Il IV Premio di Poesia "Vedovelli": le impressioni di Franco Giannini
Premi distribuiti, qualcuno da assegnare e... qualche ritocco per le prossime edizioni
Anche il 4° concorso di Poesia intitolato a “Cesare Vedovelli” deve intendersi archiviato e annoverato nell’album dei ricordi, come un’altra edizione estremamente posistiva, sia per la quantità di opere pervenute che per la loro qualità. Il concorso articolato su tre sezioni, Speciale Ragazzi, Dialetto e Lingua Italiana, ha visto finalisti 10 concorrenti per ciascuna categoria.
Questi i vincitori di ogni sezione:
Ragazzi: Tocco d’artista (di Tommaso Tinti)
Dialetto: Fonte Funtecchie (di Floredana De Felicibus)
Lingua Italiana: Le mie Stagioni (di Antonietta Calcina)
Per vedere tutta la classifica dei dieci finalisti di ogni categoria si può consultare il sito del circolo ACLI id San Silvestro
Non sono stati assegnati, perché del resto non erano in palio, altri due premi che non sarebbero stati però fuori luogo averli inseriti. Uno da destinarsi all’Organizzazione che si è fatta carico di tutta questa mole di lavoro, sempre diretta dall’infaticabile Anna Maria Bernardini e l’altro, di maggior valore, a quell’insegnante della V° classe della Scuola Primaria “Madre Teresa di Calcutta” di Montelupone, che da due anni sta portando avanti un progetto-programma di studio della poesia tra tutti i suoi alunni. E visti i risultati ottenuti fin qui, fa ben sperare nel proseguo dell’iniziativa e fa piacere, ogni tanto, poter esaltare quanto di “buono” avviene nella nostra Scuola.
Dopo gli immancabili saluti dell’ Amministrazione per bocca degli Assessori Giacomelli e Mangialardi, uno dei giurati, il sig. Maddamma ha voluto rivolgere un gentile pensiero ad una grande donna, esperta in letteratura americana ed anch’essa valente poetessa che da poco ci ha lasciato: Fernanda Pivano. Ed era a quel punto che invitava sul palco un’altra delle giurate, la sig.na Valeria Bellagamba, perchè ci leggesse una delle poesie tradotte dalla poetessa scomparsa dal titolo originale “Song”, Canzone.
Camilla Marcantoni e Alessandro Cicconi Massi, mettevano tutta la loro passione, esperienza e capacità, in questo recital-declamatorio delle 30 composizioni finaliste, accompagnati dal sottofondo musicale di una chitarra discreta che creava la suggestiva ambientazione ad ogni opera.
Quindi, tutto bene, tutto bello, ma che critico uno sarebbe se uno non riuscisse a trovare almeno un piccolo difetto? Non che questo sia obbligatorio per chi scrive, ma il trovare cose che non vanno, lo sparlare, fa crescere l’audience. Molto probabilmente o sono sfortunato o sono incapace di creare questo tipo di attrazione. Lo ammetto, non sono riuscito a trovare nulla che facesse al mio caso, se non un motivo di riflessione, che mi porta non ad una critica, bensì a porre più sotto forma di suggerimento per gli anni a venire. Appena sono state lette le classifiche, con tutta sincerità, non mi sono trovato concorde con i giudizi formulati dalla giuria. Però si sa che quando il giudizio si basa su dati non matematici come quelli di misure, tempi, pesi, ecc., ma da semplici valutazioni personali, è sempre difficile far combaciare le sensazioni di più persone. Non soddisfatto, allora ho chiesto alla Bernardini se mi poteva fornire le copie dattiloscritte delle poesie, onde rileggermele con più tranquillità. Da questa lettura ho potuto ricredermi, almeno in parte, sul giudizio emesso dalla giuria, ma sopra tutto sull’utilità suggerita da mia moglie che con quel senso della praticità delle donne, aveva suggerito, poco prima alla Bernardini, di consegnare il prossimo anno, all’ingresso, le fotocopie dei lavori finalisti. Onde seguire oltre che la recitazione dei dicitori, anche l’opera attraverso lo scritto.
Credo poi che anche un qualche ritocco necessiterebbe alla sezione del dialettale, perché il recitare in vernacolo e poi tradurre in italiano, mi sembra sminuisca ogni tale valore. E’ come bere un bicchiere di buon vino DOC, allungandolo con l’acqua. Racchiuso nel vernacolo c’è tutta la storia locale, che si deve comprendere in ogni vocabolo usato, e spesso ci si sofferma a giudicare se quel vocabolo è stato usato nel modo giusto o è stato italianizzato. Tradurre serve solo a far comprendere il contenuto…ma a quel punto a che serve, tanto varrebbe costruire la poesia in italiano. Allora che fare ? Onestamente non lo so neppure io, se dovessi esprimere una mia sensazione a caldo, direi restringiamo le frontiere, facciamo rientrare in questa sezione solo dialetti della nostra regione. Non certo per motivi campanilistici, ma per una facilitazione di comprensibilità.
Intoccabile, anche se tutto è migliorabile, la sezione Ragazzi: con i suoi contenuti sempre puliti, sinceri, ingenui, privi di retorica, che solo i ragazzi, ancora bambini, sanno esternare.
Arrivederci al prossimo anno.
Testo e foto diFranco Giannini
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