La storia delle italiane fa tappa nel Mezzogiorno
Promozione in Campania per il nuovo libro di Marco Severini, che ci racconta l'esperienza in un'intervista
Giovedì 12 ottobre riprende presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata il Corso di Storia delle Donne tenuto dal professor Marco Severini. La novità è rappresentata dal suo nuovo libro “Le fratture della memoria. Storia delle donne in Italia dal 1848 ai nostri giorni” (Ed. Marsilio) che in questi giorni sta promuovendo in Campania. Lo abbiamo intervistato ad Agropoli, nel Cilento.
Come sta andando questa trasferta promozionale del suo libro?
Molto bene. La prima tappa, a Napoli, presso il Centro Studi per il Teatro Napoletano, Meridionale e Mediterraneo, presieduto dalla professoressa Antonia Lezza, mi ha lasciato di stucco. Tra domande e interventi da parte di un pubblico qualificato che ha stipato la sala del Centro per oltre tre ore, la gente ancora alle 21.15 non se ne voleva andare e continuava a fare domande. Ringrazio la professoressa Lezza per la squisita ospitalità e la professoressa Sara Carbone per l’impeccabile coordinamento organizzativo.
Altrettanto bene. Il libro è stato presentato nell’ambito della XVI edizione del Festival “Settembre Culturale”, che si tiene nel Castello angioino-aragonese, in una cornice particolarmente suggestiva. L’evento, tra l’altro, faceva parte del terzo appuntamento della Rassegna di Storia Contemporanea da noi promossa, Anche in questo caso le presentatrici hanno saputo valorizzare lo spirito e i passaggi principali dell’opera..
Sta per rientrare nelle Marche dove lo attende l’inizio del Corso di Storia delle Donne. Che legame c’è tra questo incipit e il libro?
Ho cercato di dare un’impalcatura scientifica ad un tema a lungo trascurato, raccontando la complessità della vicenda femminile in nome della differenza con un linguaggio piano e lineare, così da attirare l’attenzione di lettori e studenti. La realtà storica femminile contiene molteplici elementi di vivacità e modernità che ho raccontato e interpretato, senza peraltro tralasciare le storie di quelle donne che hanno goduto di scarsa o alcuna cittadinanza storiografica. Fare storia dal basso si può, anche se in Italia siamo scarsamente abituati a questo approccio. Nel libro non si parla tanto di celebrità, ma di contadine, casalinghe, donne comuni. Poi ci sono quelle che hanno dato un contributo importante quanto dimenticato: penso a Gemma Volli, ebrea, nata Wohl a Trieste nel 1900, la prima che ha studiato attraverso documenti d’archivio il caso di Edgardo Mortara, il bambino ebreo forzatamente strappato alla famiglia nella Bologna di metà Ottocento, oggetto recentemente dell’intenso film di Bellocchio. Oppure alle giovani che, in piena guerra mondiale, hanno salvato gli equipaggi alla deriva in Adriatico. O alle tante che hanno aiutato profughi, ebrei e deportati durante gli orrori della seconda guerra mondiale.
E delle 21 madri costituenti del 1946-47 cosa può dirci?
La stragrande maggioranza delle conquiste femminili degli ultimi 75 anni si deve al loro coraggioso operato: 21 elette a fronte di 556 uomini. Ventuno donne che hanno fatto della matrice antifascista e del rispetto della Costituzione il riferimento ineludibili del loro impegno pubblico. All’inizio, alcune vennero derise e fortemente osteggiate; e certi pregiudizi non sono stati superati tanto presto. Certo, tra la generazione di Nilde Iotti e Tina Anselmi e quella delle politiche degli ultimi anni c’è un’evidente, abissale differenza, anche per effetto dei radicali mutamenti che hanno caratterizzato la vita politica nazionale. Tra queste c’era anche una marchigiana, Adele Bei, di Cantiano.
Tra i tanti, ci ha incuriosito il paragrafo sugli esami di maturità…
Ho indagato, fonti e testimonianze alla mano, quello che ha costituito per tante adolescenti un dramma, un ostacolo di non facile superamento psicologico. Per la maggior parte delle maturande l’esame costituiva uno spauracchio ancora negli anni cinquanta; poi gradualmente le cose sono cambiate. Si sono però imposti due casi-limite: nel 1976 e nel 1984 si sono verificati clamorosi tentativi di frode, posti in essere uno al Nord e l’altro al Sud. In Italia sembrò che il cielo dovesse cadere da un momento all’altro perché i governanti furono presi alla sprovvista. In poche ore furono fatti alzare in volo aerei da Roma per distribuire l’indomani, tramite l’invio di poliziotti e carabinieri in tutto il Paese, le nuove tracce a maturande e maturandi. Ne furono protagoniste, in particolare, due donne: una preside-suora di un Istituto Magistrale di Vigevano e la prima ministra donna all’Istruzione Franca Falcucci.
Dove continuerà il tour promozionale?
Partirò dalle città marchigiane per poi andare a Milano e in altre città lombarde, in Emilia, Veneto e a Roma. Poi ci saranno alcune tappe all’estero e di nuovo presentazioni nel Mezzogiorno. Gran finale al prossimo Salone internazionale del Libro di Torino.
Ci sarà, dopo quella d’inizio settembre, una nuova presentazione a Senigallia?
Dipende dall’interesse che il libro, uscito da pochi giorni, riuscirà a suscitare nella comunità: per la quale sono sempre a disposizione. Non dimentichiamoci di quanto sia tuttora maschile e maschilista la società e il mondo in cui viviamo.
C’è un capitolo o una parte del libro che ritiene importante aver scritto?
Direi quello sulle pacifiste, un tema che attraversa trasversalmente tutta l’opera è richiama a una riflessione di lungo periodo. Le italiane hanno criticato l’inutilità della guerra a partire dalle spedizioni coloniali di fine Ottocento quando affermarono, riecheggiando Andrea Costa, “né un uomo né un soldo per le guerre africane”; poi esse hanno protestato contro i conflitti mondiali e, in età repubblicana, contro le installazioni di missili e basi militari a fine Novecento, calcando pure nuove strade. Da Comiso alle Donne in Nero, proseguendo con i vivaci movimenti femminili dei primi due decenni del ventunesimo secolo fino ai recenti presidi contro l’invasione russa in Ucraina.
Lei parla nel libro di questioni particolarmente attuali come il rapporto tra le italiane e la realtà digitale oppure quelli con il mondo del lavoro e la pandemia. E il dramma quotidiano del femminicidio?
Bisogna fronteggiarlo con una vasta azione culturale e pedagogica e un tempestivo ritorno alla partecipazione civile e politica. La polis non ha senso senza cittadine e cittadini sensibili, consapevoli e impegnati: di fronte a un mondo violento, prevaricatore e individualista non possiamo più permetterci distrazioni.
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