Entrò nella cava di Arcevia sottoposta a sequestro: assolto cacciatore senigalliese
Gli fu contestato il reato di violazione di sigilli, ma il sessantaduenne è stato ritenuto esente da ogni colpa

Era finito sotto processo per violazione di sigilli (art. 349 del codice penale) il cacciatore senigalliese che, in una battuta di caccia al cinghiale, era entrato nella cava Rizzoni ad Arcevia. Un’area – al tempo – interamente sottoposta a sequestro giudiziale per cui era vietato l’accesso a chiunque.
Il cacciatore sessantaduenne era stato fermato dai carabinieri del Nucleo Forestale che gli avevano appunto contestato il reato di violazione di sigilli.
Dopo un lungo iter ed una istruttoria dibattimentale (in cui sono stati ascoltati altri colleghi cacciatori dell’imputato e gli stessi militari della Forestale) il cacciatore senigalliese, difeso dall’Avvocato Roberto Paradisi, è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato”.
Il giudice del Tribunale penale monocratico di Ancona (dott.ssa Fancello), accogliendo integralmente la linea difensiva dell’imputato, ha ritenuto il sessantaduenne esente da ogni colpa. La difesa aveva infatti dimostrato (anche con corposa documentazione assunta con indagini difensive) che l’area, in quei giorni, non solo non era delimitata ed era possibile accedere alla cava attraverso un sentiero non tracciato e all’inizio del quale non era stato posto alcun avvertimento, ma che gli unici cartelli che davano atto del sequestro giudiziario erano stati posti in corrispondenza della sbarra di ingresso principale dell’area e risultavano totalmente illeggibili poiché sbiaditi a causa delle intemperie.
Non solo. Dopo una settimana dalla contestazione dell’infrazione, le autorità avevano proceduto a nuova delimitazione e alla apposizione di nuovi e questa volta visibili cartelli.
“Non vi è alcun dolo, nemmeno eventuale, – ha chiosato l’avv. Paradisi in sede di discussione – poiché il cacciatore, come da 20 anni questa parte, ha continuato a frequentare quei posti senza essere stato messo in grado di conoscere l’esistenza di un divieto di ingresso. Per integrare il reato di violazione di sigilli occorre avere la consapevolezza dell’esistenza del provvedimento dell’autorità giudiziaria”.
Il Giudice ha ritenuto pertanto totalmente insussistente l’elemento soggettivo del reato ponendo fine ad una vicenda giudiziale che si è protratta per quasi cinque anni.
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