A Senigallia presentato il primo rapporto del Parlamento Italiano su Rom e Sinti
San Rocco desolatamente semi-deserto per "Un Popolo di bambini", l'incontro del PD contro i pregiudizi
Del resto, come ha poi avuto modo di rimarcare la Sen. Silvana Amati, era da immaginarselo che gli spettatori non sarebbero stati numerosi, perché un argomento come quello toccato, già ispiratore di innumerevoli pregiudizi, non poteva di certo essere di gran richiamo. Devo dire, invece, che gli assenti, come sempre, hanno avuto ancora una volta torto e si sono perduti degli interventi utili, se non altro, atti a far riflettere, documentarsi e non cadere domani negli stessi sciocchi pregiudizi.
All’incontro doveva partecipare anche il Sen. Pietro Marcenaro, Presidente Commissione Diritti Umani del Senato ed un po’ padre di questo rapporto, invece assente, purtroppo, per motivi di salute e sostituito all’ultimo momento dalla Sen. Silvana Amati.
Altri partecipanti all’incontro: Francesco Mele del PD di Torino, che ha contribuito alla realizzazione di questo documentario qui visionabile con un semplice click ”Mandiamoli a casa#2. I luoghi comuni: i Rom”; Elisabetta Allegrezza, Segretaria PD Senigallia; Stefania Pagani, Responsabile Forum Sanità e Sociale PD Senigallia.
Partendo dalla fine dell’incontro, la cosa più incoraggiante che a mio dire ne è uscita fuori, è stato l’interesse mostrato negli interventi del “pubblico”. Virgoletto perché le venti presenze che lo formavano erano costituite da “addetti ai lavori” o personaggi politici locali. Però coloro che hanno preso la parola, alla fine dell’incontro, e qui sta la positività, sono state delle insegnanti, che hanno portato le loro esperienze di lavoro maturate, nelle proprie classi, con questi bambini. Anche perché ritengo che è proprio dalla scuola, dalla ingenuità dei bambini, che si possa partire con una vera campagna di integrazione, in maniera involontaria, “indolore”, sotto il coordinamento di insegnanti sensibili verso questi problemi.
Questi telegraficamente gli interventi prima della proiezione del Documentario.
Ad assumersi il compito di presentare i partecipanti e di fare gli onori di casa, la Dott.ssa Elisabetta Allegrezza.
Per Stefania Pagani, il pregiudizio è solo frutto dell’ignoranza. Per molti di noi, Rom è sinonimo di zingaro, di nomade, di sporco, di reati. Non di rado si sente dire, per intimorire i nostri bambini, la frase: ”Ti portano via i zingari”. Ma pochi coloro, invece, che sono informati che la maggior parte dei Rom, di questa etnia, sono italiani in quanto migrati in Italia fin dal 1400. Sono erroneamente definiti genericamente nomadi anche se la maggior parte di loro, oggi, non lo è più. Sono chiamati genericamente Rom (ma non tutti lo sono), Sinti( ed è il nome di una delle etnie), oppure in modo totalmente erroneo anche Rumeni o Slavi a causa della cittadinanza di molti di loro.
In realtà non c’è alcuna connessione – neppure etimologica – tra il nome "rom" e il nome dello stato di Romania, il popolo di lingua neolatina dei rumeni o la lingua rumena, né teoricamente con le popolazioni slave, in quanto i rom e i sinti sarebbero etnicamente di origine indiana.
La Sen. Silvana Amati, ci ricorda invece come i Rom siano in Italia, solo uno sparuto numero di 140/170 mila unità e come essi siano definiti “Un Popolo di Bambini”. Non certo per via del numero dei figli che hanno, ma perché la loro speranza di vita è molto bassa. E ci fornisce dei freddi, ma illuminanti dati: il 60% di essi hanno meno di 18 anni, il 30% sono quelli che vanno dai 0 ai 5, il 6% raggiungono i 50/60 e solo il 3% riescono a superare i 60 anni. La vita media è sui 45 anni. Frutto, logicamente delle loro condizioni di vita. Un’etnia che si tira un po’ da una parte, cercando di “nascondersi” sapendosi visti con un occhio diffidente da noi “civili” come essi ci chiamano, facendo risultare difficile la raccolta di dati statistici. Nell’Olocausto i Rom hanno subito uno sterminio ed è anche per questo, che un partito come il PD che si occupa di Diritti Umani non poteva dimenticarsi di questa etnia. Le Emergenze legate ad essi sono tante, come quella abitativa, quella legata alla sicurezza, al lavoro ed alla scuola e proprio per questo bisogna cercare di ridurle.
Per Francesco Mele, uno dei realizzatori anche del documentario "Mandiamoli a casa #1", (entrambi con il n°2, girati nel quartiere di San Salvario di Torino) da questi documentari emergono tanti luoghi comuni: i Rom, popolo delle discariche, ruba i bambini, il popolo dei "campi" (autorizzati e non che essi siano), vivono di furti e così dicendo!
I Rom invece non sono nomadi (di loro solo il 3% lo sono) e se si spostano lo fanno per i nostri stessi motivi: per affetti, per lavoro (giostrai). Oltre tutto è un popolo con la cittadinanza italiana. Nessuno nega l’esistenza poi che esistano dei problemi come quello dei piccoli furti, ma non dobbiamo farne di un’erba un fascio. La maggior parte di loro lavorano come giostrai, raccolgono il ferro, si adattano a lavori occasionali. Del resto poi le interviste nel documentario sono abbastanza esplicative.
La Sig.ra Elisabetta, di cui mi spiace, ma mi è sfuggito il cognome, ci ha relazionato, da persona che si occupa direttamente in prima persona di queste problematiche, delle difficoltà che ha incontrato nell’ambito territoriale di Falconara. Le sue esperienze sui Rom le fanno dire che hanno terrore del "Condominio" per la loro necessità di vivere la vita di "Famiglia", intesa nel senso più ampio di più famiglie. Infatti sono soliti posizionare le loro Roulotte (intese come abitazione fissa e non per girare) con un determinato modo (una adibita a cucina, una a camera da letto… una vicina all’altra, tutte ben tenute e precise come del resto ha potuto constatare di persona avendoci vissuto direttamente appunto per poterli conoscere da vicino). Non sono sporchi, perché l’interno delle loro roulotte o delle loro baracche, sono precise e ben tenute. Si deve tener conto che sono sempre baracche, che non hanno acqua corrente.
Ma hanno un senso dell’accoglienza molto sviluppato.
E ricorda così dicendo, quando ha abitato per un periodo con loro ed al mattino gli portavano il cornetto con il caffè. Però sottolinea anche come quando un loro ragazzo che voleva fare il meccanico, malgrado l’intervento economico della Regione che supportava il suo inserimento in un’attività lavorativa, veniva rifiutato dal datore di lavoro non appena veniva a sapere che era di etnia Rom. Ecco che allora questo li induce a nascondere la loro etnia, ad isolarsi. Anche se è vero però che alcuni di loro si stanno invece adeguando al nostro modo di vita. Alcuni sono andati ad abitare in case di muratura, le donne hanno smesso le lunghe gonne ed ora indossano i pantaloni, i figli vanno a scuola, li seguono da vicino ritenendo che sia il modo giusto per integrarsi.
Anche la Sig.ra Simonetta Bucari, qui semplicemente in veste di insegnante e non di Consigliere, porta una sua significante esperienza maturata in una ventennale esperienza di insegnamento. Aveva da prima avuto contatti con bambini Rom figli di giostrai, che per l’attività lavorativa dei genitori, rimanevano nelle classi per brevi periodi di due o tre mesi e poi se ne andavano. Difficili quindi da poter analizzare e instaurare con loro, un rapporto educativo di lungo periodo. Fino al giorno in cui un ragazzino Rom, non nomade, è entrato a far parte della sua classe e con il quale è riuscita nel tempo, a stabilire un rapporto molto bello, di grande empatia, successivamente allargato anche alla famiglia del ragazzino a cui ha fornito anche una abitazione in una sua casa di campagna. Successivamente poi, con l’aiuto della Caritas, si è riusciti ad inserire in un condominio, altri due nuclei familiari con 3 bambini al seguito. Ritenendo infatti, che è forse questo il modo giusto per creare integrazione, senza far perdere loro la propria identità. Il lasciarli nei loro campi è un po’ come limitarli.
Per un’altra insegnante, il fatto che si dica che i genitori snobbano la scuola, dipende dal fatto che molti di questi, come le hanno riferito, non vanno, ad esempio, ai colloqui, perché la maggior parte di loro sono analfabeti. Le ragazze a 12 o 13 anni vengono tenute in casa perché sono ritenute adulte e quindi da adibire ai lavori di casa.
Io non sono razzista, né pensavo di avere pregiudizi a prescindere: l’occasione dell’incontro ha portato a ricredermi o quantomeno a sapere di non esserne completamente indenne. Non posso certo dire che nei confronti dei "nomadi" fossi molto "aperto" e ben "disposto". Certa era una cosa, non conoscevo l’etnia Rom e come tanti ero ignorante in materia e quindi con almeno una punta di pregiudizio.
Se dicessi che dopo essere uscito dal San Rocco, oggi vedo tutto rosa, direi solo una falsità. Sicuramente posso però affermare che d’ora in avanti sarò in grado di analizzare con una critica più obiettiva e forse con un pelo di "pregiudizio" in meno, certi loro atteggiamenti, raffrontandoli con i miei.
Anche perché mi si è acceso l’interesse per la storia di questa etnia che mi spingerà a saperne di più. Cosa del resto facile oggi con Internet!
di Franco Giannini
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!