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Appunti per “Federico II”

XXXVII Stagione Lirica del teatro Pergolesi Jesi


"Federico II" nacque dal desiderio di Giancarlo Del Monaco, allora sovrintendente dell’Opera di Bonn, di realizzare una produzione lirica che inaugurasse la sua gestione e che si ispirava a quel personaggio, che da sempre lo affascinava. In un primo momento, sia io che il librettista Giuseppe di Leva fummo perplessi circa la possibilità di comporre un’Opera per così dire "storica", perché ci sembrava che i rischi di cadere nella retorica, o addirittura nel ridicolo, fossero alti. Poi, man mano che si procedeva nel lavoro, trovammo quelle ragioni e quell’entusiasmo necessari per portare a termine un impegno così cospicuo. La principale difficoltà che subito ci trovammo a dover risolvere era quella di raccontare la storia di un uomo che apparentemente aveva fatto tutto: lo scienziato, il poeta, il guerriero, l’uomo politico e così via; e al quale era capitato di tutto. Correvamo quindi il rischio di non riuscire a trovare una chiave, una caratterizzazione appropriata, una direzione drammaturgica lineare. Per questo è stato necessario compiere delle scelte, eliminare anche molti lati della complessa figura di Federico II, e concentrarci su alcuni aspetti che ci sembravano prioritari. Anche per quanto concerne il procedere della narrazione, non abbiamo voluto dare il senso della conseguenza cronologica perfetta, e all’ascoltatore è richiesto lo sforzo di calarsi in determinate atmosfere e situazioni senza pretendere che vi siano delle reali ragioni drammaturgiche per giustificare gli accadimenti. In questo senso, Federico II è certamente la più "moderna" delle Opere che ho scritto. In altre parole, non ci sembrava possibile raccontare tradizionalmente la storia di Federico. Abbiamo evitato il racconto, e scelto l’evocazione, il sogno, la fascinazione di alcune situazioni tipo. Di Federico II colpisce il fatto che la sua vita sembra programmata per essere mitizzata. Compie solo gesta eccezionali, e se tutto ciò che di lui è stato tramandato risultasse vero, sarebbe il caso più macroscopico di fantasia realizzata; davvero la sua esistenza sembra un copione uscito da Hollywood. In realtà, Federico II fu un grande statista che per primo concepì quello che diventerà il fondamento dello stato moderno, e cioè la burocrazia. E anche per primo capisce che lo sviluppo e il contributo della cultura e dell’arte sono fondamentali per chi voglia detenere il potere in modo dinamico; esattamente ciò che faticano a comprendere le classi politiche del dopoguerra. Da questo punto di vista, il governare di Federico è moderno; probabilmente più moderno di quanto si sia ancora riusciti a realizzare in occidente. Dalla composizione di "Federico II" per l’Opera di Bonn sono passati dodici anni. Molte cose sono cambiate, nel modo di ascoltare lirica, di produrla, ma anche nel mio modo di comporre. L’edizione che vedremo e sentiremo a Jesi è una versione ridotta dell’Opera rispetto al progetto originale. Alcune scene sono state soppresse integralmente, e riassunte o sostituite da parti in prosa affidate al Teatro dei Pupi, o tramutate in melologo sempre interpretato da un puparo. Questo perché la commissione originale esigeva una dimensione davvero improponibile oggi, che sarebbe assurdo conservare: si trattava di tre ore e mezza di spettacolo, con una compagine orchestrale e corale smisurata e un numero altissimo di personaggi. Dunque anche l’orchestrazione ha subito modifiche sostanziali, e l’organico scelto per questa edizione è molto ridotto e differente anche nelle scelte timbriche rispetto all’originale.
di Marco Tutino

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Martedì 28 settembre, 2004 
alle ore 16:42
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