Le navi d’oro destinate a marcire nella darsena
Il Senegal non le vuole piu' e per vararle serve un mare di soldi
Le cinque motonavi destinate al Senegal e che sono invece a marcire da venti anni nel piazzale del Cantiere Navalmeccanico rimarranno a far parte del panorama del porto ma quel che più conta, sul "groppone" dei contribuenti.E stando alla situazione attuale, rischiano di starci per un bel pezzo. Almeno fino a quando le motonavi non verranno demolite e rimosse per lasciar spazio a darsene per posti barca, naturalmente con ulteriore spesa a carico dei cittadini. Questo in sintesi lo scenario che emerge.Il governo senegalese – bontà sua – lo scorso anno ha fatto sapere di non essere più interessato alla ultimazione e messa in mare dei pescherecci d’altura: un’operazioneda oltre 5 milioni di euro, senza contare l’investimento necessario per adeguare lo scalo del cantiere per consentire il varo. Chi si accollerà la spesa con questi chiari di luna? E chi pagherà per la crisi di un settore come quello della cantieristica che rappresentava un fiore all’occhiello per la città?C’è in atto un contenzioso giudiziario tra il ministero degli esteri ed il cantiere davanti alla Corte d’appello di Roma. Rimane però a distanza di venti anni il caso emblematico – e purtroppo non il solo – di gestione poco oculata dei soldi pubblici. E parliamo di finanziamenti che lo Stato italiano ha inviato a quello africano: 7.700.000 dollari – era, il 1985 – e poi 14 miliardi di vecchie lire nell’89 come "dono". Ben 30 miliardi di vecchie lire, non noccioline. Naturalmente soldi di "Pantalone", tanto è vero che la Corte dei Conti indaga.La colpa? Il ministero sembra attribuirla all’armatore senegalese, che invece di ringraziare il governo italiano e prendersi le navi, prima non trovò di meglio che richiedere modifiche e varianti e poi avrebbe perso i requisiti per ricevere i pescherecci. Da qui il ritardo di pagamenti al cantiere da parte della Direzione generale per la cooperazione.
di sa.ga.
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