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O ROMA….(1 parte)

di Roberto Marconi

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Erano solo le cinque ed un quarto, ma quel giorno di tiepida
primavera mi vedeva già uscire dal mio bell’ufficio del centro:
“Consulenza Legale Avv. Alberto Balducci e partners” (“partners” sarei io),
come da regolare targhetta. Non avevo neanche salutato Greta, la intelligente,
discreta e (molto) pingue segretaria dello studio; non avevo nemmeno chiuso
l’elegante portoncino di rovere anticato… in un attimo, avevo
lasciato alle spalle i decorativi mobili stile finto tecnologico e così
pure i costosi quadri di rampanti autori contemporanei, mentre le
carte, le tanto sudate carte, restavano, per una volta, ordinatamente
schierate sul tavolo, come le truppe di una battaglia che quel giorno non si
sarebbe combattuta.
-Al diavolo anche l’appuntamento col Cav. Piroetti…”O ROMA O MORTE”
pensai, anzi, no… Immaginai solo di pensarlo, tanto altrove era
rivolto il mio interesse.
Passeggiavo lentamente lungo il corso principale: ora mi fermavo
presso la vetrina di un orafo, ora presso il negozio del noto
stilista, poi lentamente proseguivo verso un autonoleggio per auto di lusso…
passeggiavo. Incredibile! Io avevo sempre rincorso un appuntamento,
oppure avevo galoppato verso un vigile che mi stava multando la
macchina, oppure avevo al massimo marciato con passo da ” broker della
City”, alla ricerca di un tavolino libero al “Centrale” per consumare
(in fretta ovviamente) il mio spuntino di mezzogiorno: ma mai avevo
passeggiato fin’ora.
Oggi invece l’aria, ormai carica dei profumi e degli aromi di maggio,
mi carezzava con complice leziosità il piacente viso abbronzato, i
bei capelli neri e brizzolati sulle tempie, le spalle ampie e ritte
nella mia atletica figura.
Che stavo facendo ora a cinque passi dall’autonoleggio? Ma che
domanda…stavo accompagnando una donna!
Francesca era entrata poco prima nel mio ufficio e io non l’avevo
notata subito. Ero intento a considerare quanto fosse regolare il mio
buon reddito, quanto regolare fosse la mia vita sentimentale con il
contatto settimanale di una agenzia per “accompagnatrici”
in città, quanto regolari fossero i miei rapporti sociali: dal
Rotary al circolo tennis . Un quarantenne regolarmente realizzato
perbacco! Per questo avevo perso la testa! Al primo colpo d’occhio fu
subito set, partita,incontro.. Ero curvo su alcune pratiche urgenti
mentre lei mi stava parlando del suo matrimonio in crisi…di suo
marito che aveva fatto sparire parte dei guadagni della sua carriera sportiva
da tempo finita per sottrarli alla divisione, di un debito di gioco
da onorare…un dramma come purtroppo ce ne sono sempre di più in giro…
un dramma regolare…
Alzai lo sguardo, come ormai faccio con scientifica precisione, per
incrociare quegli occhi che mi stavano raccontando quella umana vicenda e
poterne calcolare così quanto me ne sarebbe potuto venire in tasca,
che la riconobbi…
-Francesca…Francesca Tommasi…ma come… non ti ricordi di me? Siamo
stati compagni di banco al liceo…!-
-Ma sì…certo che mi ricordo…solo credevo che tu non volessi
riconoscermi…sai…dopo quella volta…-
Quella volta…già…
… gli ultimi giorni dell’ultimo anno al liceo Linneo. Francesca era
ripetente e quell’anno capitò che fossimo compagni di banco…forse per
caso o forse no…io arrivai il primo giorno col solito ritardo e
trovai solo quel posto vuoto. Ne fui in realtà felice: Francesca era
carina…un po’ piccolina ma proporzionata e con due lampi di occhi
scuri pieni di impliciti inviti alla conoscenza più approfondita.
Appresi però subito che era fidanzatissima con il capitano della
Nazionale di Football Americano…un energumeno alto un metro e
novanta, di otre novanta chili, nessuno dei quali contenuto nella
scatola cranica.
Non mi feci scoraggiare dal dislivello fisico…dalla mia c’era il
fatto che con lo studio Francesca proprio aveva la massima incompatibilità
e quindi si trovava sempre nel bisogno di chiedermi il compito per
cavarsela… : la corteggiai, la corteggiai in maniera sfumata, con
signorilità e costanza…ricevendone ben poco per la verità…qualche
bacetto e qualche gesto affettuoso accompagnato da frasi come “che
amico che sei!” oppure “Ti voglio bene come al fratello che non ho
avuto” o infine “sei buono, non mi deludere mai”…tutte cirlocuzioni
che sottintendevano in realtà una netta presa di distanza dalle mie
timide avances sentimentali e intimavano, implicitamente, di non
spingermi oltre.
La sera prima della recita scolastica di fine anno successe però
qualcosa…Francesca interpretava la sorella della protagonista e
doveva sedurre il fidanzato di lei per dimostrare che lui era un
fedifrago…il fedifrago ero io.
Davanti a tutti, nella scena madre, mi aveva sorpreso con una serie
di piccoli messaggi…mi guardava intensamente…più della finzione del
personaggio…mi sfiorava con le mani..più della finzione scenica…

continua
di Roberto Marconi

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Venerdì 8 ottobre, 2004 
alle ore 15:42
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