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Marche, il lavoro nero supera quota 10 mila, a Senigallia crescono gli atipici

Dati del Ministero del Lavoro accendono i riflettori su una situazione preoccupante

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Occupazione, lavoro, mobilità

Se nell’intera regione Marche i lavoratori irregolari sono oltre 10.000, Senigallia non gode certo di una situazione migliore. Anzi, i flussi turistici, che si ammassano e si concentrano in poche settimane d’estate, fanno aumentare la richiesta di forza-lavoro solo in alcuni momenti dell’anno. Richiesta che si trasforma poi in disoccupazione o mobilità per i restanti mesi, quando la prestazione lavorativa non viene svolta completamente in nero.

Dai dati sull’attività ispettiva condotta nel 2011, diffusi dal Ministero del Lavoro e rielaborati dalla Cgil, emerge chiaramente che sono almeno il 56% le aziende che non rispettano la normativa sul lavoro nella regione Marche, che oltre 1.700 lavoratori sono praticamente invisibili perché non registrati e non messi in regola in alcun modo.

Sono state ispezionate dalle direzioni provinciali del lavoro oltre 6.500 aziende: esse rappresentano solo il 13% delle imprese con almeno un dipendente. Di queste 6.500 aziende, 3.858 sono irregolari; su 23.055 addetti, il conteggio degli irregolari supera quota 10.000, e 1.747, cioè il 17,4%, sono lavoratori completamente in nero.

Per quanto riguarda la spiaggia di velluto, in base ai dati elaborati dal Ciof di Senigallia, le persone in stato di disoccupazione, compresi i disoccupati di lunga durata, sono 5.726 nel 2011 contro i 5.374 del 2010 ed i 4.680 del 2009.

Cresce nel contempo – man mano che ci si avvicina alla bella stagione – il numero degli avviamenti al lavoro: considerazione quasi ovvia data la stagionalità della gran parte delle occupazioni tipiche del settore turistico, con un aumento drastico del ricorso ai cosiddetti contratti atipici, come il lavoro a chiamata che sta soppiantando il contratto a tempo determinato.

E questo nella migliore delle ipotesi: cioè quando il lavoratore, che presta per la maggior parte dei casi una prestazione continuativa, viene in qualche modo registrato, anche se per un numero decisamente inferiore di presenze rispetto a quelle realmente effettuate.
Il resto è tutto lavoro nero che fatica ad emergere, come dimostrano i dati Cgil su scala regionale.

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