Senigallia, intervista ai “2 a.m.” dopo il disco d’esordio “The End. The Start”
Sound intimista e consapevole, ben oltre il britpop: "I musicisti di oggi? Frustrati e incapaci". VIDEO
Si chiama 2.a.m. ed è uno dei progetti musicali made in Senigallia piu interessanti sul panorama nazionale. Un nome che è quasi un’equazione: 2 come i componenti del gruppo; “a.m.” come Andrea Marcellini e Andrea Maraschi. “The End. The Start” è il loro Ep di debutto: un album in cui emerge prepotentemente il dna stesso della band. Un sound che affonda le proprie radici al british pop di stampo anni ’90 (vedi alla voce Blur e Oasis) per poi camminare con le proprie gambe fino a giungere ad una forma piu definitiva e originale, fatta di atmosfere intimiste e una cura attentissima alla qualità degli arrangiamenti e della composizione. Provare per credere.
Questa è l’intervista che ci hanno gentilmente concesso
Partiamo dal principio, come è nato il progetto 2.a.m.?
Ci conosciamo da molto tempo ormai. Prima componevamo e suonavamo nei Rainpops, band indie scioltasi alla fine del 2008. Sembrava che il nostro percorso artistico fosse finito, e invece si è rigenerato. Nei due anni di pausa – considerato che i 2 a.m. sono “nati” nella primavera del 2010 – abbiamo avuto modo di guardare dentro noi stessi e di migliorare, probabilmente, come persone. Questo ha dato vita alle canzoni dei 2 a.m., brani sicuramente intimisti ed emotivamente forti, brani che ben sottolineano la nostra crescita come “human beings“. Per noi è stato fondamentale fermarci per poi ripartire, perché sicuramente i sentimenti che hanno prodotto “The End. The Start” li portavamo dentro da tempo, dovevamo solamente accorgercene e tirarli fuori.
Quello che si percepisce ascoltando The End.The Start è una maturità che raramente si riscontra negli album di esordio, cosa si nasconde dietro la punta dell’iceberg?
Grazie mille per aver definito il nostro disco attraverso la parola “maturità“. Credo che, per quanto si è detto nella risposta alla domanda precedente, per noi sia un gran complimento. Lo ripetiamo, dietro alla nostra maturità ci siamo noi stessi con i nostri pregi e i nostri difetti, le nostre risorse e i nostri limiti, i nostri sogni e le nostre paure, le persone a noi care e quelle a cui non piaci. la maggior consapevolezza del mix che questi elementi possono creare ci ha dato modo, in questi ultimi anni, di osservare il mondo con uno sguardo più profondo. Come se fosse finita una fase della nostra vita – comunque utile perché ci ha dato modo di iniziare a riflettere su noi stessi – e se ne fosse aperta un’altra fatta di maggior consapevolezza e sensibilità. Appunto: “The End. The Start“.
Nell’album spicca un’impronta apparentemente prettamente british o sbaglio? A chi vi ispirate?
Sicuramente siamo figli del Britpop. Eravamo più o meno dodicenni quando band come Blur e Oasis sono entrate nel nostro cuore per non uscirne più. Erano altri tempi. Durante gli anni ’90 sono usciti dischi incredibili. La cosa è durata fino ai primi anni del 2000. Poi non è più stato più lo stesso. Comunque sia, a parte l’amore per il sound d’oltremanica, non ci piace che la nostra musica venga etichettata come Britpop. Ci sembra una “lettura” del prodotto troppo miope, banale e superficiale. Le influenze, nel nostro caso british, ci sono sicuramente, chi non le ha, ma preferiamo che l’ascoltatore si concentri su quanto abbiamo da dire come persone e, di conseguenza, come artisti. Preferiamo che qualcuno venga da noi e ci dica: “Le vostre canzoni mi hanno fatto piangere!“, oppure “Il vostro disco è una cagata pazzesca!“. Ecco… preferiamo che ognuno, nell’ascoltarci, si “apra” completamente per ricevere quanto abbiamo da dire, e che in qualche modo possa entrare pienamente in contatto con noi.
Per distribuire il vostro lavoro avete scelto una metodologia molto in voga anni fa e riconducibile alla cultura dei singoli. Qual’è stata la risposta del pubblico fino a questo momento? A vostro avviso quali sono le strade percorribili per una band come la vostra che si affaccia nel mercato nazionale e internazionale?
Oggi il mercato musicale è in crisi…o meglio, ogni mercato sembra esserlo. Questo fa sì che persino le band più celebri facciano fatica a vendere dei dischi, o per lo meno molto più che in passato. Quindi tutte le altre migliaia e migliaia di band come noi non possano pretendere di guadagnare con la vendita della propria musica. Allora bisogna studiare qualche metodo alternativo, oppure ripescare qualcosa dal passato. Ecco, noi abbiamo fatto un mix di queste due cose: ridare valore al singolo, accompagnato da due o tre B-side, e diluire la promozione del nostro Ep, “The End. The Start“, tramite l’uscita di appunto quattro singoli in download digitale gratuito. Gratuito anche il download dello stesso Ep. In questo modo, tutti hanno potuto ascoltare le nostre canzoni semplicemente scaricandole dalle nostre pagine Facebook, Twitter e Bandcamp, e noi abbiamo potuto tenere alta l’attenzione verso il nostro prodotto.
Tastiamo il polso al panorama musicale italiano in particolare quello indipendente: come è la situazione generale vista dagli addetti ai lavori?
Oh beh…ogni volta che ci fanno questa domanda si scatena il putiferio, quindi evitiamo di calzarci troppo la mano. Per essere sintetici: non ci piace. Non ci piace per niente perché, senza scendere nel particolare (ma chi vuol capire, capisca), sembra il paradiso dei “musicisti” frustrati e incapaci. Sembra che tutti quelli che non sanno scrivere una canzone decente, una linea melodica ascoltabile, tutti quelli che non sanno cantare o dare valore alla canzone piuttosto che al virtuosismo del singolo strumento, ecco, sembra che tutti questi finiscano a suonare musica indie italiana. Si sente di tutto, da urla a liriche finto-intellettuali a pseudo-sperimentazioni elettroniche, ma di belle canzoni, quelle che ti rimangono dentro, quelle che ti accompagnano una vita, neanche una. Una bella merda. Ah, ora che ci facciamo caso, non siamo stati né sintetici né moderati. Sarà per la prossima volta.
Dal vostro sound spicca anche una forte inclinazione ad una sonorità intimista; questa peculiarità vi penalizza nella dimensione live?
No anzi, amplia le nostre possibilità. In questa prima parte del tour, infatti, abbiamo proposto concerti acustici, per far ascoltare al pubblico le canzoni nude, così come nascono, ed esaltare l’intimismo della nostra musica, proprio come dici tu. Per questo abbiamo scelto location più di nicchia, come i teatri. Ma arriveranno anche live elettrici, dove potremo davvero riportare le atmosfere del disco sul palco. Sono due esperienze totalmente diverse, ma complementari.
Chiudiamo con la classica… progetti futuri? Cosa c’è in cantiere per questo 2012?
No anzi, hai fatto bene a farcela così facciamo il punto della situazione anche noi! Dunque… tra febbraio e marzo ci aspettano dei live a Londra, organizzati dalla nostra agenzia (londinese, appunto) “A Giant Leap“. Da aprile torneremo invece in studio per la registrazione di nuovi brani, e contemporaneamente continueremo con la seconda parte del nostro tour, in veste elettrica, stavolta.
Il VIDEO di “I cannot cry”
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