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Costantini rimane in India e pensa alla quinta Olimpiade, Usa 2028 – FOTO E INTERVISTA

Il coach senigalliese era a Parigi con l'India: "tra 4 anni a Los Angeles ne avrò 70, ma Velasco ha vinto a 72: ci proverò"

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“Se Julio Velasco ha raggiunto l’oro olimpico a 72 anni, anche io voglio sognare ancora. E penso già a Los Angeles 2028”.


Massimo Costantini non si ferma e di ritorno in Italia dall’India, dove si era recato dopo la chiusura delle Olimpiadi di Parigi, confida di pensare già ai prossimi Giochi.

Gianmarco Tamberi e Massimo CcostantiniIl coach senigalliese era alla quarta Olimpiade con tre Paesi diversi: nel 1988 a Seoul fu il primo giocatore italiano a disputare i Giochi, quindi è stato ad Atene 2004, Rio 2016 e Parigi 2024 rispettivamente come tecnico di Italia, Stati Uniti ed India: tra quattro anni ne avrà settanta ma potrebbe essere anche a Los Angeles ancora con l’India, per strappare una medaglia storica come ha appena fatto il collega Velasco – la cui avventura in panchina in fondo partì poco distante da Senigallia, a Jesi, nel 1983 – uno che ha dimostrato che l’età davvero non conta.

“Rimarrò in India fino al 2026– esordisce Costantini – ma potrò estendere il contratto fino al 2028. Il vero obiettivo è Los Angeles e i risultati di Parigi mi fanno ben sperare. Non sono arrivate medaglie ma a disposizione ho avuto praticamente un solo mese di lavoro. Piazzare due atlete agli ottavi e la squadra femminile ai quarti è un fatto senza precedenti. Ci attendono anni di duro lavoro ma il potenziale è enorme e anche l’investimento dell’India nello sport lo è:d’altronde, che un Paese così grande sia solo 71° nel medagliere ha convinto il Governo a investire”.

Si è discusso molto del villaggio, Costantini nella sua carriera ne ha vissuti quattro: quali sensazioni?

“Il contingente indiano era in tutto di un centinaio di atleti (l’Italia ne aveva 403) e questo ha favorito l’unità: ho trovato un clima positivo tra atleti, coach e dirigenti delle discipline a cui partecipava l’India – sottolinea – Per il resto la vita al villaggio è un festival del coinvolgimento, mi piace definirla così: c’è di tutto, socialità, giochi, sale meditazione, identità e senso di appartenenza, con bandiere ovunque”.

“Certo ci sono anche i disagi – continua l’allenatore – Alcuni inevitabili, come le lunghe file per mangiare; altri di cui si è discusso, come il caldo nelle stanze, dove non c’era l’aria condizionata e la scomodità dei letti segnalata da molti. Ma il vero caos era spostarsi: nei primi giorni i tassisti, la gran parte dei quali non conosceva l’inglese, sbagliavano strada a ripetizione”.

“Mi porto dietro – conclude l’uomo simbolo del tennistavolo italiano – come ricordo un plaid col logo di Parigi 2024. E un sogno, che ho già confidato a mia moglie Paola e mio figlio Andrea, senza l’appoggio dei quali tutto ciò non sarebbe possibile: vincere a Los Angeles 2028. Se Velasco ci è riuscito a 72 anni, io a 70 voglio credere di potere eguagliarlo”.

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