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Prima presentazione a Senigallia per un libro dedicato a Giacomo Matteotti

Domenica 9 giugno alle 17.45 alla Rocca Roveresca

Da Senigallia ad Ascoli Piceno, passando per l’Abruzzo, la Campania, e altre regioni d’Italia, l’ Associazione di Storia Contemporanea ha messo in campo una serie di iniziative per ricordare il centesimo anniversario dell’omicidio di Giacomo Matteotti. Ricordare, non commemorare.
 

Perché all’Italia odierna manca il politico lucido e coraggioso, attento studioso dei processi socio-economici come dei cambiamenti politici che fu questo figlio del Polesine e di un padre nato in terra asburgica. Ovviamente l’Associazione prende la parola perché contestualmente arriva nelle librerie cittadine (da venerdì sera) e nazionali il suo nuovo libro “Giacomo Matteotti tra storia e memoria” (a cura di Marco Severini, 1797 edizioni, 2024, pp. 108, 15,00 €), un testo che rivisita non solo il percorso biografico del leader socialista, ma anche l’impatto memoriale prodotto in un secolo di vita italiana. Il libro presenta anche utili strumenti per orientarsi negli enormi passi avanti compiuti dalla ricerca storiografica nell’ultimo trentennio non solo sul delitto – un delitto di regime e di Stato, visti i vasti coinvolgimenti a livello istituzionale –, ma anche sulle tante sfaccettature dell’esperienza umana e politica di un leader morto troppo presto (a 39 anni), tra i pochissimi politici italiani che si accorsero dei piani illiberali e autoritari del capo del fascismo la cui strategia portò nella storia nazionale una violenza e un disprezzo della legge inauditi.
 
L’appuntamento è dunque per domenica 9 giugno, vigilia della ricorrenza, al Cortile della Rocca Roveresca (g. c.) di Senigallia, alle 17.45, con gli autori dell’opera (Andrea Pongetti, Lidia Pupilli, Sara Carbone e il curatore) che dialogheranno con il pubblico dopo aver esposto il senso della propria ricerca; il successivo appuntamento sarà venerdì 14 giugno ad Ancona, nella sede Uil Marche, insieme a Giorgio Benvenuto, il curatore dell’opera e altri qualificati relatori provenienti da tutta Italia; successive tappe nelle principali città marchigiane.
 
L’appuntamento alla Rocca costituisce la seconda tappa della 21° edizione della Rassegna di Storia Contemporanea che, promossa dall’Associazione, si chiuderà domenica 16 giugno, sempre nel Cortile della Rocca, con la presentazione del libro di Sara Carbone sul leader sudafricano Biko. Matteotti mise in guardia la nazione attraversata da una crisi particolarmente grave dalla capacità del fascismo di irretire gli italiani, di farli assistere passivamente allo sgretolamento delle istituzioni e ai suoi progetti di violenta conquista del potere. Viene la tentazione, “mutatis mutandis”, di chiedersi quanti “fascisti”, violenti e sovvertitori delle regole siano tra noi, camuffati da “democratici”, da cittadini o da iscritti a chissà quale ente: quante siano le persone che fanno il proprio dovere e quanti coloro che si girano dall’altra parte, fanno finta di non vedere e di non sapere, adulterano gli atti come se stessi, propongono interessi di parte al posto di quelli della collettività, non vanno più a votare perché imbalsamati dal conformismo e dal qualunquismo imperanti.
 
Matteotti ci ha invece ricordato che la libertà non è un dato acquisito per sempre, ma un bene che va difeso ogni giorno: e lo ha fatto in un’Italia di sudditi, in cui il Capo dello Stato era un re, e nella quale i candidati – come lui – alle elezioni politiche del 6 aprile 1924 furono aggrediti, bastonati e uccisi, come accadde al tipografo reggiano Antonio Piccinini, trucidato dagli squadristi la sera del 28 febbraio di un secolo fa.
 
Nel famoso intervento parlamentare del 30 maggio Matteotti gridò a Mussolini, nell’aula di Montecitorio: “Voi volete rigettare il paese indietro, verso l’assolutismo. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano”. Queste due posizioni – quella della libertà e del liberticidio – non sono scomparse dalla storia italiana degli ultimi 100 anni, pur con modalità, accenti e contenuti assolutamente differenti. Se la prima ha prevalso ufficialmente nella vita repubblicana del nostro Paese, il secondo si è acquartierato dietro l’angolo, pronto a influenzare la vita pubblica in maniera oscura e depistante, a conquistare nuovi adepti e sostenitori: il punto peggiore è stato tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta (come il giudice Giuliano Turone, da noi invitato a Senigallia prima della pandemia, ha opportunamente documentato); ma poi, a detta di alcuni, è venuto il peggio, il progressivo deterioramento della vita politica e la sempre più ridotta partecipazione ad essa di cittadine e cittadini (la partecipazione elettorale è in progressivo calo dal 1979).  Non si uccide la libertà solo violentandola apertamente, ma anche facendo finta di niente, chiudendo gli occhi di fronte a ingiustizie palesi, smettendo di leggere e di informarsi, evitando di costruirsi un punto di vista autonomo e critico sulla realtà, un punto non già individualista e solipsista, ma da condividere con gli altri, rendendolo oggetto di dialogo e di discussione.
 
La maniera migliore per ricordare Giacomo Matteotti, che gli atti del secondo processo (1947) hanno definito “il più formidabile avversario del fascismo”, consiste proprio nel riconoscere alla libertà e al pensiero critico la funzione di bussola quotidiana della nostra esistenza, senza però dimenticarci dei doveri che comporta la nostra cittadinanza: doveri verso se stessi, ma soprattutto verso gli altri.
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