Senigallia, Ex Sacelit: e l’interesse generale?
Fiamma Tricolore interviene sul nuovo quartiere che sorgerà dalle polveri della vecchia indutria
Dopo tanti anni di aspettative lunedì 4 ottobre è stata firmata ufficialmente la convenzione tra Pietro Lanari e il Comune di Senigallia per riqualificare l’area ex Sacelit. Come al solito squilli di trombe e rullo di tamburi hanno accompagnato la firma. Ma ci dispiace che il bene comune e l’interesse generale ancora una volta siano stati disattesi.
In Italia le statistiche ci dicono che mediamente c’è un architetto ogni 400 abitanti. Ed allora chiediamo al sindaco Mangialardi: a Senigallia e dintorni non c’era un architetto valido, capace di onorare l’incarico? Perché è stato scelto l’Arch. Portoghesi oltre che libero professionista, professore universitario? Gian Lorenzo Bernini non è uscito dalla facoltà di architettura, eppure se l’è cavata non male nel progetto di San Pietro, colonnato e tutto. Anzi, nè i costruttori di cattedrali, nè quelli che fecero le terme di Diocleziano, nè uno dei grandi edifici del nostro passato artistico, hanno mai frequentato un’università. Spesso non ne sappiamo i nomi, perchè essi stessi si consideravano non più che artigiani. Nulla a che fare col divismo sprezzante dei Zanuso, dei Fuksas, dei Piano e dei Portoghesi.
Ecco il punto. Architetti fieramente anticapitalisti, famosi nel rifiutare di piegare l’architettura alle esigenze dei “padroni”, arraffano senza scrupolo commesse miliardarie. La questione del committente, di chi paga e ordina l’opera, è cruciale nell’architettura, più di ogni teoria o di ogni estetica. Per secoli l’architettura è fiorita per ordinativi di uomini importanti, aristocratici, fin dall’antica Roma, ricchi politici in carriera che donavano alle città opere pubbliche grandiose, o Papi, gran signori e principi, o comunità religiose, o pii donatori, sfarzosi mecenati. L’ambizione che l’opera manifestava era loro, loro il nome che volevano rendere eterno ed imperituro, loro la responsabilità dell’intera opera dall’inizio alla fine. Sotto il loro occhio e il loro gusto le idee personali dell’architetto potevano esprimersi, ma adattate, anzi spesso malleabili come cera, ai loro desiderata.
Non ci risulta che l’Amministrazione Mangialardi, e la precedente Angeloni, abbiano avuto idee, visioni e gusto per valutare, né tanto meno un nome da illustrare, come i Medici di Firenze o Papa Sisto (commissionari di Michelangelo). Oggi ci sono le convenzioni, le AUS (Aree di Urbanizzazione Secondarie), rapporti burocratici fatti di nulla-osta, di stati di avanzamento, di contratti, di commesse alle ditte amiche. Oggi non si sceglie l’architetto migliore, si sceglie il più pagato. In Italia è impossibile eccepire ai soliti architetti, stanchi ripetitori di modernità nate all’estero, ingoiatori di commesse pubblico-private, spesso ricevute in grazie alla loro tessera o appartenenza politica. Almeno smettessero di autocelebrarsi come rivoluzionari critici dell’ordine esistente, questi maggiordomi dell’esistente e dei poteri costituiti. Noi della Fiamma Tricolore avremmo preferito un architetto meno esigente economicamente, sconosciuto, meno stravagante, più tradizionale, magari con maggiore conoscenza della cultura umana del luogo.
Perché? Essenzialmente per due motivi. Nel progetto sono previsti circa 170 appartamenti ed un albergo di 5 stelle. Ancora una volta si partorisce un’idea, un progetto ircocervo, metà turistico, metà residenziale perché l’importante è attrarre gli speculatori, i palazzinari, quelli che lor signori dovrebbero odiare, i padroni. Vogliamo ricordare a questa sinistra eco-massimalista e radical-chic che l’architettura è per sua essenza, il modo in cui il potere si auto-presenta in un dato momento storico, ed è insieme un modello che include la società civile. Qual è il vostro modo di presentarvi? Qual è il vostro modello di inclusione civile? Le città autentiche, quelle che la società umana ha costruito nei secoli per concrezione naturale, sono abitabili, con la fusione spontanea di abitazioni per famiglie, cinema e teatri vicini, con strade e piazze nate dai passi degli uomini, non da Torri stravaganti. Perché allora non destinare, almeno parte delle abitazioni, magari con un programma di edilizia sociale, alle giovani coppie sempre più costrette ad emigrare nei comuni limitrofi? E se gli appartamenti da mini diventassero di 80-90 mq, idonei e adatti ad ospitare nuove famiglie?
E poi ci spiegate cosa c’entrano le Torri con la ciminiera d’amianto? (Se non altro per non infastidire i morti dell’aldilà e non tormentare i vivi dell’aldiquà). Ma invece di un esplicito riferimento alla Torre, non era meglio ricollegarsi allo stile della Rocca dei Malatesta e dei Della Rovere? Allora modestamente suggeriamo Torrioni e non Torri. Queste ultime sono più adatte a luoghi collinari con mura e castelli che possiamo trovare nell’entroterra, come ad esempio intorno a Jesi o a Monterado. Ah ecco ! Adesso abbiamo capito perché le agenzie immobiliari hanno ribattezzato il nuovo quartiere Borgo delle Torri. E’ forse un loro modo per dire grazie alla nobiltà rossa di Monterado ed ai suoi successori?
da Riccardo De Amicis
Spero che la crisi ci salvi, visto che i politici non sono stato in grado di farlo. 170 app. un centinaio di camere d'hotel fanno pressappoco 350 auto più dipendenti e amici e parenti faranno di quel posto il luogo più caotico delle marche nei mesi di luglio ed agosto e morto negli altri mesi, spero che la crisi con i suoi difetti possa avere il pregio di non permettere ai nostri dell'entroterra di aquistare quegli appartamenti.
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