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San Lorenzo in Campo: Dalla notte il magico – 23 giugno 2006

"Distillati di una notte magica: liquori ed elisir di streghe e frati"


Lo spunto di questo incontro ripete l’esperienza della serata organizzata lo scorso anno per la ricorrenza di San Giovanni, data coincidente con il solstizio d’estate, tradizionalmente reputato un momento magico dell’anno, addirittura occasione di convegno per le streghe.
Queste creature malefiche secondo una credenza popolare radicata nei secoli si davano appuntamento attorno ad un albero di noce, e proprio con questi frutti stregati, colti ancora verdi nella notte di San Giovanni, si preparava il nocino, liquore considerato terapeutico, o anche il vino "nociato" e "nocellato".
L’elisir con queste bacche ancore madide di rugiada ricorre in tutte le regioni d’Italia con infinite varianti: nel pesarese, profumato con chiodi di garofano (tre per ogni dozzina di noci), si centellina con più gusto se adeguatamente invecchiato in botticelle. Ogni zona ed addirittura ogni casa aveva però la sua precisa composizione segreta che perfezionava il sapore personalizzandolo con alcune precise spezie o certe foglioline aromatiche scelte con cura. Pellegrino Artusi nel suo celeberrimo ricettario, quasi un compendio di secolari tradizioni italiane comuni a contadini e signori, vi aggiunge anche la cannella regina e "la corteccia di un limone di giardino a pezzetti".
Era appunto universale l’uso di questo liquore con i frutti verdi virtualmente riferiti a quell’albero di noce secolare che, secondo orrida e radicata tradizione, vedeva ogni anno nel solstizio d’estate riunirsi un convegno malefico di streghe. Ma non è un caso che il nome perentorio di "Strega" caratterizzi anche un altro celeberrimo liquore, nato proprio a Benevento nel 1860 per idea di Giuseppe Alberti, che ideò questo infuso alcolico di radici di angelica ed altre erbe aromatiche, con lo zafferano che gli conferiva l’inconfondibile colore dorato. Ma nella raffinata ed anche oscura arte liquoristica, così affine alla sottile conoscenza erboristica, è molto sottile e labile il confine tra profano e sacro, tra maleficio e beneficio, tra convinzioni e superstizioni demoniache e devozione cristiana.
Del resto furono storicamente gli ordini monastici a codificare l’arte della distillazione: i frati benedettini studiavano e classificavano le erbe officinali nelle loro proprietà mediche, catalogandone tutti i possibili impieghi curativi nei distillati. Fin dal VI secolo i frati disinfettavano le ferite dei soldati con bende imbevute nel vapore condensato dal vino bianco, considerato una miracolosa panacea, autentica "acqua della vita", in latino "aqua vitae" (e quindi per pronuncia acquavite).
"Distillare è imitare il sole che evapora le acque della terra e le rinvia in pioggia": così scriveva Dioscoride Cilicio, medico di Tiberio: ed in effetti l’acqua alcolica di queste erbe catturate nelle loro essenze aveva poteri conclamati non solo come pozione ma anche come farmaco per disinfettare e per le abluzioni, un po’ come l’acqua "magica" di San Giovanni preparata nelle nostre campagne durante la notte di prima estate, con le erbe colte ancora irrorate di rugiada, magico balsamo che si sperava facesse crescere i capelli, favorisse la fecondità, curasse la pelle ed allontanasse le malattie. Le erbe, di San Giovanni e non solo, hanno sempre nell’immaginario comune rappresentato una sorta di purificatoria e prodigioso farmaco universale. I conventi in particolare iniziarono appunto la pratica di tradurre queste misticanze vegetali in elisir apprezzati dappertutto, nati dalla flora caratteristica ed unica che vegeta attorno agli eremi. Furono ad esempio i monaci abruzzesi a creare l’inconfondibile "Centerbe", così chiamato per le piante assemblate ad arte in questa "rugiada" alcoolica, in un numero tondo, evocativo e quasi magico. Dal chiuso dei chiostri assieme alle essenze balsamiche anche questi segreti di distillazione sono filtrati all’esterno, e progressivamente anche il mondo secolare di contadini e liquoristi si è appropriato degli oscuri impieghi dell’alambicco. Ogni cittadina o paese ha codificato il suo caratteristico amaro d’erbe, sapore condensato della flora e dei saperi aromatici antichi di un territorio.
Alcuni di questi liquori sono ormai celeberrimi e questo incontro di San Lorenzo in Campo vuole appunto essere una promozione ed un auspicio per il liquore di San Lorenzo appena nato in produzione. In questa tappa di "Sentieri d’arte e di mense 2006" dopo la doverosa e consueta visita al "Museo delle Terre Marchigiane – Collezione Straccini" (incentrata in particolare sull’angolo dell’osteria con le antiche locandine pubblicitarie di bibite e liquori), la tavola rotonda cercherà di narrare la pratica dei liquori d’erbe dalla ricorrenza di San Giovanni fino alla produzione ed al consumo più generalizzato di questo genere voluttuario nella storia della convivialità. Assieme al curatore Tommaso Lucchetti, interverranno appunto esperti di liquoristica, lo storico locale Luigi Speranzini, ed i produttori del nuovo liquore di San Lorenzo che descriveranno le caratteristiche specifiche di questa nuova tipicità tenuta a battesimo per l’occasione. La chiusura dell’appuntamento sarà appunto affidata alla tradizionale cena di San Giovanni, questa volta scandita dagli aromi delle erbe da elisir, e magari conclusa da dolci fiammeggiati al liquore, che faranno compagnia agli immancabili fuochi caratteristici dei falò di questa festa.

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Martedì 20 giugno, 2006 
alle ore 10:11
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