Nonno Cicalino – 2 parte
di Roberto Marconi
Però,…però,pur con la testa confusa, non potevo negare che Angelo frequentasse nonno Cicalino e non apparisse affatto matto: il dubbio e la sfiducia sulla sincerità assoluta di mia madre si insinuò tra le due metà della mia testa che continuava a divaricarsi invisibilmente come l’uovo di Pasqua che avevo imparato ad aprire in anticipo con abili colpetti sulla linea di attacco della cioccolata.Nonno Cicalino vestiva sempre di nero e portava anche gli occhiali scuri: una volta però lo avevo visto senza, mentre si asciugava una lacrima guardando di sbieco una vecchia foto ingiallita di una bambina vestita alla marinara. Aveva le pupille quasi completamente bianche e lì per lì avevo pensato che forse era un marziano: avevo visto David Bowie, una volta al cinema, che si toglieva gli occhi terrestri e sotto li aveva più o meno così…
Un’altra volta poi, da lontano, lo avevo visto litigare con papà che gli urlava:
–Bastardo, spacciatore bastardo e finocchio-
mentre mia mamma vicino a me piangeva: lei piange sempre e se si tratta di Valerio si scola addirittura … quella volta si trattava di Valerio.
Non si asciugò lacrime Nonno Cicalino. Disse solo con calma :
-Io non vendo morte, ma solo pochi grammi di serenità…suo figlio si è rovinato con qualcun altro-
Il cinema Aster si trovava nella parte sud della città: quella piena di casermoni e di cartacce per terra.
Avevo seguito Angelo e Nonno Cicalino per capire perché ero stupido: sapevo che in quel cinema facevano vedere i film "zozzi". Non avevo ben chiaro il concetto ma sapevo che solo i grandi potevano entrare, oppure i ragazzi grandi che si facevano credere più grandi. Io di certo non potevo entrare, ma neanche Angelo poteva e quindi fu totale la mia meraviglia quando lo vidi nell’atto di varcare l’ingresso senza problemi subito dopo quello che poteva apparire suo nonno.
-Di certo Angelo ha ragione e mamma ha torto- pensai, del resto avevo avuto la prova che Angelo era grande perché faceva cose da grande, mentre mamma mentiva dicendo della pazzia contagiosa di nonno Cicalino.
Qualche ragazzo si era avvicinato alla coppia da me spiata prima ancora di entrare e avevo visto trafficare il gruppetto con cartamoneta e "razzetti": non ero proprio sicuro a causa della confusione nella mia testa, ma desideravo ardentemente diventare grande al più presto.
-Nonno Cicalino, aspetta…fai entrare anche me!-
-Chi sei?-
-Sono il fratello di Valerio-
-Torna da tua madre…ha bisogno di te-
-Perché non mi fai diventare grande?-
-Chi ti ha detto questo?-
-Mah…ecco…(non volevo tradire Angelo) l’ho sentito dire da te!-
-Beh…ti voglio dire la verità: io dico sempre bugie-
Entrò recitando qualcosa del tipo "Ecco la storia raccontata da un pazzo piena di fumo e di frastuono, vuota di ogni significato reale, ecco la vita"
Tornando inquieto a casa, ripresi in mano l’agendina di Valerio, la lessi con attenzione e forse compresi allora cosa significa "“diventare grandi", ma non mi scesero lacrime: non mi scesero mai più..
Fine
di Roberto Marconi
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