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Giornata della memoria 2012: l’intervento del Sindaco alla Sinagoga di Senigallia

Il discorso di Maurizio Mangialardi per commemorare "la tragedia della Shoah"

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Deportazioni

Ci sono delle commemorazioni che con il passare degli anni conservano intatti i sentimenti profondi che ne sono alla base, mantengono tutta la commozione, il dolore, la speranza. Tra queste iniziative c’è senz’altro la Giornata della Memoria che anche quest’anno l’Amministrazione Comunale di Senigallia si ritrova a celebrare insieme alla comunità ebraica del proprio territorio.

Una giornata che ricorda quel 27 gennaio del 1945 nel quale le truppe russe oltrepassarono per la prima volta i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz ponendo fine all’orrore. Sono passati 67 anni, ma la tragedia della Shoah continua ad essere una ferita aperta nell’animo umano.

E’ davvero difficile, a tratti impossibile, ricondurre entro i binari degli accadimenti umani quella lunga sequela di orrori e violenze che fu la tragedia della Shoah. A quale categoria della logica o dell’analisi politica far ricorso per inquadrare le milioni di persone ebree perseguitate, uomini e donne spogliati da ogni diritto ed infine deportati ed uccisi nei campi di concentramento?

Sarebbe molto più facile e naturale qualificare quei fatti come una di quelle spirali di follia omicida che in determinati periodi storici avvolgono il mondo trascinandolo nella barbarie. Io credo che non dobbiamo cadere in questa tentazione. Perché ben poco nella storia accade per caso e compito di chi l’osserva è cercare di comprendere le cause che hanno provocato determinati fenomeni.
Ecco, forse il senso profondo di questa giornata della memoria sta tutto qui.

Una giornata per riflettere sulle ragioni storiche, sui fattori sociali, culturali e politici che favorirono l’affermarsi di quella pazzia collettiva che fu il nazifascismo.

Una giornata per raccontare alle giovani generazioni che se quella follia contagiosa che fu il nazismo è riuscito ad affermarsi nella civilissima Germania, terra di poeti, di scrittori, di grandi pensatori, allora vuol dire che nessun ideale di libertà, di giustizia, di dignità umana è conquistato una volta per tutte.
Allora vuol dire che il virus dell’intolleranza e dell’orgoglio di razza può rinascere ancora, indossando nuove divise e parlando nuovi linguaggi.

Vuol dire che non dobbiamo mai dare nulla per scontato, perché anche quello che oggi ci appare come un nucleo di valori immutabile ed imprescindibile potrebbe domani essere messo in discussione e tradito.

Una giornata per ricordare, attribuendo alla memoria non il compito di fermare il pensiero su un passato tragico concluso per sempre ma, al contrario, assegnandogli la funzione di creare nella nostra società anticorpi sociali, umani e politici affinché quello è successo non debba accadere mai più.

Quello che occorre è far diventare il ricordo della tragica esperienza della Shoah un’occasione per trarre insegnamenti e rinsaldare valori che sempre di più devono guidare il cammino delle nuove generazioni.

Già, è ai giovani che dobbiamo rivolgerci prima di qualsiasi altro. E’ a loro che dobbiamo raccontare, prima che qualcuno provi a confinare ciò che è successo, e cioè l’orrore delle camere a gas e della soluzione finale, in un luogo indistinto di una stagione remota della nostra storia, buona per qualche fiction accorata o discorso di circostanza; prima che qualcuno in un’ansia indistinta di pacificazione annacqui il senso di ciò che accadde, ne smorzi i toni, ne sbiadisca i contorni.
E’ per questo, per quel sentimento di verità che deve albergare nel cuore di ogni uomo, che oggi più che mai è necessario ricordare.

Rammentare la follia distruttrice del nazismo certo, ma anche quell’Italia che colpì il popolo ebraico con le leggi razziali del ’38 e, successivamente, con le deportazioni, iniziate con l’occupazione nazista avvenuta dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Anni bui nei quali insieme ai tanti italiani che non ebbero la forza di opporsi alle leggi del terrore, ve ne furono altri che, mettendo a repentaglio le loro vite, vollero aiutare gli ebrei offrendo loro riparo e protezione.

Ricordare come la stagione del fascismo, con la limitazione delle libertà personali, politiche e civili, fino alle leggi razziali e alla conseguente persecuzione degli ebrei hanno rappresentato una interruzione ventennale di un processo di piena integrazione per gli ebrei italiani, la cui spinta venne ripresa subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale.

Ebrei che nel nostro paese, non dimentichiamolo, hanno svolto un ruolo importante per la crescita culturale, civile e sociale dell’Italia. Un’altra cosa che vorrei dire ai giovani è che dobbiamo continuare a seguire l’esempio di quei giusti che, pur nella tempesta del nazifascismo, non vollero cedere alla barbarie del razzismo e seppero accogliere gli ebrei perseguitati.

Ispirarci a loro non solo per respingere quei rigurgiti di antisemitismo che più o meno camuffati spuntano in qualche luogo d’Europa, ma anche per continuare a dire dei no a chi non smette di rappresentare i migranti come diversi, come intrusi, come nemici da sconfiggere.

Riaffermare con forza l’idea che lo straniero, l’altro da noi, non è un’insidia da allontanare quanto piuttosto una donna, un uomo o un bambino da rispettare e da accogliere. Ecco il modo migliore per celebrare in questo 2012 la giornata della memoria.

A Senigallia la giornata della memoria assume un’importanza speciale, non soltanto per i valori di umanità e giustizia che animano la nostra gente, ma anche perché storicamente la comunità ebraica ha svolto e continua a svolgere un ruolo importante nella vita della nostra comunità.

Siamo qui questa sera insieme a voi per vivere insieme questa giornata di profonda riflessione e commozione, condividendo il dolore per quel dramma della Shoah che è il dramma profondo di tutti coloro che credono nei valori del rispetto della dignità umana, dell’accoglienza verso l’altro, della multiculturalità, della democrazia.

E’ stato molto bello e commovente ascoltare i versi così intensi scritti da Ilse Weber morta ad Auschwitz nel 1944, attraverso l’interpretazione di Mauro Pierfederici e Roberto Chiostergi. “Quando avrà fine il dolore”? Si chiede il titolo della raccolta di poesie di Ilse Weber. C’è certamente un dolore connaturato all’esperienza umana, come componente purtroppo ineludibile delle nostre vite.

Ma il dolore di quegli anni terribili della persecuzione degli ebrei, l’angoscia di una stagione nella quale la distruzione di massa fu elevata a sistema, ecco quel dolore lo dobbiamo sconfiggere ed allontanare una volta per tutte dalle nazioni e dalla società.

Ecco ripartiamo dalla giornata di oggi con una convinzione in più; la certezza che camminando insieme in uno spirito di autentica accoglienza e condivisione, la convinzione che orientando sempre di più le Istituzioni al rispetto dei diritti ed alla democrazia, mai più quel dolore riuscirà a lacerare il nostro cuore e le nostre menti, e mai più calpesterà le nostre conquiste civili e la nostra stessa dignità di uomini.

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