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Corinaldo, ma quale turismo!

di Italo Peliga


Corinaldo Halloween 2006La festività del 1° Novembre rappresenta per molti corinaldesi del centro storico una duplice ragione di giubilo.
Quel "liberaci dal male" recitato alla funzione religiosa di Ognissanti si materializza, per una volta, con il ricordo della "Notte delle Streghe" passata insonne al suono selvaggio dei tam tam, con corollari di portoni sfondati a calci, muri domestici imbrattati di ogni sorta di escrementi, vandalismi diffusi sulle automobili, ubriachezza molesta, ecc. ecc. ecc.
Difficile valutare questo disagio, anche perché le lamentale degli sparuti abitanti del centro storico della città gorettiana rischiano sempre di passare inosservate, se non addirittura moleste, a fronte della convinzione diffusa che "comunque" la festa di Halloween rappresenti una opportunità turistica per il "paese più bello del mondo".
Difficile è anche sputare in faccia a chi, come in questo caso i volontari della Pro Loco, si prodiga anima e corpo per la riuscita di una manifestazione che porta a Corinaldo migliaia di persone, e neppure si può accettare una visione dell’ "ospite" come un fastidio, una "rottura" di un beato isolamento, e non invece come un’opportunità da coltivare e, perché no, da sfruttare.
Il problema dunque non è tanto il "disagio" che feste come quella di Halloween portano alla popolazione residente, quanto la considerazione dell’importanza "strategica" ai fini turistici che più o meno ostentatamente si cerca di dare a simili manifestazioni.
La Pro Loco di Corinaldo fa bene il suo mestiere, organizza una festa che raccoglie uno straordinario successo di pubblico, punto e basta. Altra cosa sono le politiche turistiche, che per altro sono competenza delle pubbliche amministrazioni.
Abbiamo avuto, è vero, negli ultimi decenni, da parte anche di alcune amministrazioni comunali, la seria convinzione che la promozione turistica sia una carta vincente per Corinaldo, come è vero che l’attivismo di associazioni di volontariato, in primis la Pro Loco, ha contribuito a smuovere le acque stagnanti dell’oblio per una realtà che comunque ha potenziali motivi di interesse anche per un pubblico di qualità. Ma oggi la situazione appare diversa.
Mi pare cioè che il turismo inteso come "numero di persone che hanno sentito parlare di Corinaldo" o "numero di persone che hanno passato qualche ora a Corinaldo" (fossero pure davvero 80.000!) non sia un dato serio che possa giustificare il trionfalismo di chi parla di Halloween come del "fiore all’occhiello" dell’amministrazione comunale, tanto più che l’alibi non regge di fronte ai preoccupanti segnali quali la "sofferenza" e persino la chiusura delle poche strutture ricettive esistenti, tanto per fare un esempio. Nonostante quindi la retorica che aleggia attorno alle due principali iniziative ormai consolidate e cioè la Festa del Pozzo della Polenta e, ancor più, la Festa di Halloween, non credo si possa trovare più di qualche decina di corinaldesi che tragga un certo beneficio economico, per di più occasionale, da questo tipo di "promozione turistica".
Il problema dunque non è rappresentato dagli "inevitabili piccoli disagi" che deve sopportare, in queste giornate di festeggiamenti, una popolazione invasa da uno tsunami di folle scatenate. Neppure il rischio di un riflusso paganeggiante, tanto temuto da autorevoli moralisti, mi pare possa rappresentare una seria minaccia: se un tale rischio esiste, non è certamente imputabile a chi organizza delle feste. Ma se è tutto da dimostrare che i corinaldesi in generale stiano meglio grazie a tali eclatanti ancorché isolate iniziative e che questo tanto parlare di promozione turistica alla fine non si dimostra più produttivo di uno sparo di cannone di fico, allora tanto varrebbe accettare la provocazione del compianto Mario Carafoli: meglio vivere nel "paese più bello del mondo" che forse è tale proprio perché ignorato da tutti.
Finché insomma la definizione "qualità della vita" non possa rivestirsi di contenuti concreti e strutturali, finché le "cinte murarie ben conservate" resteranno una metafora di quel chiuso provincialismo che mantiene rigorosamente lontani da ogni flusso culturale, che non sia la spocchiosa rincorsa teleguidata al momentaneo "trendy", finché prospererà indisturbato quel piccolo cabotaggio istituzionale che brilla per assenza di progettualità, allora anche lo sforzo dei magnifici seicento non potrà alzare di un millimetro la sorte del nostro beneamato borgo.

Italo Pelinga

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Venerdì 3 novembre, 2006 
alle ore 10:05
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