Senigallia, Arena Gabbiano 2012: giovedì 23 in sala c’è Ivan Cotroneo
Intervista al regista de "La kryptonite nella borsa" che introdurrà il film e incontrerà gli spettatori
Grazie alla collaborazione tra Cinema Gabbiano e Indigo Film, giovedì 23 agosto 2012, alle ore 21:30 a Senigallia, verrà proposto l’ultimo lavoro di Ivan Cotroneo “La Kryptonite nella borsa” e per l’occasione il regista sarà presente in sala per un’introduzione al film e dibattito con gli spettatori.
Con un cast d’eccezione, tra cui Valeria Golino, Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi, il film è ambientato a Napoli, nel 1973. Peppino Sansone ha 9 anni, una famiglia affollata e piuttosto scombinata e un cugino più grande, Gennaro, che si crede Superman. Le giornate di Peppino si dividono tra il mondo folle e colorato dei giovani zii Titina e Salvatore fatto di balli di piazza, feste negli scantinati, collettivi femminili e la sua casa dove la mamma si è chiusa in un silenzio incomprensibile e il padre cerca di distrarlo regalandogli pulcini da trattare come animali da compagnia. Quando però Gennaro muore, la fantasia di Peppino riscrive la realtà e lo riporta in vita, come se il cugino fosse effettivamente il supereroe che diceva di essere. Ed è grazie a questo amico immaginario, a questo superman napoletano dai poteri traballanti, che Peppino riesce ad affrontare le vicissitudini della sua famiglia e ad accostarsi al mondo degli adulti.
Ivan Cotroneo, Nato a Napoli nel 1968, si è diplomato in sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Tra le sceneggiature cinematografiche a cui ha collaborato ricordiamo Mine vaganti di Ferzan Ozpetek per cui ha ricevuto il Globo d’Oro, Io sono l’amore di Luca Guadagnino, La prima linea di Renato De Maria e L’uomo che ama di Maria Sole Tognazzi. Autore e sceneggiatore televisivo, ha ideato la fortunata serie Tutti pazzi per amore. Ha pubblicato per Bompiani quattro romanzi: Il re del mondo (2003); Cronaca di un disamore (2005); La kryptonite nella borsa (2007); Un bacio (2011). E’ il traduttore per l’Italia delle opere di Hanif Kureishi e Michael Cunningham.
Ecco una breve intervista ad Ivan Cotroneo:
Come hai scelto e vissuto il passaggio dall’esperienza della scrittura alla regia?
Nella mia vita ho scritto tanto, ma non sono mai stato molto lontano dai set. Subito dopo essermi diplomato in sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia, ho cominciato a lavorare come assistente alla regia. Negli anni in cui mi sono dedicato alla scrittura ho frequentato i set dei film che avevo scritto ogni volta che il regista richiedeva la mia presenza – e a volte anche quando non la richiedeva. Ma non ho mai preso in considerazione l’idea di assumermi la responsabilità di una regia fino a quando Nicola Giuliano e Francesca Cima non hanno scelto di lavorare alla trasposizione cinematografica del mio romanzo La kryptonite nella borsa. Dalle riunioni con loro, mentre discutevamo di come portare il romanzo sullo schermo, si è fatta avanti l’ipotesi della mia regia. Da qui è cominciata una lunga avventura fatta di scrittura, di preparazione, di costruzione della troupe e del cast che mi ha travolto totalmente. Un’avventura in cui non sono stato mai solo. Ho discusso e argomentato con i miei produttori tutte le mie scelte, ho avuto la fortuna di lavorare con una troupe non solo preparatissima ma che credeva in quello che stavamo facendo, e con un cast di attori che era coinvolto in tutti i momenti della realizzazione, anche quando non era in scena. Ho vissuto quest’esperienza come un’avventura collettiva, in cui mi veniva molto più facile dire ‘noi abbiamo deciso di fare’, ‘noi stiamo facendo’, piuttosto di ‘ho deciso che’.
Come hai lavorato alla sceneggiatura partendo dal romanzo che avevi scritto?
Quando mi è stata affidata la regia, ho immediatamente pensato che non volevo essere solo nel lavoro di trasposizione. Ho chiesto aiuto a Monica Rametta, con cui avevo già lavorato, e a Ludovica Rampoldi, con cui non avevo mai collaborato ma di cui avevo letto sceneggiature e visto film. Insieme abbiamo cercato di concentrarci sulla linea centrale del romanzo: la visione del mondo di Peppino, il rapporto di Peppino con la madre, con il padre, con la sua famiglia scombinata e con un cugino presunto supereroe. Abbiamo snellito storie collaterali, e lavorato sui personaggi, cercando di dare a ognuno di essi una possibilità, almeno una scena in cui potessero esprimersi o raccontare la loro verità umana. Monica e Ludovica mi hanno aiutato molto a guardare la materia del romanzo con distacco e il loro apporto è stato fondamentale.
Come hai affrontato la messa in scena degli anni 70 ed in particolar modo della tua Napoli degli anni 70?
Ambientare un film nel 1973 significa necessariamente fare un film in costume. Ecco, io ho cercato in tutti i modi di non trattare questo film come se fosse davvero in costume. Volevo che i nostri anni Settanta fossero realistici, che la fotografia, le scenografie e i costumi raccontassero la modestia di quegli anni, senza nostalgia o rimpianto. I vestiti che duravano più stagioni, le maglie passate da un cugino all’altro, i pantaloni dei bambini con la piega più scura in fondo, perché era necessario allungarli mentre si cresceva, i ripiani dei mobili sgombri, poche suppellettili, le buste della spesa di plastica pesante. Tutti elementi reali, non rievocati. Ho cercato di raccontare la storia senza appoggiarmi al mito degli anni Settanta, e di recuperare, di quegli anni napoletani – che ricordo da bambino, lo strano incrocio fra suggestioni alte e basse, fra mode che venivano dall’estero e vita di quartiere, le canzoni in inglese ripetute senza capirci una parola e la pizza fritta. Di quegli anni mi interessava soprattutto la possibilità del cambiamento, il contrasto fra le nuove idee di libertà e la presenza a volte condizionante della famiglia. Quanto delle nuove idee sarebbe stato davvero realizzabile? Sono sufficienti solo la determinazione e la convinzione a rendere possibile un sogno, o è la vita a rotolarti addosso? Volevo mettere in scena un mondo combattuto, specialmente per le donne, fra l’utopia del futuro e la tradizione casalinga, un mondo in cui a parole tutto sembrava possibile. Luca Bigazzi alla fotografia, Rossano Marchi per i costumi, Lino Fiorito per la scenografia, mi hanno aiutato a costruire un mondo realistico, in cui gli elementi fantastici si combinano con le porte che cigolano, le lampadine a incandescenza un po’ basse, le scarpe consumate, i bicchieri scompagnati.
Il film vanta un cast importante, come hai lavorato con gli attori?
Sento di essere stato molto fortunato in questo mio primo film. Ho avuto la possibilità di lavorare con attori che stimavo per averli visti e amati nei film di altri. Valeria Golino è stata nei miei pensieri fin da quando scrivevo il romanzo: prima ancora di sapere che ci sarebbe stato un adattamento cinematografico, la Rosaria Sansone del romanzo aveva i suoi occhi, il suo corpo, la sua voce. Cristiana Capotondi era nella mia testa la zia giovane che cercavo: allegra e disinibita, ma con una malinconia nascosta negli occhi, che emerge solo a guardare bene. Luca Zingaretti con il suo grande talento e la sua carica di umanità e generosità ha portato al personaggio di Antonio il candore e l’incoscienza di un padre di quegli anni. Libero De Rienzo ha messo nel suo Salvatore audacia, sfrontatezza e paura della vita, tutto quello che desideravo. E Fabrizio Gifuni ha dato credibilità e smarrimento al dottor Matarrese. Ma la verità è che sono profondamente legato a tutti gli attori del mio film, dal primo all’ultimo, e se c’è una cosa che ho capito da questa mia prima esperienza di regia è che non puoi lavorare con attori che non ami in un senso profondo e sincero. Ho conosciuto mentre facevo i provini Vincenzo Nemolato, che interpreta Gennaro Superman, e ho pensato immediatamente di avere trovato quello che cercavo. Monica Nappo, Lucia Ragni, Antonia Truppo, Gennaro Cuomo, Rosaria De Cicco, Massimiliano Gallo, Sergio Solli, Nunzia Schiano, Tina Femiano… Ciascuno dei miei attori, popolare o meno, che avesse una lunga esperienza alle spalle o meno, mi ha fatto un grandissimo regalo fidandosi della storia, affidandosi alle mie indicazioni, entrando a far parte di un’idea generale del film.
Un bambino è al centro del racconto. Come hai scelto e lavorato con Luigi Catani?
Luigi è stato scelto fra più di cinquecento bambini. Ma potrei dire che si è scelto da solo, si è imposto incontro dopo incontro con la sua presenza, la sua discrezione, il suo sguardo. Continuavo a conoscere altri possibili Peppino, ma poi nella mia testa rimaneva solo lui, ricciolone, con questi grandi occhi chiari che sembravano proprio venire da sua madre Valeria Golino. Aveva nei nostri incontri quel suo modo speciale di mettersi serio serio in un angolo quando entrava in una stanza. Mi sembrava un bambino antico, con un senso del rigore e un grande, istintivo pudore. Luigi non aveva prima di questo film nessuna esperienza cinematografica o televisiva ma canta da anni nel coro del San Carlo a Napoli. Abbiamo cominciato a leggere la sceneggiatura e a costruire il personaggio insieme. Luigi si è fidato di me e io di lui. Dopo un po’ che lavoravamo insieme alle scene, ha incontrato Valeria Golino. Quando l’ha vista per la prima volta mi si è appeso al braccio, e senza parlare mi chiedeva di aiutarlo. Ha provato tanto, con gli attori che sullo schermo sarebbero stati sua madre, suo padre, i suoi zii, la nonna. Ha trascorso molto tempo con suo cugino Superman, pomeriggi interi con Valeria Golino in giro per Napoli, e quando alla fine siamo arrivati sul set, era diventato Peppino, con quegli occhiali rotti che continuamente si rimetteva a posto sul naso. Dovevo solo dirgli di iniziare, lui era già lì, nella famiglia Sansone.
La musica gioca un ruolo importante nel film. Come hai scelto le musiche di repertorio e lavorato a quelle originali?
Già dalla costruzione della sceneggiatura, sapevo di volere affidare una importante funzione narrativa alla musica. Le musiche di repertorio, precisamente quei pezzi, sono stati lì fin dall’inizio del lavoro. Non dovevano solo accompagnare, ma proprio raccontare certi momenti precisi della storia. La solitudine di Rosaria che torna a casa dopo avere scoperto che il marito la tradisce, già in scrittura poteva per me solo essere raccontata dalla voce di Mina che canta Quand’ero piccola, l’esplosione della fantasia di Peppino poteva solo essere esaltata dalla voce di David Bowie, l’amore tenero e povero di due ragazzi in una cabina sulla spiaggia aveva e poteva solo avere la voce di Peppino di Capri, e ho voluto così fortemente che l’armonia famigliare fosse raccontata da Iggy Pop che non mi sono fatto fermare nemmeno dalla circostanza che Lust for life fosse in realtà un pezzo che portava una data successiva di tre anni rispetto a quella in cui è ambientato il film. These boots are made for walking è presente nel film in due versioni, quella di Dalida in italiano, e una cover che ho chiesto di curare ai Planet Funk, che conosco e ammiro da tempo. Volevo che una canzone del passato, ma riarrangiata e resa nuova, accompagnasse sui titoli di coda quella che immaginiamo potrà essere la vita futura di Peppino.
La sceneggiatura, l’arco della storia sono nati già puntellati da queste scelte musicali, e Pasquale Catalano, con il suo talento e la sua sensibilità, ha costruito una partitura che per proprio conto e in autonomia seguisse lo sviluppo dei personaggi, cercando di ricreare una loro verità e un loro sviluppo attraverso le musiche originali. Il risultato finale è una commistione solo apparentemente bizzarra di pop italiano e capolavori della musica anglosassone, immersi in un contesto che è quello dei vicoli, della verità umana dei personaggi. Una colonna sonora libera e piena di suggestioni diverse, che cerca di raccontare la vita.
L’appuntamento è per tutti giovedì 23 agosto alle ore 21,30 all’Arena Gabbiano!
Ingresso 5 euro
Ridotti 4 euro
Ridotti speciali 3,50 euro
Ricordiamo che è possibile vedere il film a 3,50 euro (ridotti speciali) presentando alla cassa i talloncini sconto che trovate in tutti gli stabilimenti balneari, hotel e info point del Comune di Senigallia; inoltre il quotidiano online SenigalliaNotizie.it darà la possibilità di entrare gratis – come sempre – al primo commentatore!
A tutti buona visione!
Cinema Gabbiano – il tuo cinema d’essai
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