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“Il nuovo ponte Garibaldi deve essere obbligatoriamente carrabile?”

"Se aumentano i pedoni lungo le vie cittadine aumentano anche i guadagni per il settore commerciale e dei servizi"

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Ipotesi progettuale per ponte Garibaldi con rampe

Nell’attuale dibattito sul progetto del nuovo ponte Garibaldi apparso sui mezzi di informazione locale, vorremmo offrire uno spunto di riflessione più ampio e propedeutico alla scelta squisitamente tecnico/normativa e che parte da una domanda fondamentale : “Il nuovo ponte deve essere obbligatoriamente carrabile?

Se ci pensiamo bene, i centri urbani non sono stati originariamente progettati per le auto, anzi ne hanno subito l’invasione dal secondo dopoguerra sino ad oggi: con la crescita del numero e del flusso di automobili le città italiane sono diventate più rumorose, disordinate, inquinate e invase dalle auto in sosta. A partire dagli anni ‘60 si decide, fortunatamente, di attuare un’inversione di tendenza e le amministrazioni comunali iniziarono a pianificare le prime aree pedonali in Italia, partendo proprio dalle piazze storiche. La prima fu Siena con la pedonalizzazione di Piazza del Campo avvenuta nel 1962, seguita da Bologna con Piazza Maggiore e via D’Azeglio tra il 1967 e il 1968. Negli stessi anni tutte le principali città italiane si dotarono di piazze e strade pedonali: Como, Milano, Cremona, Verona, Trento, Novara e Reggio Emilia.

Nel 1980 il Colosseo smise di essere una rotonda intorno a cui circolavano automobili e fu riconquistato da turisti e cittadini a piedi. I motori cessarono di rombare anche in Piazza del Popolo e Piazza Navona. Piazza del Plebiscito a Napoli vide sparire le auto nel 1993: fino ad allora era stata un immenso parcheggio.

L’urbanista Janette Sadik-Khan, che è stata commissaria ai Trasporti per la Città di New York tra il 2007 e il 2013, ha affermato recentemente: “Le città di tutto il mondo si stanno convertendo a strade senza auto come parte della ripresa. E non perché sia facile includerle in un qualsiasi programma politico ma perché strade più accessibili fanno bene agli affari e a chi ci abita. Andare in bicicletta e camminare a piedi rendono i quartieri resilienti, più sicuri e affidabili”.

Con la diminuzione del traffico veicolare, aumenta di conseguenza il flusso pedonale con percentuali che vanno dal 20 fino al 40% in più. Quanto più camminabile è una città, maggiori e forti sono i legami che si generano all’interno della comunità cittadina.

Se aumentano i pedoni lungo le vie cittadine aumentano anche i guadagni per il settore commerciale e dei servizi. Quando le aree pedonali sono definitivamente avviate, infatti, i benefici per il commercio sono evidenti e tangibili: si stimano aumenti degli introiti tra il 10% e il 20%. Secondo il report “Measuring the street” le attività commerciali situate nelle zone a traffico ridotto di New York hanno incrementato il fatturato dei negozi e degli esercizi, con punte che in alcuni casi hanno sfiorato un aumento del 50%. Secondo un altro studio americano (Walk this Way), che analizza l’impatto economico della pedonalizzazione, i luoghi pedonali urbani posseggono un’economia molto più attiva rispetto ai “non pedonali”.

Anche la nostra città a partire dagli anni ’80, non senza polemiche ed opposizioni iniziali, ha vissuto questa trasformazione: prima Piazza del Duca, poi il Foro Annonario, recentemente Piazza Garibaldi e via Carducci sono diventate aree pedonali che hanno dato nuova vita al centro storico e alle vie dello shopping , puntando soprattutto sulla riduzione delle auto in sosta e in circolazione.

Tornando allora alla domanda iniziale, ha senso realizzare un ponte carrabile che porti le auto in un’area pedonale? La risposta è ovviamente no, ed in questa logica neanche il Ponte 2 giugno dovrebbe essere carrabile visto che collega il Corso (pedonale) a via Carducci (pedonale).

L’obiezione è prevedibile: così le due parti di città risultano scollegate. Ma questa obiezione è legata ad una immagine di città che si vuole abbandonare, quella della circolazione delle automobili che presuppone dimensioni stradali inadatte ad un tessuto urbano che non le contempla, vedi infatti il progetto del nuovo ponte Garibaldi che con le sue rampe carrabili stravolge orrendamente ogni ratio urbanistica.

Occorre affermare che il tracciato del fiume non è una frattura o separazione ma è parte integrante del centro storico, che il suo attraversamento pedonale deve essere una esperienza emozionante, così come i mille ponti pedonali che collegano le varie calle di Venezia. La scelta prioritaria di una pedonalizzazione dell’intero centro storico apre scenari di progettualità tematica creativa e affascinante a partire dalla sistemazione dei due lungofiume attraverso la riduzione delle sezioni stradali ed il potenziamento del verde, delle aree ciclopedonali e degli spazi per piccole attività commerciali.

Un ampio ragionevole scenario sulla pedonalizzazione di grandissima parte del centro storico di Senigallia a partire da piazza Simoncelli, rimasta purtroppo un serbatoio di gas inquinanti, richiede innanzitutto una vasta cultura sulla “città sostenibile”, accogliente, bella e funzionale. Richiede ovviamente una disponibilità finanziaria importante, che, a differenza degli anni passati, sembra non mancare di questi tempi, vista la mole di opere pubbliche che sono in corso. Richiede inoltre la necessità, diremmo ovvia, di un Piano organico della mobilità in ambiente urbano; Piano peraltro finanziabile anche con fondi della Regione Marche.

Regola generale per la gestione del traffico tradizionale è che i principali flussi di traffico dall’interno e lungo la Statale Adriatica vanno intercettati in aree periferiche rispetto ai luoghi centrali e da lì a piedi con distanze ragionevoli o con navette dedicate. Superfici a parcheggio più o meno vaste esistono a Senigallia ed altre potrebbero essere reperite in un programma organico e di breve futuro. Anche i parcheggi multipiano sono strutture importanti, purché non realizzati a ridosso delle aree pedonali o addirittura dentro le aree pedonalizzate!! Corollario di questo schema è un sistema informativo e digitale, che incanali appunto chi arriva e non lo danneggi con inutili girotondi saturando qualsiasi spazio in modo disordinato e impresentabile proprio nei luoghi più gradevoli di Senigallia. E’ noto, ma sembra non qui, che i parcheggi sono forte attrattori di altro traffico, peggiorandone la fluidità, aumentando i pericoli per pedoni e ciclisti e aumentando l’inquinamento.

Quindi è necessario un Piano, una strategia o almeno un ragionamento ampio alla scala urbana, al cui interno l’idea di due ponti ciclopedonali (Garibaldi e Angeli) potrebbe trovare la giusta realizzazione, prima che si compia lo scempio irrimediabile del ponte carrabile a “z”.

 

Architetti Mario Gentili e Antonio Minetti

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