Volti e nomi della Senigallia celebre ma modesta n°13: Carlo Ponzio
"Tuttologo dell'ambiente" più conosciuto forse all'estero che nella sua stessa città, eppure…
Cominciavo con il temere di vivere una manzoniana vicissitudine del tipo “questa intervista non s’ha da fare” per i continui rinvii a cui siamo stati costretti a ricorrere sia io che Carlo. Il nostro primo contatto mail, risale nientemeno che al 26 Ottobre del 2010. Attesa tanto lunga che nel frattempo ci ha permesso di passare dal formale “lei” all’amichevole “tu“. E solamente pochi giorni fa, finalmente, il rendez-vous al parco della Pace, in un scenario che involontariamente avevo scelto, ma in tono con gli argomenti che avremmo trattato.
Dicevo, che non riuscivamo ad incontrarci per gli impegni che avevamo, ma meglio sarebbe il dire, che aveva, dal momento che i miei sono stati causati, per una volta, da motivi di salute. I suoi invece, mi avevano cominciato ad insospettire… mi diceva che era sempre in partenza per l’estero… ero però il solito maligno!
Da fine ottobre ha “visitato” l’India, la Palestina, la Siria, la Serbia e “girovagato” per l’Italia.
Qualcuno dei lettori, però, a questo punto si chiederà: “ma chi è sto Carlo Ponzio?”
A Senigallia è un semplice ed anonimo laureato in Scienze Agrarie e Dottore Agronomo. Forse non tutti sanno, come del resto il sottoscritto, chi sia esattamente un agronomo e quali siano le sue specifiche mansioni ecco allora qualche nota esplicativa.
Dal termine si comprende che esso è legato all’ambiente, alla terra.
Ed invece andando a documentarmi sono venuto a conoscenza che l’agronomo è come una specie, detto in modo molto grossolano e riduttivo, di “tuttologo dell’Ambiente“.
Sì perchè accentra su di sè competenze tecniche per guidare gli interventi dell’uomo sui fattori che determinano qualità e quantità della produzione agricola e zootecnica, ma in una forma tutta particolare, quasi un ingegnere sui generis, o meglio, una specie di economista, ma no, certamente un biologo, un chimico.
Insomma una persona conscia di operare in un elemento estremamente versatile ed imprevedibile come la terra, la natura, ma anche nell’ambito urbano.
E la molteplicità di questi suoi “ruoli” fa sì che una buona professionalità gli imponga di interessarsi di materie che vanno dall’agronomia alle industrie agro-alimentari; dalla difesa del territorio e dell’ambiente agli allevamenti; dalla progettazione, programmazione e pianificazione territoriale all’estimo e da questo a tutta una serie di consulenze.
E mi chiedo se di ciò non abbia bisogno Senigallia… e pensare che noi ci “serviamo” a Bologna, quando di simili luminari ne abbiamo a casa a km zero. Questo veramente a km zero! Mi si permetta di assolvere schiettamente, anche in questo caso, al ruolo di Brontolone.
E… visto mai che a qualcuno possa interessare, metto qui (dietro sua autorizzazione!) anche il suo indirizzo di posta Carlo Ponzio, agro_studio@libero.it.
Ritornando a Carlo, egli nasce a Roma, ma da buon cittadino del mondo si laurea in Scienze agrarie a Firenze, nel ’96 consegue un master in agricoltura ecologica in Olanda a Wageningen, poi un dottorato di ricerca iniziato nel 2006 e terminato nel 2011 all’Università Politecnica delle Marche ad Ancona. La mamma di Senigallia ed il babbo di origine siciliana, vissuto nel periodo degli studi in Maremma e ritornato a Senigallia nel ’96.
Qui partecipa ad una selezione per un posto di lavoro in un’associazione regionale di produttori biologici (AMAB), e l’ottiene. Per tre anni e mezzo, coordina le attività di numerosi agricoltori che hanno scelto l’agricoltura biologica come metodo agricolo a ridotto impatto ambientale, ed ivi esercita la sua professione. Convive con Monica, la sua compagna, anche lei di Senigallia, che tre anni e mezzo fa gli ha regalato lo splendido Giulio.
A questo punto la domanda mi sorge spontanea: “Mi spieghi Carlo come ti è venuto in mente di scegliere la Facoltà di Agraria, rispetto a che so… una più attinente ai giorni nostri… fisica, o qualcuna di queste ingegnerie proiettate verso il futuro. Ho l’impressione che l’Agraria richiami più il passato che un futuro…“.
Mi fissa e dall’altra parte del tavolo, semidisteso sulla panchina di legno, rilassato, tranquillo, con la gamba allungata, dopo un attimo di riflessione esordisce con un: “Devo sinceramente dirti che ero attratto verso Biologia, ma quello che maggiormente mi interessava non era tanto lo studio di queste scienze, lo studio delle cellule o altro, quanto l’applicazione concreta e diretta di questi studi sull’ambiente. Da qui la mia scelta della Facoltà di Agraria“.
“Dicono che le distanze sono quelle che solitamente rendono difficili i contatti. Con te, malgrado abitassimo a km zero, non è stato così, perchè eri e sei “perennemente” all’estero. Quali sono i Paesi che hai visitato fin qui per i tuoi impegni di lavoro?”
“Permettimi di fare un attimo mente locale… allora vediamo: partendo dalla zona asiatica… sono stato in Bangladesh, India, Iraq, Libano, Siria, Palestina. In Africa invece ho potuto ammirare paesi come la Tunisia, l’Egitto, l’Eritrea, la Somalia, l’Uganda, il Mozambico e lo Swaziland. Poi in Europa sono stato in Serbia e Croazia e nell’America del sud sono stato in Argentina“.
Allora sorridendo gli chiedo: “Scusa la mia profonda ignoranza, mi hai detto che sei stato in Swaziland… intanto dimmi come si scrive … ma dove si trova di preciso? Con tutta sincerità, non l’ho mai sentito nominare“.
Guardandomi, anche lui sorride e di rimando: “Ma non sai neppure che cosa ti sei perduto! E’ un piccolissimo paese incastonato tra i monti che dividono il confine tra il Mozambico ed il Sudafrica. Un Paese povero, scarsamente abitato, ma pieno di verde e di parchi… veramente bello“.
“Scusami per la domanda un po’ personale… ma la tua compagna, con quale occhio vede il tuo lavoro, con i continui viaggi che esso comporta e neppure sempre in paesi del tutto tranquilli… Comprendo che sia costretta a conviverci, ma non le è di peso?“.
“Nei miei primi viaggi veniva con me, poi sono venuti anche i suoi impegni di lavoro, così ha dovuto rinunciare, ora poi anche con l’arrivo di Giulio, la cosa si è fatta quasi impossibile, finchè lui non crescerà ancora un pò. Devo dire però che anch’io ho ridimensionato i tempi di permanenza ed attualmente le missioni sono più brevi e non durano mai più di poche settimane, magari vengono ripetute, quello sì“.
“Tu vai in questi paesi, per conto di chi, come privato professionista o come consulente di qualche ente, associazione o che so io?“.
“Sia in Italia che all’estero, io lavoro come un libero professionista che offre le sue consulenze a chiunque gliele chieda. Collaboro ad esempio con l’Università Politecnica delle Marche ad Ancona, e con uno studio di Ingegneria di Padova che opera in costruzioni di opere di irrigazione in medio-oriente; ho contribuito a scrivere un progetto rurale in Egitto con la società di sviluppo della Regione Marche, SVIM, tutt’ora in attesa di finanziamento. Dal 2006 sono consulente delle Nazioni Unite, per la FAO. Ho tuttavia lavorato anche per diverse organizzazioni non governative italiane ed europee.
Il mio lavoro consiste maggiormente in consulenze, ma anche come supervisore di progetti in corso, per relazionare i miei clienti sui progressi raggiunti o per segnalarne i ritardi o le anomalie riscontrate. In Siria, attraverso un programma di sviluppo istituzionale sto diffondendo le modalità per l’incremento dell’agricoltura biologica formando divulgatori agricoli ed istruendo i dirigenti che poi costruiranno le future politiche agricole del loro Ministero. In Palestina, invece ho il compito di valutare il sistema di qualità agroalimentare di prodotti quali olio d’oliva, mandorle, datteri della Valle del Giordano e cuscus, nell’ambito di programmi di commercio equo e solidale“.
Questa sua ultima descrizione mi porta ad una riflessione che faccio ad alta voce: “il fatto che tu mi parli di ’sistema qualità’ in questi Paesi, dove ancora l’asino è il più diffuso mezzo di trasporto… con tutta sincerità, mi dà un pò da pensare“.
E lui di rimando: “Ohi Franco… ma guarda che sono sì piccoli agricoltori, imprese a carattere familiare che utilizzano gli asini per il trasporto, ma nelle loro città ci sono laboratori ed università accreditate in grado di compiere un lavoro egregio. Il difficile sta nel far entrare nella loro mentalità le elevate esigenze di igiene alimentare di noi europei: standard di qualità che sono da noi ormai legge da molti anni. Ti assicuro che è un’autentica soddisfazione vedere un gruppo di un centinaio di piccoli agricoltori, magari analfabeti, che in pochi anni fanno grandi progressi, impegnandosi tanto! Il mio lavoro diventa quindi più semplice e non impossibile“.
Lui non lo dice, ma emerge dal tono delle sue risposte: dimmi la verità, tra Paesi sottosviluppati e noi, ’civilizzatori’, quelli a portare ’la sveglia al collo’ siamo proprio noi? Loro se la sono tolta e noi ce la siamo messa? Loro puntano al biologico, la coltura del futuro, noi abbiamo abbandonato le campagne per abbracciare l’industria e non siamo stati capaci di mantenere in piedi neppure quella. Mah…
Permettimi un’ultima domanda, alla “portoghese“: “Che cosa suggeriresti per veder crescere “l’orticello di casa nostra” a Senigallia? Una medicina in due righe, che aiuti a dare in parte una boccata di ossigeno all’economia, da affiancare a quel pò di turismo che ancora ci resta, sfruttando le terre un giorno abbandonate con il miraggio di diventare tutti ricchi, industriali e senza calli nelle mani“.
Sembra che qualcuno quasi gli abbia suggerito che gli avrei posto questa domanda, perchè senza pensarci su due volte mi risponde: “La provincia di Ascoli Piceno ha avviato un progetto a cui avevo anch’io partecipato nella sua fase iniziale: si tratta di Filiera-Corta-Picena. Anche Senigallia potrebbe sviluppare un progetto analogo che organizzi con efficienza una filiera locale corta, sostenendo i Gruppi di Acquisto (GAS) esistenti e aiutando a crearne di nuovi. Una vera operazione di rieducazione al consumo alimentare, che potrebbe entrare anche nelle scuole della nostra città; alimenti freschi, biologici, a prezzo di costo, prodotti a pochi chilometri dalle nostre case. Certo, anche i consumatori dovrebbero rivedere le loro esigenze ’istantanee’ ed armonizzare le loro richieste con i tempi e le esigenze dei contadini. In tal modo sarebbe favorita una sana nutrizione biologica, una nascita reale di una mentalità ecologista, un risveglio di un settore economico sopito. Ma del resto, non scopro nulla, le Marche già sono tra le prime regioni a vantare il maggior territorio nazionale per produzione biologica e Senigallia ha già delle realtà in tal senso, che però per crescere devono essere ulteriormente aiutate“.
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