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Il ruolo delle Regioni in Italia: più sovrane dello stato centrale

Monti "preso" tra la regionalizzazione del mondo e i modelli di Germania e Spagna

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Le Regioni italiane

Continuando a parlare del ruolo svolto dalle Province e dalla Regioni, ultimamente Madrid ha aperto un credito verso le Regioni (10 miliardi di euro), ma in cambio, il governo centrale intende esercitare il controllo sui bilanci regionali. Ogni aiuto sarà condizionato all’adozione di un piano per la riduzione del deficit regionale, validato da Madrid, sulla linea dei tagli che già colpiscono la sanità e l’istruzione.

In Italia, come noi della Fiamma Tricolore abbiamo detto più volte, non è così. Anche se lo volesse, il governo Monti non potrebbe imitare il governo Rajoy, per un semplice motivo: ha bisogno dei partiti per far passare le sue riforme e i partiti non voterebbero mai per mettere sotto controllo centrale le spese delle Regioni, che sono loro feudi clientelari e grassi centri di corruzione (ultimo caso l’Umbria).

Le spese dello stato per un certo verso sono sotto l’occhio dell’opinione pubblica, le spese regionali sfuggono meglio all’attenzione, anche se fanno impallidire quelle dello stato centrale. Soprattutto in termini di sprechi, sono scandalosi pozzi senza fondo. Infatti, mai nessun governo, tecnico o no, avrebbe alcuna possibilità di mettere un freno a questi spenditoi locali, mai otterrebbero una maggioranza parlamentare per riformare questo colabrodo di denaro pubblico cui poppano voluttuosamente tutti i partiti. Cadrebbe immediatamente.
E inoltre le Regioni hanno l’autonomia finanziaria (art. 119 della Costituzione) di cui sono gelosissime, e una legge costituzionale del 2001 che ha abolito i controlli sugli atti regionali, in precedenza esercitati dal governo centrale. Senza contare le Regioni che sono autonome per legge divina, fra cui brilla la Sicilia che spende il doppio della Lombardia avendo metà dei suoi abitanti.

In tal modo, accade questo fatterello paradossale: il governo centrale italiano accetta il fiscal compact europeo, ossia di mettere i suoi bilanci sotto il controllo preventivo dei commissari europei, rinunciando all’ultimo brandello di sovranità nazionale e divenendo di fatto una macro-regione della Germania, che brutalmente impone il pareggio di bilancio e la riduzione del debito al 60% del Pil e nello stesso tempo, non può imporre la sua sovranità alle sue Regioni, controllandone i conti e le spese, come riesce a fare la Spagna.

In altri termini: le Regioni italiane sono più sovrane dello stato centrale. Ciò non è altro, in fondo, il motivo stesso della nascita delle Regioni. Lo abbiamo spiegato più volte nei nostri comunicati, lo stato italiano non è sempre stato regionale, anche se la creazione di Regioni era iscritta nel bronzo della Costituzione, per molti decenni s’è lasciata inattuata questa parte. E la popolazione non ha mai espresso scontento di essere sotto uno stato centralizzato, mai la richiesta di autonomie regionali è stata espressa a livello popolare.

Infatti è stato un’ordine emanato dall’alto: a battersi per l’istituzione delle Regioni fu dal dopoguerra in poi Ugo La Malfa, l’uomo del Partito Repubblicano, appoggiato da Cuccia e da Mattioli della Commerciale, ossia il fiduciario della finanza internazionale, l’unico italiano degli anglo-americani agli incontri di Bretton Woods in cui si mise in atto l’ordine monetario mondiale dei vincitori.
Benché il PRI di La Malfa avesse sì e no il 3% dei voti, la DC se lo associò fin dal primo governo De Gasperi, perché senza i repubblicani nel governo, non arrivavano i soldi del piano Marshall: dunque i desideri di La Malfa erano legge. E il perché volesse le Regioni, La Malfa lo chiarì in tutte le sedi: servivano ad erodere la sovranità degli stati-nazione. Il progetto europeista di Jean Monnet (che distribuiva i soldi del piano Marshall per incarico della Lazard) era infatti un’Europa di Regioni, senza stati nazionali. L’autorità degli stati doveva essere sminuita e smangiata sia dall’alto (dalla Unione Europea) sia dal basso, dalle Regioni appunto.

Nel gran progetto mondialista, la globalizzazione deve accompagnarsi alla regionalizzazione del mondo: piccole entità sub-sovrane, senza dimensioni economiche né peso politico per negoziare a livello europeo con qualche credibilità. Questo è il progetto.

La Germania disfatta fu la prima ad essere spezzata in Länder su comando alleato. Alla regionalizzazione della Francia (il più antico stato unitario d’Europa) si oppose De Gaulle, finché poté. La Spagna fu uno stato centralizzato fino a quando durò Francisco Franco, il sopravvissuto dell’era precedente, e per questo, attualmente Madrid ha ancora voce in capitolo sulle spese regionali. Oggi , il progetto si realizza, ma sotto una forma paradossale: è la Germania l’unico ente sovrano che comanda sugli altri stati denazionalizzati: un esito che farà rivoltare nella tomba La Malfa, Jean Monnet, Padoa Schioppa e Andrè Meyer della Lazard Brothers.

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