Debito pubblico, economia, tasse, pil: le proposte per un Fisco 2.0 in Italia
Cinque mosse per trovare i 350 miliardi di euro che farebbero scendere il rapporto tra debito e Pil
Il debito pubblico italiano ha raggiunto negli ultimi anni la cifra ormai impronunciabile di 1900 miliardi di euro; il nostro Pil, ovvero la somma dei beni e dei servizi prodotti dal nostro paese, ammonta a circa 1550 miliardi di euro.
A fronte di questo l’Italia ha un Avanzo Primario (Entrate dello stato – Uscite al netto degli interessi passivi variabili) tra i migliori nell’area G7. E allora perché la nostra nazione che ha un economia apparentemente solida e virtuosa è sull’orlo del baratro ed è presa di mira dalla speculazione?
Perché il rapporto tra i debiti contratti dall’Italia e il suo Prodotto Interno Lordo (PIL)è troppo elevato e per farci prestare soldi dagli investitori il nostro stato deve concedere agli investitori stessi tassi di interessi altissimi rispetto a paesi con un avanzo primario (differenza tra entrate e uscite) peggiore del nostro.
Il problema sta tutto nella crescita che in Italia sta ormai da troppi anni sfiorando lo zero.
Chi dovrebbe acquistare i nostri titoli non si fida del fatto che il nostro paese riuscirà ad onorare il suo debito e qui si crea un circolo vizioso che inevitabilmente porta gli stati a tagliare sempre di più la spesa pubblica, gli imprenditori a ridurre gli investimenti tagliando a loro volta i costi tramite licenziamenti e delocalizzazioni e le famiglie a ridurre le spese e quindi i consumi.
Si entra in recessione. Si rischia il default finanziario con conseguente gravissime per l’euro e per la nostra economia.
Per uscire dalla zona pericolo è necessario che il rapporto tra debito e Pil scenda sotto il 100%.
Il calcolo è molto semplice: 1900-1550 (Debito pubblico – Prodotto interno Lordo) = 350 miliardi di euro.
350 miliardi di euro è la cifra che ci serve per uscire dalla Danger Zone.
Ma quali sono le soluzioni proposte dalla politica per uscire da questo gorgo che ci sta trascinando verso una delicatissima situazione di non ritorno? Gorgo che ha visto in passato inabissarsi e affondare paesi anche grandi come l’Argentina o, nel presente, paesi come la Grecia ormai destinata ad un fallimento pilotato nel 2012?
• Aumento del gettito irpef: per raggiungere la cifra di 350 miliardi di euro ogni italiano dei 60 milioni di abitanti del nostro paese dovrebbe tirar fuori dalle proprie tasche una cifra che si avvicina ai 200 euro al mese per 3 anni. Considerando poi che solo il 38% dei cittadini italiani lavora e che di questi solo lo 0,9% dichiara più di 100.000 euro e solo il 2% dichiara più di 70.000 euro si evince che è impossibile reperire risorse con questo sistema.
• Patrimoniale: il patrimonio posseduto dai cittadini italiani in termini di edifici, terreni e beni in genere si avvicina a 9.000 miliardi di euro. Per reperire 350 miliardi di euro attraverso la patrimoniale bisognerebbe mettere un aliquota media del 4% sul "patrimonio" delle famiglie.
Anche prevedendo una certa progressività un possessore di prima e unica casa del valore di 200.000 euro verrebbe a pagare in presenza di un aliquota dimezzata del 2% una cifra di circa 4.000 euro. Senza considerare che chi possiede un unico alloggio non necessariamente dispone di una scorta di liquidità immediatamente reperibile.
Entrambi sono sistemi percorribili, ma si riuscirebbe a rastrellare attraverso queste soluzioni una cifra non superiore al 5% dei 350 miliardi di euro necessari a uscire dalle sabbie mobili.
E allora?
L’Italia ha circa il 20% del suo Pil che non emerge e sfugge al fisco. Una cifra spaventosa che supera i 300 miliardi di euro secondo le ultime stime.
La lotta agli evasori è una misura percorribile ma avrebbe tempi lunghissimi e quindi l’unico rimedio è rappresentato da un fisco più equo e moderno che renda impossibile occultare ricavi e acquisti e permetta addirittura un abbassamento graduale ma costante della pressione fiscale in modo da ridare fiato sia alle casse dello stato italiano che alle aziende oppresse da un fisco assolutamente iniquo e da una pressione fiscale superiore al 50%.
Alcune proposte molto interessanti per una vera rivoluzione fiscale arrivano da Ernesto Maria Ruffini, avvocato tributarista romano appartenente al Partito Democratico e al movimento politico Prossima Italia che ha nei suoi esponenti di spicco Debora Serracchiani e Giuseppe Civati.
Ruffini propone nel suo blog e nei suoi interventi un modello di fiscalità denominato Fisco 2.0
E’ evidente già dal nome come questo sistema fiscale si basi sulle nuove tecnologie e sulla rete ma andiamo a vedere nei dettagli le proposte di Ruffini.
1. Riduzione e semplificazione delle scritture contabili. Meno scritture contabili e semplificazione dei calcoli secondo la regola del "fai da te contabile". Obbligo di tenuta delle scritture solo per imprese e professionisti di grandi dimensioni.
Non deve più essere necessario per una piccola impresa o per un lavoratore autonomo dover rivolgersi ad un professionista per la tenuta della propria contabilità.
2. Emissione e comunicazione elettronica di fatture e corrispettivi. Gli obblighi fiscali insopprimibili (fatturazione e annotazione corrispettivi) dovranno essere emessi e ricevuti elettronicamente. Collegandosi al sito dell’Agenzia delle entrate con un proprio nome utente e password l’utente emetterà fatture e annoterà, con adeguati e semplici software in tempo reale o periodicamente, scontrini e corrispettivi (tutto ciò è già realtà in paesi come il Brasile, o i paesi Scandinavi ad esempio).
Tutto questo comporterebbe grande facilità di controllo per il Fisco e un risparmio per i titolari di partita Iva che è stimato tra i 10 e i 20 miliardi di euro considerando che la spesa per la tenuta delle scritture contabili si aggira per i titolari di partita Iva stessi a circa 4000 euro pro capite. Per non parlare ovviamente del tempo che il commerciante e la piccola azienda risparmierebbero se fossero sollevati dall’obbligo di annotare fatture e corrispettivi.
3. Dichiarazione dei redditi a carico del Fisco. In possesso in tempo reale di tutti i dati necessari sarebbe il Fisco stesso a doverci inviare in tempi rapidissimi la nostra dichiarazione dei redditi. Il contribuente diventerebbe quindi da controllato a controllore del Fisco.
4. Allargare la gamma degli oneri deducibili. Ampliando la tipologia di oneri deducibili si incoraggerebbe la richiesta da parte dei consumatori di scontrini e fatture. Il tutto potrebbe sostituire l’attuale sistema di detrazioni che ammonta a oltre 40 miliardi di euro. Chiaramente il sistema delle deduzioni dovrà mantenere un carattere progressivo e quindi dovrà essere riservato ai redditi più bassi, mentre per gli scaglioni più alti dovrà essere previsto un sistema di detrazioni correlate alle spese in misura pari alle aliquote degli scaglioni inferiori.
Non tutti gli oneri potranno essere deducibili (neanche in altri Stati si può dedurre ogni tipo di spesa dalla denuncia del reddito come a volte le leggende popolari raccontano) ma inizialmente solo le spese indispensabili e meritorie come ad esempio sanità, spese per l’abitazione, istruzione, assistenza agli anziani, educazione dei figli, mobilità, risparmio energetico ecc; col tempo e con l’aumento delle risorse disponibili sarà possibile aggiungere ulteriori voci al pacchetto delle spese deducibili.
A questo punto una particolare menzione merita l’istituzione dello Scontrino Premio ovvero un premio al contribuente che richiede lo scontrino fiscale all’esercente sull’esempio della misura introdotta dal fisco dello stato di Sao Paulo in Brasile con la Nota Fiscal Paulista. Come funziona la Nota Fiscal Paulista?
Molto semplice: il cliente che chiede lo scontrino consegna al negoziante il proprio codice fiscale. L’esercente ha l’obbligo di comunicarlo al fisco, tramite apposito software. Il cliente avrà in questo modo il diritto di entrare in possesso del 30% dell’Iva pagata dal commerciante, potrà verificare online tutti i premi accumulati e potrà usare la somma accumulata come bonus fiscale o farsela accreditare sul proprio conto corrente.
5. Tracciabilità dei pagamenti. Senza arrivare ad una tassazione per i pagamenti con denaro contante o a prevedere pagamenti con bancomat o carta di credito anche per il caffè al bar, basterebbe allargare una tecnologia già esistente per tracciare ogni tipo di pagamento come già avviene con la tessera sanitaria per l’acquisto di farmaci. Si potrebbe usare una Fiscal Card o la stessa tessera sanitaria. Una volta che il fisco avrà a disposizione la traccia di ogni nostro pagamento potrà compilare ed inviarci a casa la nostra dichiarazione dei redditi considerando i costi che abbiamo sostenuto. Al contribuente non resterà altro da fare che verificare l’esattezza dei calcoli fatti dal fisco anche qui con conseguente alleggerimento di costi e di tempo per entrambe le parti.
Tutte le proposte sviluppate in questi punti non sono utopia ma buone pratiche già esistenti in numerosi paesi come Brasile, Spagna, Norvegia, Finlandia, Svezia e tanti altri in cui c’è un rapporto sano e leale tra cittadino e fisco. L’emersione del nero permetterebbe un aumento delle risorse che verrebbero destinate ad un graduale abbassamento della pressione fiscale e ad un miglioramento della qualità della vita.
Istruzione, sanità, mobilità, trasporti, lavoro, sono settori che potrebbero funzionare in modo migliore e più efficiente se le risorse disponibili aumentassero.
L’intento di queste proposte è inoltre quello di arrivare ad un fisco più equo e più semplice attraverso l’uso delle nuove tecnologie e della rete. Un fisco moderno e sempre controllabile tramite l’accesso alla nostra pagina riservata.
Digitando nome utente e password si spalancherebbero per noi le porte della nostra situazione fiscale che potremmo controllare in tempo reale interagendo se necessario con il Fisco stesso. Per usare una parola ai giorni nostri molto abusata si arriverebbe ad un fisco più "Social". Un Fisco 2.0.
Ma qualsiasi innovazione tecnologica sarebbe vana senza una reale rivoluzione culturale che ci faccia comprendere che ogni nostra furbata fiscale è semplicemente un "furto" di futuro operato ai nostri stessi danni e ai danni delle future generazioni.
Per scrivere questo post ho attinto da:
Fine del contante, fine del sommerso di Milena Gabbanelli (Corsera 12/11/2011)
Fisco 2.0 la crisi la paghi chi non ha mai pagato di Ernesto M. Ruffini
Dialogo con un evasore. Le proposte per il Fisco 2.0 di Ernesto M.Ruffini
di Simone "Quilly" Tranquilli
quanto porterebbe nella casse dello stato?
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