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Senigallia, il volontariato dialoga con Ilda Curti, ma manca la politica

L'assessore torinese ospite della Scuola di Pace per parlare di immigrazione, integrazione e differenze

Scorcelletti - Laboratorio Analisi
Ilda Curti (destra) al San Rocco di Senigallia. Foto di Simone Tranquilli

Ilda Curti all’Auditorium San Rocco di Senigallia, grazie alla Scuola di Pace “Vincenzo Buccelletti”. Assessore alle Politiche per l’Integrazione, Rigenerazione urbana, e Urbanistica con il Sindaco Chiamparino prima e con Piero Fassino poi. E’ attualmente presidente della rete europea Quartiers en crise. Nel 2010 viene insignita dell’onorificenza di Chevalier dans l’Ordre National du Merite della Repubblica Francese, su decreto del Presidente della Repubblica Francese Nicolas Sarkozy.

Ilda è anche un esponente di primo piano di Prossima Italia, progetto politico dedicato all’attivismo e alla partecipazione politica nato da un idea del consigliere regionale lombardo del Pd Giuseppe “Pippo” Civati.

Conosciuta solo di fama grazie ai racconti di amici che l’hanno scoperta prima di me, mi sono recato all’Auditorium per ascoltare cosa aveva da dire.
Ne è valsa davvero la pena.

Invitata dalla Scula di Pace “V.Buccelletti” nell’ambito degli incontri intitolati “Spazio Urbano” in programma per il 2012, Ilda Curti doveva dissertare su un tema molto interessante “Costruire società plurali, sfide, risorse, energie“.

Molto spesso nella mia vita soprattutto per questioni professionali, sono venuto in contatto con persone provenienti da altri luoghi del mondo.
Sono stato spettatore di tensioni, scontri e incomprensioni negli ambiti più vari.
Gli addetti ai lavori, le istituzioni, le forze dell’ordine, i cittadini hanno di fronte a questo tipo di problemi riguardanti gli incontri/scontri tra culture ed etnie diversi due modi di reazione.

Si va da un atteggiamento buonista, ma esclusivamente teso a scaricare su qualcun altro le responsabilità e gli oneri della risoluzione del problema, ad un atteggiamento repressivo e becero che tende ad estirpare il problema alla radice.
Il buonista che nel 99% dei casi guarda i problemi da spettatore dice “Lasciamoli fare“.
Il repressore becero che nel 99% dei casi è coinvolto dal problema dice “Mandiamoli a casa” o “Non facciamoli proprio arrivare” credendo in questo modo di poter rifiutare l’immigrazione.
Rifiutare l’immigrazione è come voler vivere in Alaska e rifiutare la neve“. E’ un modo come un altro di buttare la cenere sotto il tappeto.
E’ con questa frase che è iniziato l‘incontro con Ilda Curti.

Un ora e mezza volata via a parlare di come Torino sia diventata una città “laboratorio” dove gli spazi urbani vengono ridisegnati, i beni comuni ridiventano “comuni” nel senso più autentico del termine e i rapporti sociali e commerciali vengono ridefiniti e rimodulati.

Favorire l’incontro col diverso, con quelli che Ilda chiama “Nuovi Cittadini” con progetti inclusivi, di integrazione e di interazione tra “differenti“.
Perché è solo la conoscenza, la condivisione degli spazi e l’incontro che possono farci comprendere il valore del multiculturalismo e la sua essenza. “Sporcarsi le mani ed entrare nelle soffitte, girare per i marciapiedi e per le piazze, progettare nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni“. Un altro modo di affrontare il problema “è stato” possibile. Torino da città industriale a città multiculturale.

I love difference” per rimarcare le differenze e non cercare di appianarle. Accantonare le paure e correre il rischio. Perché la vita è un rischio che molto spesso vale la pena correre, perché una vita di paura e di sospetto è una vita di rimpianti e di occasioni di confronto non colte.
Questo l’insegnamento di Ilda Curti, illuminante e coinvolgente dal quale è necessario ripartire.

Ripartire dalle piazze, dagli spazi urbani e dalle idee nuove, rivoluzionarie e fattibili perchè le migliori “rivoluzioni” a volte sono quelle veicolate da parole d’ordine sempici, chiare e realizzabili.

Tra le tante esperienze citate da Ilda vorrei citare il progettoIndovina chi viene a cena” dove si organizzano incontri casuali tra famiglie di “nuovi cittadini” e persone che ne fanno richiesta e l’esperienza dell’ “economia informale” tra i commercianti di Porta Palazzo provenienti da 65 paesi diversi di tutto il mondo.

Una babele commerciale, linguistica e sociale che convive nel cuore di Torino in un mercato dove da secoli “Il marchese e la sartina vanno a far compere“.
Spero che tutti noi che eravamo presenti all’incontro avremo la forza di rendere concreti questi progetti nella nostra città, ma ancor di più nei nostri luoghi di vita, lavoro, formazione ed educazione.

La politica avrebbe avuto molto da imparare dall’incontro di venerdì sera, 30 marzo 2012, se solo fosse stata presente all’Auditorium San Rocco.
Erano presenti volti noti del volontariato e della “società civile” ma pochissimi esponenti dei partiti politici che, di certo, da una serata come quella avrebbero potuto trarre insegnamento, dal momento che nella nostra città i problemi legati all’immigrazione e alla convivenza delle diversità sono argomenti di stringente attualità.

Grazie ad Ilda per la sua presenza qui nonostante gli impegni che comporta il suo ruolo di assessore di una metropoli come Torino.
Torino che grazie anche alla costanza di persone come lei si è trasformata da “Città Industriale” a “Città d’arte dai mille colori e differenze“.

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