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Condanna consiglieri Liverani e Da Ros, ecco motivazioni della sentenza

Michela Silvestrini, ex Lega, aveva denunciato i due esponenti locali del partito della Meloni per diffamazione

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Tribunale di Ancona
Uscite le motivazioni della sentenza di appello che ha confermato la penale responsabilità dei consiglieri Liverani e Da Ros, esponenti del partito della Meloni. Pignorati anche i gettoni di presenza.
 

“Considerazioni false e generiche solo per screditare la persona offesa come madre”.
 
Le circostanze riferite ai servizi sociali da Marcello Liverani e Davide Da Ros “sono risultate false e di contenuto diffamatorio e hanno leso l’onorabilità della persona offesa nel suo essere madre”. 
 
Secche le parole della Corte di Appello di Ancona contenute nelle motivazioni della sentenza in relazione alla vicenda che ha visto protagonisti i due attuali consiglieri comunali di Fratelli d’Italia e Michela Silvestrini, ex militante della Lega, difesa dall’Avv. Roberto Paradisi.
 
La Silvestrini aveva denunciato i due esponenti locali del partito della Meloni per diffamazione dopo che gli stessi avevano presentato un esposto infondato ai servizi sociali coinvolgendo la figlia minore della stessa.
 
“La Silvestrini – scrive la Corte d’Appello che ha rigettato la linea difensiva degli esponenti di Fratelli d’Italia – scopriva che la segnalazione (ai servizi sociali) era partita dagli odierni imputati, soggetti noti alla persona offesa, in ragione dell’attività politica dagli stessi svolta”.
 
Nonostante la Corte abbia rivisitato la pena inflitta in primo grado, è stato pienamente confermato l’assetto motivazionale della sentenza del Gip.
 
Anzi, la Corte ha ulteriormente specificato che i due consiglieri “abbiano voluto screditare la Silvestrini anche alla luce dei loro pregressi rapporti politici”. 
 
E poi: “Appare pienamente integrato l’elemento soggettivo del reato, atteso che le considerazioni critiche svolte dagli imputati sono risultate false, oltre che del tutto generiche … considerazioni che presentano un chiaro intento denigratorio”.
 
E ancora. “Le circostanze riferite dai prevenuti hanno un evidente contenuto diffamatorio, oltre che del tutto prive di fondamento, in quanto indirizzate a screditare la persona offesa nel suo ruolo di madre. Inoltre, la loro condotta ha provocato la presa in carico della situazione da parte dei servizi sociali e da parte dell’autorità giudiziaria con conseguente sofferenza psicologica da parte della Silvestrini”.
 
Il solo motivo per il quale è stata ridotta la pena agli imputati, come ha spiegato la Corte, è perché “gli accertamenti svolti – si legge nella sentenza –  si sono conclusi rapidamente e le parole diffamatorie non hanno raggiunto un’ampia platea di soggetti, rimanendo confinate al personale dei servizi sociali e all’autorità giudiziaria”.
 
Per questo stesso motivo (moderato numero di persone che hanno potuto prendere visione della diffamazione)  è stata anche ridotta l’originaria somma prevista a titolo di risarcimento dei danni. 
 
“La sentenza della Corte con queste parole chiare e nette anche in relazione alle motivazioni prettamente politiche che hanno spinto gli imputati ad agire – è il commento del difensore di parte civile Avv. Roberto Paradisi – rendono pienamente giustizia alla vittima che ha espresso assoluta soddisfazione per la risposta degli organi di giustizia. Non era l’entità della somma a titolo di risarcimento ad interessare la persona offesa (che, peraltro, è stata costretta a pignorare anche il gettone di presenza dei due consiglieri  presso le casse comunali per ottenere ristoro) ma una parola chiara giudiziale che cristallizzasse – ha chiosato l’Avv. Paradisi che aveva assistito la vittima anche nella fase scaturita dall’esposto diffamatorio –  non solo le falsità contenute nell’esposto ma anche le motivazioni che avevano spinto i due imputati ad agire”.
 
 
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