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In Esclusiva regionale a Senigallia Marco Paolini

Giovedi' 7 aprile al Teatro La Fenice


Marco PaoliniProseguono a La Fenice di Senigallia i grandi eventi teatrali proposti dal Comune di Senigallia Assessorato alla Cultura in collaborazione con INTEATRO Teatro Stabile di Innovazione.
Giovedì 7 aprile, alle ore 21, sarà di scena un vero big del teatro civile e di narrazione, Marco Paolini. Autore di memorabili inchieste teatrali sul Vajont, su Ustica, sui morti di Marghera, Paolini presterà la sua arte di narratore al "Il Sergente", ispirato al libro autobiografico di Mario Rigoni Stern, "Il sergente nella neve". Ambientato nell’inverno 1942-43, il racconto affronta uno degli episodi più drammatici della storia del nostro esercito: la ritirata dei soldati attraverso la taiga russa. ‘Il Sergente’, questo il titolo del nuovo spettacolo di Paolini, è una produzione di Iole Film. A Senigallia andrà in scena in ESCLUSIVA REGIONALE.
Un testo, un attore, una voce e il pubblico: non c’è altro in questo spettacolo che spiazza attrae e affascina. Paolini mette la sua arte e il suo talento indiscussi al servizio d’una riflessione su vanagloria e stupidità dei guerrafondai. "Non c’è niente di più forte contro la guerra – afferma lo stesso Paolini – come invettiva antimilitarista, di qualcosa scritto da un ex soldato". I ritratti da lui interpretati, personaggi oscillanti tra speranza e ricordi d’una lontana pace familiare, il tentativo di mantenere una dignità che possa dirsi ancora umana, non ancora del tutto compromessa da un tangibile orrore, hanno il colore d’una sanguinosa attualità.
Nel monologo Marco Paolini parte per "andare a vedere" che cos’è il Don della ritirata, là dove i combattenti sono poveri uomini sperduti che sognano di "tornare a baita". E il suo racconto è quello di Rigoni: una guerra di poveri cristi, di disgraziati, di contadini alle prese con altri contadini. Al fronte, questa umanità sospesa tra vita e morte, riflette sulle proprie armi inadeguate (una mitraglietta di fine ottocento, che gli italiani chiamano ironicamente "la capra"), e si aggrappa alla speranza del ritorno. Sono uomini mandati allo sbaraglio, talvolta confortati dalla esorcizzante allegria del piemontese Tourn o dal calmo comportamento del flemmatico caporale Pintossi. Ma in questa galleria di tipi umani, anche il cupo e taciturno Lombardi, il generoso Cenci, il tenente malato Moscioni sono piccoli grandi uomini che mantengono fino in fondo la propria dignità in un’avventura senza via d’uscita.
Ed è nella immensa pietà contadina russa che anche il sergente Rigoni trova un appiglio per la speranza. Quando entra in una capanna e trova soldati russi intorno a una povera zuppa di latte e miglio. Chiede da mangiare, ne danno anche a lui. "In quell’isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini, un’armonia che non era un armistizio. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini". Se questo è successo una volta, scrive il sergente, "potrà tornare a succedere".

Comune di Senigallia
Pubblicato Mercoledì 30 marzo, 2005 
alle ore 10:12
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