Senigallia, Liverani interviene su Stalking e Femminicidio
Il segretario MSFT: "Italia fanalino di coda in Europa con le leggi, i trattati e le convenzioni"
Se ne parla, ma sempre meno di quello che servirebbe. Intimidazioni, minacce, molestie, lesioni personali, aggressioni: tutto questo è stalking, e spesso il passo dopo è il femminicidio, ossia l’omicidio in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi relativi alla sua identità di genere.
Reati entrambi punibili dalla legge, ma ancora sottovalutati dalle Forze dell’Ordine e dalla Giustizia italiana che, a volte, si muove lentamente non aiutando in questo modo la donna che denuncia o che non denuncia per paura di ritorsioni da parte dell’uomo.
Lo stalking è entrato a far parte del nostro ordinamento con la legge 38 del 2009 che ha introdotto all’art. 612 bis il reato di ‘atti persecutori’, espressione con cui si è tradotto il termine di origine anglosassone “to stalk” che fa riferimento alle condotte persecutorie e di interferenza nella vita privata di una persona.
Fra le misure a sostegno delle vittime è previsto che le Forze dell’Ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia del reato di atti persecutori hanno l’obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai “Centri Antiviolenza” presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima.
Tutto parte da lì, dalla necessità che la vittima segnali l’accaduto alle Forze dell’Ordine per potersi garantire informazioni sulle possibilità di ottenere assistenza psicologica, consulenza pratica e legale, risarcimento da parte dell’autore del reato e dallo Stato e di conoscere sotto sua richiesta i risultati delle investigazioni concluse.
L’85% delle vittime sono donne. A dirlo sono i dati forniti dalle Forze dell’Ordine. Perché se le donne oggi sono determinate, forti, emancipate, in molti casi continuano a subire, restano subalterne. Le molestie possono essere scatenate dalle motivazioni più varie: da rapporti sentimentali che finiscono o che non sono mai nati, da uomini rifiutati o abbandonati, da gelosie stupide, da uomini che pensano di essere “superiori” alla donna, da chi sul luogo di lavoro esercita una pressione psicologica sui propri sottoposti utilizzando l’arma del ricatto (pena il licenziamento) per ottenere ‘concessioni’.
La legge sullo stalking c’è, ma così com’è non tutela fino in fondo le vittime. Molte donne hanno paura di restare imprigionate in una pericolosa spirale e non sporgono denuncia. Come dar loro torto? Denunciano quelle donne che hanno un supporto, un aiuto valido, anche economico, qualcuno che le guidi e le rassicuri. Manca un’adeguata rete di protezione che coinvolga Forze dell’Ordine, Magistratura e responsabili dei presidi sociali e sanitari a supportarle.
Queste lacune, in alcuni casi, rischiano di vanificare gli obiettivi della legge sullo stalking.
Le donne si ritrovano spesso sole ed impreparate ad affrontare un problema così complesso. Molte non sanno che prima di sporgere denuncia, e avviare un iter penale (molto importante), possono ricorrere all’ammonimento che è un provvedimento amministrativo di cui si fa richiesta al questore.
Il persecutore viene diffidato oralmente (nei casi meno gravi), ma al contempo viene redatto un verbale, dal compimento di nuovi atti persecutori e solo se in seguito mette in atto ancora abusi viene perseguito d’ufficio. Spesso le donne non sanno che per supportare adeguatamente la propria testimonianza è opportuno raccogliere le prove (sms, foto, email, registrazioni, elenco telefonate) delle molestie subite.
Dopo lo stalking spesso si arriva al femminicidio: la donna che prima era stata importunata da un uomo, finisce con l’essere uccisa dallo stesso in quanto non fermato in tempo dalla giustizia. L’Onu ha più volte richiamato il governo Italiano: “In Italia è un problema grave, risolverlo è un obbligo internazionale, è un crimine di Stato e come tale va perseguito“.
Fortunatamente la violenza in Italia entra a pieno titolo sotto la lente dei diritti umani. Sempre l’Onu, tramite la commissione competente, ci dice che: “Il femminicidio è l’estrema conseguenza delle forme di violenza esistenti contro le donne”. E ancora: “Queste morti non sono isolati incidenti che arrivano in maniera inaspettata e immediata, ma sono l’ultimo efferato atto di violenza che pone fine a una serie di violenze continuative nel tempo e iniziate con lo stalking”.
Prevenzione, protezione delle vittime e punizione dei colpevoli sono i ritardi dell’Italia. Una violazione dei dritti umani? Di fatto, con regole poco chiare, “consente” di giungere a esplosioni di violenza che, come stiamo vedendo in questi mesi specialmente, culminano con l’uccisione di donne per il solo fatto di essere donne. L’Italia ad aprile avrebbe dovuto firmare e ratificare la Convenzione di Istanbul per la prevenzione della violenza, la protezione delle vittime e la condanna dei colpevoli, ma non l’ha fatto.
I numeri ormai li conosciamo: una donna su tre, in una età compresa tra i 16 e i 70, è stata vittima di violenza. il 35% delle vittime non presenta denuncia. 63 le donne uccise da gennaio a giugno di quest’anno. Il 13% aveva chiesto aiuto per stalking. E’ un vero e proprio richiamo quello che il Consiglio per i diritti umani fa al governo italiano sollecitandolo a mettere il problema della violenza sulle donne all’ordine del giorno della politica nazionale. L’allarme che lancia non lascia dubbi: “La violenza contro le donne rimane un problema significativo in Italia”.
Morale della favola, il problema è serio e decisamente importante, alle elezioni nazionali mancano più o meno tre mesi, tra le primarie barzelletta di alcuni partiti, tra tutti i chiacchiericci più o meno politici per “acchiappare” la “poltrona salva benefit” e tra i “ritorni” di qualche “dinosauro” c’è stato forse qualche partito “big” che nel suo programma ha menzionato anche questa problematica? Ovviamente no!
Fino ad oggi solo il Movimento Sociale Fiamma Tricolore cerca di porre all’attenzione dei nostri governanti questo tema, considerando anche che proprio l’Onu ci ha bacchettato più volte, ma per i nostri politici è sicuramente più importante fare le primarie anche per le liste elettorali piuttosto che cercare di risolvere un problema serio e di civiltà!
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