cristiani cattolici" commettono adulterio. I "cristiani cattolici" bestemmiano più dei non-credenti. I "cristiani cattolici" usano gli anticoncezionali. I "cristiani cattolici" sono omosessuali. I "cristiani cattolici" dicono falsa testimonianza. I "cristiani cattolici" si avvalgono della fecondazione assistita, anche eterologa. Due o tre "cristiani cattolici" ongi mese (!), vanno in Svizzera per il suicidio assistito. Ti invito quindi a non tirare dentro la religione in queste tue riflessioni. I "cristiani cattolici" si ricordano di essere tali, e di dover far valere la loro dottrina religiosa, solo quando si tratta di mettersi di traverso nel riconoscimento dei Diritti, a chi "cristiano cattolico" non lo è. Esiste un rispetto reciproco che occorre mettere al centro, quando individui diversi, con idee ed opinioni diverse, devono convivere e coesistere. Dunque da non-credente faccio la mia parte. Rispetto chi per via della sua religione, delle sue idee o delle sue opinioni, non vuole avvalersi dell'eutanasia, non vuole interrompre una gravidanza, non vuole divorziare nonostante subisca violenze domestiche, non vuole usare preservativi e pillole anticoncezionali, ecc, ecc. Adesso è tempo che i "cristiani cattolici", quelli "adulti e maturi", facciano la loro di parte. Rispettino chi vuole avvalersi dell'eutanasia, chi vuole interrompre una gravidanza, chi vuole divorziare, chi vuole usare preservativi e pillole anticoncezionali, e via dicendo. Chi nei palazzi delle Istituzioni lavora a tempo determinato, ed è chiamato a rappresentare i cittadini, sia coloro che la pensano in un modo, che coloro che la pensano in un'altro, HA IL DOVERE di riconoscerli TUTTI, nei loro Diritti, nelle loro idee ed opinioni specifiche, e nel loro rispettivo credo. Penso che sia semplice da capire, no? Una rappresentanza politica di una maggioranza di individui che legiferasse CONTRO una minoranza di cittadini, sarebbe dispotismo e dittatura. Questo è assodato ed ha riempito i libri di Storia. Ma una rappresentanza politica che sistematicamente ignorasse o si mettesse puntualmente di traverso al riconoscimento delle istanze e dei Diritti di una minoranza di cittadini, pensi che sarebbe tanto meglio? Io non penso...Ed i commentatori che hanno preceduto il mio intervento, lo dimostrano.
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-14 15:21:32
Dimenticavo una considerazione piuttosto semplice. In Italia l'Eutanasia "clandestina", ovvero l'eutanasia praticata da medici ed operatori sanitari in modo occulto, esiste ed è una realtà più che documentata. Attraverso questa legge, si regolamenterebbe il fenomeno, e si permetterebbe al medico (o chi per lui), non di comportarsi da medico, ma di comportarsi da "essere umano", rispettando il volere di un altro "essere umano" suo paziente e la sua dignità, che quando è stata scritta la Costituzione italiana, qualcuno ha pensato bene di richiamarla e sottolinearla nell'Art. 32.
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-14 15:34:57
Nessun "gruppo" e' autorizzato a dire ad un adulto che per il SUO bene non puo' fare della SUA vita quel che sceglie di farne. Ogni individuo e' la persona maggiormente interessata al proprio benessere, come è giusto e dovvio che sia. L'interesse che qualsiasi altro individuo puo' avervi e' minimo in confronto al suo. Ogni essere umano ha mezzi per conoscere profondamente i propri sentimenti, incommensurabilmente migliori di quelli di cui puo' disporre chiunque altro. Esiste il diritto ad esortare, a disapprovare, a provare sentimenti negativi rispetto al comportamento della persona che fa le sue libere scelte, ma nessuno può costringerla a fare cio' che e' per NOI il SUO bene. In sostanza, nessuno può impedire a una persona capace di intendere e di volere di porre fine alla propria vita, quando questa sia ritenuta non più meritevole di essere protratta. Nessuno può sindacare intorno a questa scelta, che si giustifica per il semplice fatto di essere maturata liberamente dal soggetto che chiede la morte. Per intendersi, il non riconoscere questi Diritti o il frapporsi da parte delle Istituzioni, o da parte dei singoli individui ideologicamente orientati, tra una persona ed il suo voler avvalersi dell'eutanasia, genera fatti come il suicidio del Maestro Mario Monicelli, che ha ben deciso di porre fine alla sua vita a suo modo, saltando fuori da una finestra al 6° piano del nosocomio dove era ricoverato. Non è che il non riconoscere ed in non regolamentare l'eutanasia, fà "magicamente" diminuire (o aumentare!) i suicidi, sai? Quelli purtroppo ci sono sempre stati, e sempre ci saranno. Alla società spetta solo il dovere di riconoscere alle persone, dei modi più "dignitosi" per concludere la propria vita. Lo stesso Socrate, se non ricordo male, si è avvalso del suicidio...E lo ha fatto per insegnare "qualcosa". Facciamo tesoro di quel suo antico insegnamento.
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-14 15:41:50
Occorre inoltre tenere conto che alcune patologie comportano un iter prevedibile caratterizzato da sofferenze insopportabili che si accompagnano ad una progressiva umiliazione dell'uomo, incapace di dominarsi, di badare a se stesso, di manterenere un contegno dignitoso. Per sottrarsi a questo insopportabile stato di cose, il paziente deve essere assecondato qualora chieda un intervento letale.
Perchè un individuo dovrebbe soffrire per forza ed inutilmente, dal momento che l'epilogo di alcune patologie è risaputo e scontato e porta alla morte? Puoi forse biasimare una persona che chiede per se stesso, di non voler soffrire inutilmente, ed a volte di non voler far soffrire anche chi gli sta intorno, come i suoi familiari o i suoi cari? Di tutte le esperienze umane, quella del soffrire è senz'altro la più temuta da chiunque. Anche se alcuni ritengono che soffrire abbia un qualche valore (!), a mio giudizio stare male non serve a nessuno e anzi provoca soltanto fastidi a me ed a chi mi vuole bene. Quando sfuggire alla sofferenza non è più possibile, l'unica cosa che rimane da fare è sfuggire alla vita.
Lorenzo Pesarini 2013-05-14 16:59:17
Volevo fare i complimenti al Sig. De Amicis perchè ogni volta che lo leggo, noto che riesce ad alzare l'asticella culturale rispetto alla media. E poi riesce quasi sempre in maniera naturale ad argomentare le proprie tesi e allo stesso tempo (almeno a me) ad instaurare delle riflessioni. Credo che sia questo il piano con cui debbano rimanere i confronti senza scadere nel personale o del io contro te. Però adesso mi chiedo, che cosa ci fa Marcello Liverani in questo partito che non sa distinguere Scalfaro da Scalfari?
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-14 18:26:59
Secondo me è difficile che si instauri un "io contro di te", quando si parla di Eutanasia, o di riconoscimento di un Diritto individuale. Ciò perchè è insostenibile dire che il riconoscimento di un Diritto ad una persona, sia "contro" qualcun'altro. Ad ogni modo, Terri Schiavo negli USA era in stato vegetativo permanente dal 1990. Eluana englaro ebbe il suo incidente stradale nel 1992 e vennero riconosciute le sue volontà solo nel 2009, dopo oltre 17 anni (!). Nel 1998 il caso di Elena Moroni...Poi quello di Piergiorgio Welby nel 2006, e quello di Giovanni Nuvoli nel 2007, che morirono dopo atroci sofferenze ed appelli disperati. Siamo nel 2013, ed ancora c'è bisogno di fare "riflessioni" o "dibattere" ulteriormente sulle questione del "fine-vita" (eutanasia, Testamento Biologico, suicidio assistito, ecc, ecc)??? Discutiamo pure, ci mancherebbe. Ma stando alle statistiche, gli italiani su queste questioni hanno le idee ben chiare, e sono anni luce più avanti rispetto a chi vorrebbe rappresentarli politicamente o religiosamente. Eventualmente sarebbero queste le questioni su cui riflettere o dibattere...Non l'esistenza o meno dell'anima prima o dopo la morte, lo spirito pagano-pagano progressista a cui eventualmente si contrapporrebbe lo spirito catto-conservatore, l'ateismo contro il cattolicismo, Platone-Seneca-S.Tommaso, o altre stronzatine (passatemi il francesismo!) indimostrate ed indimostrabili da filosofi-smanettoni con la fissa della retorica, della propria etica personale o della propria morale da indottrinati. Perchè qui il problema è uno solo...Mentre si riflette, si discute e si argomenta, in giro c'è un sacco di gente che chiede che vengano rispettati i loro Diritti e le loro volontà di uomini liberi, che sono già presenti nella nostra carta costituzionale. Che vogliamo fare, rimanere a chiacchierare qui, come se fossimo al "bar dello sport" sotto casa, oppure armarci tutti di penna e documento di identità, e raggiungere il primo tavolino di raccolta firme, per una legge sul "Rifiuto dei trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia"???
pie 2013-05-14 22:26:26
Io invece volevo fare i miei complimenti a PAUL MANONI, che ha espresso,con le sue parole quello che la maggior parte delle persone pensa!! Lavoro da 36 anni in un ospedale e credetemi la sofferenza ha un limite!! L'accanimento terapeutico non ha senso!!
Anna Bellucci 2013-05-15 13:57:10
Questi temi dovrebbero essere lasciati fuori dalla politica, perchè la politica non può decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato. La scelta dovrebbe essere lasciata alla persona in perfetta democrazia. Non esistono discorsi a difesa del si o del no, esiste democraticamente la propria volontà, e su questo nessuno dovrebbe cercare di metterci mano, ancor più se con scopi destinati a raccogliere voti. Uno stato serio dovrebbe si fare una legge, ma che riguardi solamente l'obbligo, una volta raggiunta la maggiore età, ad andare all'anagrafe per riempire un modulo con le proprie volontà, si creerebbe così una anagrafe testamentale dove ogni persona, in possesso delle sue facoltà, lascia detto come comportarsi nei casi limiti. Questa è l'unica via percorribile, lasciamo perdere Platone e Aristotele e cerchiamo di calarci nella realtà della vita. Frasi come "rieducare al senso cristiano della vita, della morte e della sofferenza" sono sicuramente belle e ad effetto, ma non servono a nulla.
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-16 03:24:03
@Anna Bellucci, la proposta di legge di cui stiamo parlando e per la quale stiamo raccogliendo le firme, è composta da 4 articoli brevi, sintetici e ben articolati, scritti da giuristi, medici e costituzionalisti, che agli articoli n° 1 e n° 2, fissano proprio ciò che hai appena detto, e che a tuo avviso dovrebbe fare lo Stato con una legge. Salvo ovviamente che questa legge, non è lo Stato a farla (per interesse o per i motivi più diversi che possiamo intuire!), ma siamo noi, cittadini sottoscrittori a presentarla al vaglio del Parlamento. Grazie quindi per le belle parole di supporto.
Anna Bellucci 2013-05-24 16:22:58
Nessun ringraziamento Paul, penso che qualsiasi persona intelligente che sappia ragionare senza seguire le ideologie che strumentalizzano tutto può essere d'accordo con il pensiero che ho scritto. Pensiero semplice e onesto. Conoscendolo bene so che quanto da me scritto è pienamente condiviso da Marcello Liverani, ne abbiamo parlato diverse volte e l'identità di veduta è la stessa...l'articolista invece viaggia su altre strade...
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