Battaglia di Senigallia del 13 settembre 1860
Nel 164° anniversario, il racconto documentato del fatto storico a cura di Giuseppe Santoni e Paolo Formiconi
In occasione del 164º anniversario della battaglia di Senigallia tra le truppe piemontesi e papaline, avvenuta il 13 settembre 1860 tra le frazioni di S. Angelo e S. Silvestro, ci sembra opportuno ricordare questo episodio di storia locale, riproponendo una sintesi del testo pubblicato in appendice al volume: Senigallia: Il Borgo della Posta.
La mattina del 13 settembre 1860 i piemontesi iniziarono la marcia di 24 km da Fano a Senigallia al sorgere del sole. Giunsero a Senigallia verso l’ora di pranzo ed entrarono in parata in città da Porta Lambertina (o Porta Fano).
Si veda il quadro della scalinata principale del Palazzo Municipale di Senigallia, commissionato a ricordo del 50° dell’evento nel 1920 dal sindaco prof. Aroldo Belardi al pittore Roberto Buratti come sovrapporta per il teatro condominiale “La Fenice” (Fig. 1). Lo stesso sindaco fece apporre all’interno di Porta Lambertina un’epigrafe che ricorda la fine della teocrazia papale (Fig. 2).
Arrivati in città, i Piemontesi ebbero notizia che alcuni reparti pontifici, che si ritiravano da Urbino passando per le strade interne attraverso Fossombrone, Pergola, Mondavio, perché la fascia costiera era già controllata dai piemontesi, dopo avere attraversato il fiume Misa nei pressi di Brugnetto, risalivano la collina verso il Filetto per rifugiarsi nella roccaforte di Ancona. Tentarono allora di inseguirli dividendosi in due colonne. Una colonna composta da bersaglieri e da una batteria di artiglieria, comandata dal Col. Avogadro di Casanova, passò per l’attuale Strada provinciale Sirolo-Senigallia attestandosi a Borgo Tizzi, a circa 1 km da S. Angelo; l’altra colonna al comando del Gen. Lotardi, composta da due squadroni di Lancieri di Milano, da un battaglione di fanteria e da una seconda batteria di artiglieria, prese la direzione per Sant’Antonio di S. Angelo (oggi via del Giardino). Il tentativo di agganciare i papalini e di assalirli avvenne però solo dopo che il grosso dell’esercito papalino era già passato.
Il vero scontro tra piemontesi e papalini avvenne tra S. Angelo e S. Silvestro ed è stato artisticamente rappresentato da un corrispondente di guerra dell’epoca, Carlo Bossoli, che in un piccolo quadro a tempera ha raffigurato l’episodio dei Mercenari Pontifici sbaragliati nelle vicinanze di Senigalliail 13 settembre 1860. Il quadro si trova nel Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea (Fig. 3).
Conosciamo solo ciò che hanno riferito i piemontesi in una narrazione militare anonima:
«In questo scontro il prode colonnello De Barral si distingueva grandemente caricando e sciabolando in testa dei suoi squadroni. Il maggiore Gropallo, animando i suoi colla voce e coll’esempio, vi riportava una grave ferita e contusione, ed ebbe il cavallo ferito da due palle. Al capitano Colli di Felizzano Giuseppe era caduto il destriero nella mischia, ma l’intrepido ed esperto cavaliere saliva sul cavallo di un soldato e continuava la pugna. Anche al furiere maggiore Colomberi, dopo traversata la prima linea nemica, cadde morto il cavallo, ed egli pur balzò su di un cavallo smontato e proseguiva la carica.»
Le ripetute cariche della cavalleria e dei bersaglieri piemontesi furono contenute dai tiri di artiglieria dei papalini che sparavano da S. Silvestro verso S. Angelo. Sotto i ripetuti tentativi di assalto, la retroguardia pontificia si sbandò per i campi circostanti e si sottrasse al combattimento dividendosi in gruppetti che si ritrovarono a Montemarciano verso le ore 17, dopo 12 chilometri di marcia. Visto che era imminente il sopraggiungere della sera (il sole il 13 settembre tramonta alle ore 18,30 circa; oggi con l’ora legale in vigore il tramonto avviene alle ore 19,30), il col. Avogadro decise di interrompere la battaglia e di desistere dall’inseguimento.
L’operazione di sganciamento dei pontifici riuscì bene perché, nonostante le forti perdite subite (la cifra varia a seconda delle fonti storiche da 135 a 200 uomini tra morti, feriti e prigionieri), riuscirono a portare in salvo il grosso della colonna a Montemarciano, da dove poi giunsero in Ancona verso l’una di notte.
Insieme con la retroguardia catturata, restarono in mano piemontese parte del bagaglio e la cassa di guerra dei papalini. I piemontesi ebbero 19 cavalli messi fuori combattimento, un soldato morto e quattro feriti: il maggiore Tommaso Gropallo, comandante il 1º squadrone, colpito gravemente da una palla di fucile che gli perforò la coscia sinistra (fu ricoverato all’ospedale civile di Senigallia e ricevette la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia); il caporale Pietro Boero, ferito alla mano sinistra; il soldato Giovanni Corradini, ferito all’avambraccio destro (entrambi decorati con medaglia d’argento); il cannoniere Giuseppe Silvestrini della 5ª batteria del 5º Reggimento Artiglieria, ferito).
Il comandante in capo dell’esercito pontificio gen. Christophe Louis Léon Juchault De La Moricière, informò il Pro Ministro della guerra del Papa Pio IX, il conte belga mons. Frederick François-Xavier de Merode con il seguente dispaccio:
«Tolentino 14 settembre 1860. Al Ministro delle Armi. Roma. […] Ricevo in questo momento il seguente dispaccio del generale de Courten.
Colonne Kanzler e Vogelsang erano state tagliate fuori da Senigallia; entrate in questo momento in Ancona con i loro due pezzi. Circondate a S. Angelo da una intera divisione piemontese, hanno saputo bravamente resistere, aprendosi la strada in mezzo al nemico, percorrendo 45 miglia di strada di montagna. Battaglione bersaglieri ha perduto 60 uomini circa e 4 ufficiali e battaglione Serra (indigeni [nda stranieri]) poca gente.
Il Comandante in Capo de La Moricière.»
Nell’archivio parrocchiale di S. Silvestro di Senigallia è annotata la seguente memoria sullo scontro:
«Addì 14 settembre 1860. Ieri, alle ore 13 italiane furono uccisi dai Lancieri Piemontesi ai confini di questa parrocchia due polacchi ossiano due soldati papalini, e furono portati al Camposanto.
In fede Luigi Raffaelli Parroco».
Il certificato di morte dei due polacchi che militavano nell’esercito pontificio è annotato nel Registro dei Morti della Parrocchia di S. Silvestro.
Sul bivio tra S. Angelo e S. Silvestro il 13 settembre 1960, nel centenario della battaglia, fu posto un cippo commemorativo: una colonna tronca con l’epigrafe «Su questi colli cento anni fa Italiani e Pontifici duramente combatterono alla vigilia di Castelfidardo. Senigallia, 13 settembre 1960» (Fig. 4).
La Bandiera del Reggimento Lancieri di Milano ebbe la Medaglia di bronzo per la condotta (dimostrata) da tutto il Reggimento nel fatto d’armi di Sinigaglia.
La scaramuccia di S. Angelo è ricordata anche nell’Inno dei Lancieri di Milano, che doveva essere cantato la sera all’ora del rientro in caserma (durante la ritirata): nella seconda quartina si augura infatti che il vessillo dei Lancieri «Sventoli vittorioso / Come sul Misa un dì» (Fig. 5).
Giuseppe Santoni e Paolo Formiconi
Da Senigallia: Il Borgo della Posta. Dall’Osteria della Posta alla Caserma Avogadro di Casanova, di G. Santoni-P. Formiconi, Senigallia 2018, reperibile tra i libri digitali della Biblioteca Antonelliana (pp. 130-134).
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