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L’Angelo Della Morte si libra e danza

Le sperimentazioni di Jan Fabre alla Fenice di Senigallia


Angel of DeathDice che si libra e danza perchè non sa fare altro, dice che bisogna cercare di parlare ma senza dire niente e nient’altro che niente, dice che la vita è una giungla in cui vige la legge del più forte (Life is a jungle, eat or be eaten)…E’ il diavolo di Jan Fabre: quell’Angel of Death che è andato in scena sabato 3 e domenica 4 marzo alla Fenice di Senigallia in esclusiva nazionale.
Che sia un appuntamento particolare della stagione teatrale proposta dal Comune di Senigallia si capisce da subito: gli spettatori si ragguppano nel foyer del teatro e vengono fatti entrare tutti insieme, condotti sul palco, dietro il sipario chiuso, in un ambiente circondato da quattro teli neri su cui sono installati quattro megaschermi.Ci si siede a terra, su dei cuscini, il più vicino possibile ad una piccola piattaforma quadrata, posta in mezzo, su cui è già distesa, rattrappita, la protagonista Ivana Jozic.
Quel corpo pian piano prende forma, si sgranchisce, tra gemiti e sospiri che sembrano provenire dall’oltretomba, si alza in piedi, si presenta: sono quello che chiamate Belzebù.E poi inizia un’interazione con colui che appare sugli schermi (il coreografo William Forsythe), che passa e parla da un schermo all’altro, mentre scorrono immagini di teschi, di feti umani “figli” di esperimenti di laboratorio, di morte.
Belzebù/Jozic segue, spesso anticipa, quello che Forsythe dice dallo schermo, lo chiama maestro, ma molte volte già sa cosa dirà, ballano insieme una macabra danza, ci si chiede se sia non la stessa entità che sta in un corpo ora di uomo, ora di donna…
Il monologo è complicato, a tratti ciclicamente ripetitivo e martellante: in inglese (sopratitolato) sugli schermi, in italiano per la parte dal vivo. Parla dell’Io, della sua evoluzione, del diavolo che è negli uomini (Chi mi ama, ama se stesso, chi mi odia, odia se stesso), del fatto che il diavolo non ha bisogno di far nulla, sono gli uomini che agiscono, guidati dal timore che il solo nome di Belzebù provoca in loro, mentre egli danza e si libra: non sa fare altro.E la danza ricomincia, tra il fetore di camaleonti che sanno di insetti mal digeriti.

Luca Ceccacci

Luca Ceccacci
Pubblicato Lunedì 5 marzo, 2007 
alle ore 9:13
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